Decisioni

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"Tu sei tutto quello che ho sempre cercato, prima ancora che sapessi cosa stavo cercando."
(Emma Chase)
•••
Jacob

Lotto invano contro il senso di inquietudine che serpeggia fastidiosamente lungo il mio corpo.

In casa regna il silenzio, un silenzio che viene interrotto solo dal riecheggiare dei passi di mio padre al piano inferiore.

"Resta qui, di sicuro mi starà aspettando." Sussurro ad Elisabeth.
L'idea che lei e quell'uomo viscido si possano ritrovare nella stessa stanza mi disturba parecchio.

"Perché non posso seguirti di sotto?" Mi domanda con una strana luce negli occhi.
Posso avvertire l'enorme quantità di domande che vorticano caotiche nella sua mente, ma sono interrogativi destinati a rimanere senza risposte.

I drammi della famiglia Butler rimarranno tra le mura di questa dannata villa.

Lancio un ultimo sofferente sguardo alle sue labbra turgide che mi sfidano a sfiorarle di nuovo.
"Ci metto solo qualche minuto, poi torno qui e ce la filiamo."
Cerco di apparire indifferente e annoiato, ma in realtà sono sull'orlo di una crisi di nervi.

Beth scandaglia il mio viso in cerca di un segno che possa rivelare ciò che a parole non le ho detto, ma so che il mio volto è una maschera di freddezza impenetrabile.

"Okay." Ribatte soltanto guardandosi intorno con espressione confusa.

Rilascio un flebile sospiro e, pochi secondi dopo, chiudo la porta della camera alle mie spalle ponendo un confine tra Elisabeth e la mia famiglia: due mondi che non dovranno mai incrociarsi.

***
L'eccessiva calma che regna in casa viene accolta dal mio corpo come un campanello d'allarme.

Queste mura hanno assistito a troppi schiaffi, troppe urla, troppa violenza.

Il rumore mi è familiare, è qualcosa di prevedibile e sicuro, il silenzio è estraneo, inquietante per me.

Trovo mio padre intento a versarsi del brandy in un pregiato bicchiere di cristallo.
È appoggiato al piano bar che si affaccia sul soggiorno e indossa un pregiato abito sartoriale cucito su misura.

Nel notarmi, la sua bocca si incurva in una smorfia che dovrebbe essere un sorriso ma che appare più come un ghigno crudele.

"Figliolo, non mi aspettavo di trovarti in casa."

Reprimo un moto di nausea nel sentirmi chiamare figliolo perché so che quel nomignolo è sintomo di tutto tranne che di affetto.

Impreco a bassa voce, se avessi parcheggiato l'auto sul retro me la sarei potuta svignare senza essere notato.

"In realtà non avevo molta voglia di uscire, le lezioni sono iniziate e dovrò impegnarmi molto d'ora in poi ."
Mi sforzo di essere convincente, di fargli credere che il college mi interessi, che il mio futuro mi interessi.

In realtà vorrei solo abbandonare tutto e fuggire.
Non importa dove, non ho una meta.
Voglio solo mettere quanti più chilometri possibili tra me e questa vita.

"Questo è il tipico senso del dovere che contraddistingue i Butler. È grazie alla nostra dedizione se l' azienda di famiglia è diventata un impero." La sua voce è rauca, risulta quasi stridente alle mie orecchie, come il suono di unghie che graffiano sul vetro.

𝗛𝗨𝗥𝗥𝗜𝗖𝗔𝗡𝗘. 𝗧𝗨 𝗦𝗘𝗜 𝗟'𝗜𝗡𝗔𝗦𝗣𝗘𝗧𝗧𝗔𝗧𝗢Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora