Una letale ripicca

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"Si può essere padroni di ciò che si pensa, ma mai di ciò che si sente."
(Gustave Flaubert)

Vi lascio la canzone per il capitolo: The Big Bang by Rock Mafia. (Io la adoro.)
•••
Elisabeth

Rabbia, frustrazione, confusione si mescolano nelle mie vene in una danza forsennata scandendo il ritmo impazzito dei miei battiti.

Tra la miriade di emozioni che minaccia di togliermi il fiato riesco chiaramente a distinguerne una: la delusione.
Ho imparato nel corso della mia vita a saper riconoscere chiaramente questa sensazione.

Sono stata segnata da un numero esorbitante di delusioni, ma quella che ho ricevuto proprio qui, su questo sudicio sgabello, alla vista del ragazzo sul quale avevo riposto le poche speranze rimastemi, fa proprio male.

Un male cane.

"Ma tu guarda, quel tizio ha anche gli stessi occhi di Jacob." Jenny sorseggia il suo drink indicando con un cenno malfermo il ragazzo che è ormai diventato il mio piacevole tormento.

Porto una mano alle tempie in cerca di sollievo dal martellante mal di testa che si è impossessato di me.

"Perché è Jacob, porca puttana!" Urlo sollevando le mani e le mie parole si perdono nel suono della musica assordante.

Jenny strabuzza gli occhi e l'effetto dei numerosi bicchierini bevuti sembra dissiparsi dal suo volto per qualche secondo.

E, dallo sguardo esterrefatto che mi rivolge, sembra aver capito tutto.

"Oh. Porca. Troia." Esclama dando voce all'improvvisa lucidità riacquistata.
"Non posso credere che lui sia qui a divertirsi, scolandosi drink e magari rimorchiando ragazze, mentre tu hai trascorso ore intere a soffrire in attesa di un suo segno di vita." Il suo tono è aspro, carico di disprezzo.

Ignoro la morsa che mi attanaglia lo stomaco nell'udire le supposizioni di Jenny riguardo Jacob e altre ragazze.

Ma potrebbe accadere.
O forse è già accaduto.

Mi impongo di rimanere lucida e scaccio via ogni singolo pensiero che potrebbe farmi crollare qui, davanti a tutti.

Nel notare la mia espressione affranta, Jenny salta in piedi e si regge al bancone nel tentativo di riacquistare l'equilibrio sui tacchi vertiginosi.

"Andiamo via, ora. Non ho intenzione di assistere inerme al tuo tormento. Cambieremo locale." Annuncia perentoria agguantandomi un polso.

Ed io, da debole vigliacca, sono proprio sul punto di alzarmi dal mio posto e uscire fuori di qui per mettere un sacco di distanza tra me e lui, quando ho un'illuminazione.

"No. Invece resteremo qui." Comunico alla mia amica fissando un punto indistinto davanti a me.

"Cosa?" La confusione si dipinge a chiare lettere sul volto di Jenny.
Di sicuro mi ha appena etichettata come una psicopatica o una masochista.

Mi volto verso di lei.
"Io non sono così, me lo hai detto tu giusto? Io non fuggo dai problemi e non intendo scappare via di qui come se fossi io quella sbagliata. Quindi resterò in questa dannata discoteca e mi godrò la serata."

Pronuncio le parole tutte d'un fiato, con la paura che se mi fermassi anche solo su una sillaba cambierei idea e fuggirei da questo inferno di musica e luci.

Un sorriso sornione increspa le labbra della mia amica. "Elisabeth Gray sei davvero tosta, cazzo!"
Batte le mani con gioia e prende di nuovo posto accanto a me.

Mi sporgo sul bancone in cerca del barista di poco fa.
Quando lo rintraccio, mi rivolge un altro occhiolino per poi precipitarsi nella mia direzione.

𝗛𝗨𝗥𝗥𝗜𝗖𝗔𝗡𝗘. 𝗧𝗨 𝗦𝗘𝗜 𝗟'𝗜𝗡𝗔𝗦𝗣𝗘𝗧𝗧𝗔𝗧𝗢Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora