Capitolo 32 - Ryan

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Ha ricordato qualcosa poco fa, quando mi sono chinato su di lei, per farla mia.

Ma non deve essere stato niente di bello, perché si era intristita ancora una volta.

Dicono che gli occhi sono lo specchio dell'anima e, da quello che leggo nei suoi, è come se non ne avesse più una. Come se si fosse completamente spenta e non ci fosse possibilità di riaccenderla.

Parlami piccola Ginny, sono qui...

La sofferenza e la disperazione prendono completamente il posto alla felicità e alla passione che prima leggevo nel suo sguardo. La stessa che avevo anche io.

Parlami, ti prego piccola.

Ma dopo altri secondi in cui non vedo alcun tipo di reazione, istintivamente, l'abbraccio.

Non posso parlarle. Deve essere lei a tirare fuori tutto, se e quando vorrà.

Come la stringo a me, il suo corpo si ammorbidisce un po'.

È così piccola tra le mie braccia che quasi si perde.

È troppo ferita per alzare le difese con me. La stringo un po' di più.

Il suo corpo è freddo perché tutta la vitalità che faceva parte di lei è stata prosciugata via.

A un certo punto si appoggia a me e la sua testolina dorata trova un posto tutto suo nell'incavo della spalla.

Combaciamo alla perfezione.

Sento il suo cuore battere piano piano, come se volesse quasi scomparire. La stringo più forte e poi sento un sussurro.

Tre parole dette talmente piano che quasi non le sentivo nel rumore assordante dei miei pensieri.

Tre parole che mi devastano.
Tre parole che mi fanno sentire una merda.
Tre parole che mai mi sarei aspettato di sentirgliele dire.
Tre parole che per me hanno un significato troppo grande.
Tre parole che cambiano tutto.

Tre parole.

«Non ti odio»

Non mi muovo. Non faccio nulla per mostrare di averle sentite.

Lei non è la persona giusta per me e io sono assolutamente sbagliato per lei, ma per l'ennesima volta, anche se così ferita, la piccola Ginny mi stupisce e mi sconvolge.

La mia tigre.

Continuo a tenerla stretta a me, ma so che ho un tempo limitato, che scorre veloce e inesorabile.

So cosa devo fare. Cazzo!

Prendo coraggio e sciolgo l'abbraccio. Ginny sbarra gli occhi come se si aspettasse il peggio e ha pienamente ragione, con quello che sto per dirle.

Subito dopo però si rende conto di essere ancora senza maglietta e si copre come può.

Così, le lancio la mia maglia da titolare della squadra e mi volto. Prendo un bel respiro e maschero quello che sto provano in questo momento. L'incertezza e il dubbio di quello che sto per fare, mi frenano per qualche secondo, ma la razionalità ha la meglio. Mi volto e le vomito addosso quello che, nel profondo, non vorrei.

Porca troia!

Dico però una cosa vera tra tutte quelle puttanate. Ginny per me è un problema, perché esce fuori dai miei schemi e non riesco a gestirla.

Non mento e lei lo sa.

I suoi occhi si spengono ancora, ma questa volta sono anche freddi e distanti. Identici ai miei quando le dicevo quelle cattiverie. Ginny, senza proferire parola, mi da le spalle se ne va.

La parte peggiore di me - The Keller series 1Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora