Chapter 30: Parole che Esplodono

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Rody era accanto alla sua motocicletta, sotto a una tettoia proprio di fronte all'università. Aveva di nuovo dimenticato l'ombrello ed era mancato al lavoro. Ultimamente aveva sempre meno voglia di presenziare nello stesso ufficio che aveva condiviso con il suo Izuku.

I suoi occhi tristi guardavano le varie chiamate che l'Omega gli aveva fatto alcune settimane fa e che lui non aveva mai risposto. La rabbia era così opprimente che gli rendeva difficile respirare. Era terribilmente in colpa per ogni cosa e voleva rimediare più di ogni altra cosa al mondo.

Aveva provato più e più volte ad avvicinarsi a Izuku nella caffetteria di Dabi ma questo lo aveva sempre allontanato con una scusa. Ogni suo tentativo era stato un autentico fallimento, così come quelli di Eijiro e Katsuki.

«Sono proprio stanco...» ammise, rinfoderando il cellulare nel jeans.

Fece per infilarsi il casco sulla testa quando un'auto gli sfanalò un paio di volte prima di parcheggiargli proprio dinanzi. Il finestrino calò e Yagi vi si sporse con un sorriso estremamente falso.

«Sali a fare un giro, Shonen. Non ci metteremo molto» gli disse.

«Ma, Toshinori-san... la mia moto-».

«Sali. Nessuno la ruberà. Questa è una zona con la più alta concentrazione di telecamere» interruppe deciso l'altro e il ragazzo non ebbe più modo di controbattere.

Rody salì in auto e non appena chiuse la portiera un'improvvisa quanto asfissiante concentrazione di feromoni carichi di rabbia lo costrinse a trattenere il fiato e a tenere la bocca perfettamente sigillata. Yagi tornò in carreggiata con una violenta sgommata.

In pochi attimi, complice anche la strada sgombra, la Hercules sfrecciò. Piccoli detriti e gocce di pioggia tamburellarono contro le portiere e Rody provò un senso di profondo terrore. Chi era quell'uomo freddo e ostile al suo fianco? Che diavolo avevano quegli occhi che da cerulei erano diventati due pozze scure di rabbia cieca?

«Rody Shonen, perché mi hai tenuto all'oscuro della situazione di mio figlio?».

Il giovane deglutì ma non rispose subito, incerto su quali parole utilizzare. Yagi era un fascio di nervi e le mani così strette sul volante stavano sbiancando a vista d'occhio.

«Sono venuto a conoscenza per puro caso che sta lavorando nella caffetteria di Todoroki Touya e ho appurato che quell'Alpha sta giocando con la delicata psiche di mio figlio» mitragliò in un crescendo. «Oltretutto Izuku potrebbe star assumendo farmaci che non vanno bene e che contribuiscono a rendere vano riacquistare i ricordi!».

«Deve scusarmi!» esclamò Rody, in un mezzo grido di paura. «Mi sento terribilmente responsabile di quello che sta vivendo Izuku e voglio salvarlo!».

«Da solo?!» abbaiò Yagi. «Come puoi pensare di fare qualcosa contro il figlio di Todoroki Enji? Quel ragazzo ha contatti con gente poco raccomandabile e quando mette le mani su qualcosa non mollerà mai l'osso! Sapevi che Izuku era da lui e hai taciuto per lunghe settimane? Come hai potuto?!».

Rody artigliò colpevolmente la stoffa del jeans sulle ginocchia. I suoi occhi ampi fissavano le sue scarpe nere, le spalle tremavano e le sue guance erano rosse di collera.

Yagi espirò profondamente mentre decelerava in prossimità di un semaforo rosso.

«Cerchiamo di salvare Izuku insieme, Shonen» offrì gentilmente.

Il ragazzo lo guardò e fu allora che, in quel sorriso gentile, non riuscì a trattenersi dal singhiozzare. Annuì, rigettando fuori tutta la sua colpevolezza per non essere riuscito a tendere la mano al suo ragazzo, senza considerare che anche Yagi aveva gli occhi lucidi e che provava i medesimi sentimenti contrastanti.

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