Capitolo 60 - Ryan

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Ginny mi prende per mano e ci incamminiamo verso il parco universitario.

Ho il cuore che scoppia a ogni dannato passo che faccio, ma non di gioia.

Una paura strisciante sta scorrendo nelle mie vene, il panico mi serra la gola in una morsa tanto stretta quanto infuocata. Il terrore mi azzanna e strappa via pezzi di anima.

Ginny ha detto che non sarebbe scappata, ma so che lo farà. E non è questione di fiducia. A volte è troppo da gestire e basta.

Mentre mi parlava in corridoio vedevo la sua felicità, la sua dolcezza, la sua sincerità, la sua determinazione, il sollievo di aver detto quello che prova, ma la cosa lampante era il suo amore per me.

Non si è trattenuta nulla.

Mi ha fatto entrare nella sua anima e io non posso continuare a mentirle, anche se significa perderla.

Mi irrigidisco e mi blocco.

Una nebbia fitta si sta espandendo sempre di più dentro di me.

«Ryan? Ehi, guardami» dice teneramente Ginny, mentre si posiziona davanti a me.

Abbasso lo sguardo, due occhi verdi e dolci mi fanno rispecchiare dentro di lei.

«Rimarrò con te»

Chiudo gli occhi e mi volto dall'altra parte, perché sentire che rimarrà quando in realtà scapperà via da me, fa solo più male.

Ginny mi prende di nuovo per mano e mi conduce in un piccolo angolo verde, in disparte rispetto alle zone più frequentate del parco.

E so che da qui non si torna indietro.

Un biglietto di sola andata per perdere l'amore della mia vita.

Mi siedo e Ginny si accomoda proprio davanti a me, come volesse affrontare il tutto a pieno petto e a testa alta.

Ecco la tigre che c'è in lei.

Non dice altro e aspetta che sia io a parlare.

Chiudo gli occhi e lascio che le mie paure vengano a prendermi.
Non faccio resistenza.
E inizio a parlare.

«Te ne sei andata quell'estate di cinque anni fa, ed è stato come non fossi mai esistita. Tra tutti i casini che già facevo, aspettavo ogni estate quel 18 maggio come un assetato nel deserto... Il giorno del tuo compleanno. Perché per quelle poche ore, potevo essere me stesso con te e amarti come sapevo. Per quante cazzate facevo, non mi spingevo mai oltre certi limiti, perché c'eri tu. Avevo paura che non avresti neanche più voluto concedermi quel giorno e così mi trattenevo... ma, per colpa mia, alla fine, comunque te ne sei andata...»

Sospiro e continuo, mentre a ogni parola il buio mi avvolge un po' di più.
Ginny mi guarda con una dolcezza che mi spezza ancora di più, ma rimane in silenzio e le sono grato per questo.

«Ero arrabbiato. Tanto. Non sapevo dove incanalarla tutta quella rabbia e così ho iniziato a fare incontri di boxe. Tutto regolare, fino a quando un giorno non ho conosciuto un gruppo di ragazzi. Erano più grandi di me, ma sembravo un loro coetaneo per l'altezza e la stazza. Pessimo giro, ma non mi importava. Sapevo che c'era qualcosa sotto, ma ho continuato a uscirci. Len e Dek hanno fatto di tutto per cercare di farmi allontanare da loro, ma mi incazzavo ancora di più. I miei fratelli, potevano vederti e chiamarti, mentre io no e questo mi faceva sentire sbagliato e solo...»

Alzo un secondo lo sguardo sulla ragazza che amo e la vedo piangere. Non me ne ero neanche accorto. Lacrime silenziose, ma che in realtà stanno gridando. Lo so.

«Un giorno ero particolarmente arrabbiato con i gemelli e volevo combattere, ma erano le 11 p.m. e gli incontri erano già tutti conclusi. Così, uno di quei tizi mi propone di andare in un posto dove potermi sfogarmi per bene. E avevano ragione. Gli incontri di boxe clandestini, senza regole, senza arbitro, solo più sopravvivenza, mi lasciavano libero di scaricare tutto quel mix di veleno che iniziava ad abitarmi sempre di più. Solo che era un circolo vizioso. Più incontri facevo, più il marcio mi ammuffiva l'anima...»

La parte peggiore di me - The Keller series 1Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora