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Non ricordo che tempo faceva quando l'ho visto per la prima volta, se pioveva o c'era il sole. Eppure sento persone che ricordano sempre questi particolari, com'era il cielo, con che cosa avevano fatto colazione, se nel caffè quel giorno ci avevano messo uno o due cucchiaini di zucchero.
Invece io non me lo ricordo, né la colazione ne quello che c'era intorno. Io non mi ricordo perché non te lo ricordi mai davvero com'era lo spazio-tempo prima di incontrare una persona importante. Non te lo ricordi mai, te lo costruisci il momento esatto che è venuto prima ma quasi mai corrisponde al vero!
Beh.. non ricordo ne' alberi, ne' cielo, né strade, ma la mia vita dopo di lui me la ricordo tutta.
I cambiamenti avvengono così!
È stato naturale legarmi a lui, dopo quel primo giorno di cui non ricordo la colazione. Legarsi è una bella parola perché sottintende che fa sempre male. Perché se provi a stringerti un nodo al dito, poi dopo un po' ti da fastidio, e ti si forma pure un bel segno rosso!
Così io non posso dirvi che mi faccia sempre bene la stretta che sento da quel giorno, solo che il mio dito adesso è bianco, come quello di chi ha la circolazione ferma esattamente sopra il punto in cui stringe il nodo.
E allora un leggero formicolio mi prende la mano, ma c'è un non so che' di piacevolissima in quel fastidio, perciò non lo slego questo nodo.
Non mi ricordo quindi nulla di com'ero quel giorno, però mi ricordo di lui, dei vestiti che aveva, ma non di quelli che avevo io..
È stato naturale amarlo perché, vedi.. non mi ricordo com'ero io ma com'era lui!
Com'era lui io me lo sono sempre ricordata.

« Hey.. terra chiama Talia.. »
« Mh? »
« Ti sto parlando, stai bene? »
« Si.. »
« Sono giorni che hai quello sguardo.. »
« Quale sguardo mamma? »
« Non mentire a me.. »
Alzai lo sguardo a mia madre mentre guardai i suoi occhi azzurri per qualche istante e le sorrisi subito dopo.
« Ecco, adesso va meglio.. Come vanno le cose con Carmine? »
« Bene! Credo.. »
« Gli hai parlato? »
« Non saprei da dove iniziare in realtà.. »
Lasciai la tazza rosa che avevo tra le mani poggiandola sul tavolo e spostai lo sguardo al mio cellulare. 7:45 del mattino, sospirai appena guardandola e mormorai subito dopo.
« Vado o faccio tardi.. »
Mia madre annuì allungandosi al tavolo e lasciandomi un bacio nella tempia destra e lascio' che andassi via portando lo zaino dietro la schiena.

Non c'era un messaggio, nemmeno uno, se non la notifica della sveglia che avevo per l'ennesima volta staccato.
Aspettai che il pullman arrivasse alla fermata più il la di casa mia e per tutto il tragitto rimasi con le cuffiette alle orecchie ascoltando musica, qualsiasi, cercando di far superare alla musica il suono dei miei pensieri.

Dicono che non esiste una ricetta giusta per dimenticare qualcuno, forse è vero. Diciamo che si dimentica qualcuno imparando a non averlo più accanto o vicino, pian piano però il silenzio diventa il compagno a cui affidare i nostri pensieri perché i ricordi si allontanano e si inizia a fare a meno dell'altro.
Poi vabbè, forse non è che proprio ci si dimentica, diciamo che "si archivia" e si ripone tutto in un cassetto. Poi inevitabilmente piccolo deja-vú o brevi flashback fanno capolinea nei momenti mento opportuni.
O forse per essere un po' più concreti siamo noi a cercarli quei momenti perché abbiamo la necessità di dirci che era la realtà e non un semplice sogno. Poi un po' ci cullano, un po' ci fanno battere i pugni sul tavolo.
E come dicono sempre tutti.. la vita va avanti lo stesso, con o senza di noi.
Quello che non ci dicono perché è che il cuore tuo che è separato da tutto il resto, fa un po' più fatica. Perché alla fine lo sappiamo, ci cercheremo comunque, forse non ora, forse fra un sacco di tempo ma lui sa che mi cercherà e io so che lo cercherò. E la cosa assurda è che lo faremo in silenzio, proveremo a scorgere tracce di noi due in giro, negli occhi, nei sorrisi, nei gesti di altre persone.. consapevoli che la poesia di noi due è irreplicabile!
Comunque vabbè ora.. torniamo pure alle nostre vite.

« Signorina Di Lorenzo, entriamo in classe o ha ancora da guardare qualcos'altro? »

La voce della Prof. Ervolino mi fece tornare alla realtà, alzai un sopracciglio guardandola mentre il mio sguardo si scostò dalla sua visuale.
Carmine, seduto sulla finestra e con le spalle al vetro, mi aveva rivolto mezzo sguardo, aveva abbassato subito gli occhi e poi aveva ripreso a parlare con Filippo.
Deglutì appena indietreggiando e entrai in classe notando Silvia seduta già al nostro posto, la guardai per qualche istante e poi poggiai lo zaino sul banco sedendomi accanto a lei.

« Eccola! Ma quanto sei ritardataria? »
« Dai, è capitato solo oggi.. »
« Senti ma.. stasera che ne dici di andare al compleanno di Milos? Dai, così ci divertiamo.. »
« Ma che sta succedendo tra te e Milos? »
La guardai ridere e sorrisi scuotendo la testa.

Non fu una delle giornate migliori quelle, da quando Carmine era tornato in città era tutto così strano, io e lui siamo stati insieme tre anni, e dopo la sua assenza in questi tre mesi non mi aveva più rivolto la parola senza un motivo preciso, né tanto meno mi aveva dato spiegazioni.
Sapevo che questo sarebbe stato il suo ultimo anno di scuola visto che il suo desiderio era diventare barbiere, e poi, la sua famiglia era una di quelle.. avete presente no? Napoli, camorra, droga, ecc.. mafiosi! Ma lui si era sempre tenuto fuori da tutto ciò, era un po' la pecora nera della famiglia Di Salvo.

Ebbene sì, io stavo bene adesso, stavo cercando di riprendermi da quei tre lunghi anni di puro amore, di cose fatte insieme.
Quando ci siamo conosciuti avevamo 10 anni, mia madre lavorava per la sua, o meglio semplicemente era la governante e spesso mi toccava stare lì da loro, e all'età di 13 anni ci siamo baciati per la prima volta, nel cortile di casa sua, mentre gli facevo copiare i compiti di matematica.
Adesso che avevamo 16 anni le cose erano cambiate così radicalmente, lui era cambiato, e forse anch'io, ma evidentemente le cose dovevano andare così, troppo piccoli per capire l'amore.

« E tu come sempre in ritardo eh, Ricci? »

Sentì il silenzio tombale nel momento in cui dalla porta entro' lui, deglutì appena poggiando la schiena alla sedia spostando i capelli dal viso.
Lo guardai mentre entrava senza nemmeno dare una risposta alla Professoressa pronta a mettergli l'ennesimo ritardo e sedersi al banco dietro al mio e di Silvia poggiando lo zaino nero sul banco sicuramente vuoto visto che lui a scuola ci veniva soltanto per rompere il cazzo.
Stavo parlando di.. Ciro Ricci.

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