Nodi al pettine

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''Vienimi a prendere dove ci siamo persi.'' (Anonimo)
•••
Jacob

''Non ho parole.'' Mi passo una mano sulla fronte mentre avverto la tensione accumularsi sulle mie spalle e pesare come un macigno. ''Non credevo che Emma potesse arrivare a tanto.''

Serro la mascella nell'attimo in cui i miei occhi tornano a posarsi sull'abito costoso che Elisabeth stringe tra le mani.

''Io..te lo giuro, ho visto questo vestito addosso ad Emma.'' Parla freneticamente, alcune ciocche di capelli sfuggono dall'elastico nel quale li ha raccolti e le sfiorano il viso ad ogni movimento del capo.
''Sono sicura che sia il suo.'' Dice rafforzando la presa sulla stoffa. ''Forse...forse potrei controllare il suo account instagram e vedere se quella sera ha pubblicato delle foto con questo indosso.'' Mi dice indicando la mano in cui stringe il tessuto.

''Elisabeth ascolta...'' Esordisco con voce ferma sollevando una mano.

''Oppure potrei chiedere a Layla se..'' Lei continua a farneticare senza sosta.

''Beth.'' Mi ritrovo a pronunciare il suo nome con più enfasi, duramente, così da indurla ad ascoltarmi.

I suoi occhi scattano fulminei verso i miei ed è solo quando capisco di avere la sua completa attenzione che decido di parlare.
''Io ti credo.'' Sussurro sporgendomi verso di lei. ''Ho fiducia in ogni parola che hai pronunciato finora e ti credo quando dici di aver visto Emma indossare quel vestito al club.''

Agguanto la sua fragile mano e la stringo nella mia: osservo affascinato il contrasto tra la mia pelle, più scura e costellata di alcune piccole cicatrici, e la sua che è intonsa, liscia e morbida.

Un sollievo improvviso le illumina le calde iridi e, nell'osservare il suo viso distendersi, il mio petto si stringe in una morsa improvvisa.
Ed è adesso che capisco: Beth era convita che non le credessi.

Dio, questa ragazza non il minimo straccio fiducia in me.

Non hai fatto nulla per meritare che lei si fidi di te.
Un'odiosa voce si insinua molesta tra la moltitudine di pensieri che mi affolla la mente, eppure mi costa ammettere che è vero.

''Devo andare alla polizia." Elisabeth si raddrizza di colpo, i pugni serrati sulle ginocchia. "Devo denunciare, subito."

Strabuzzo gli occhi nell'udire l'asprezza del suo tono fermo e risoluto.

Lei sta giusto per alzarsi dalla sedia, per correre alla centrale suppongo, quando riesco a bloccarla e a farla sedere di fronte a me.
Così che possa guardarmi in faccia, così che possa comprendere a pieno ciò che sto per dirle.

''Non puoi andare alla polizia.'' Annuncio solenne senza cadere in futili giri di parole.

Beth apre la bocca per protestare, ma la zittisco prima che possa ribattere.

''Non servirebbe a nulla. Emma è la figlia di uno dei più illustri avvocati di tutta San Francisco, l'erede di un impero di denaro.'' Rilascio uno stanco sospiro. ''Come credi finirebbe questa storia? Sarebbe la tua parola contro la sua.'' Le dico rassegnato.

Osservo le spalle di Elisabeth afflosciarsi sconfitte sotto il peso di queste mie rivelazioni.

''Sarebbe la parola di una squallida cameriera contro quella di una futura milionaria di San Francisco. Non ho chance, ho afferrato.'' Il tono diventa sempre più affilato ad ogni sillaba. ''Ma lei ha commesso un reato Jacob, quella era casa mia, il mio posto nel mondo e...'' La sua voce si spezza e serra gli occhi per impedire di andare in pezzi.

Ecco cosa fa, soffoca le emozioni.
Agguanta ogni manciata di sentimenti che le scuotono il petto e li schiaccia sotto il peso della sua razionalità, tenta di domarli, di controllarli e
soggiogarli al gioco delle sue paranoie.
Ha semplicemente paura.
Paura di sentire qualcosa che possa smascherarla, che possa mettere in luce la voglia di vita che le vortica sotto pelle.

𝗛𝗨𝗥𝗥𝗜𝗖𝗔𝗡𝗘. 𝗧𝗨 𝗦𝗘𝗜 𝗟'𝗜𝗡𝗔𝗦𝗣𝗘𝗧𝗧𝗔𝗧𝗢Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora