Capitolo 38 - Ryan

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Appena arrivo al parcheggio, trovo Aaron ad aspettarmi seduto su una panchina poco più avanti.

Un ghigno si apre sulle mie labbra. Finalmente.

Così, con una tranquillità ferina gli arrivo davanti, ma non gli rivolgo parola. Mi gusto solo la sua espressione di sorpresa nel vedermi a qualche metro da lui, senza che se ne fosse accorto.

«Sei arrivato.» mi dice, alzandosi.

Se c'è una cosa che ho imparato, da tutte le risse che ho fatto, è che prima di attaccare, bisogna sempre osservare attentamente l'avversario. Gli atteggiamenti, gli sguardi, cosa dice e il modo in cui si esprime, come cammina, cosa indossa, il posto scelto per l'incontro. Tutto può essere fondamentale. Anche la minima informazione ti può portare a schiacciare a terra l'avversario o puoi finirci tu.

Non importa quanto la persona che hai di fronte sia più debole o più forte fisicamente di te. L'attenzione al dettaglio è necessaria. Quindi lo osservo cercando, nel minor tempo possibile, di farmi un'idea.

Anche se su di lui so parecchio e ormai lo conosco da diversi anni, non devo abbassare la guardia.

Prima ragiona e poi agisci.

Aaron non indossa le sue solite polo, ma una camicia azzurra un po' stropicciata. Le maniche sono tirate su fino al gomito. Mentre cammina, si intravedono le macchie di sudore proprio sotto le ascelle. I pantaloni sono i soliti, ma anche in questo caso, non sono perfettamente stirati. Aaron, il ragazzo che è sempre impeccabile, questa sera non lo è.

Cammina deciso, ma lentamente. I suoi occhi sono iniettati di odio e di una rabbia cieca.

Mi guarda come volesse trapassarmi da parte a parte, ma c'è un dettaglio che mi incuriosisce.

A volte, distoglie lo sguardo dal mio, per poi posarlo sempre su un altro punto. Il bar alla sua destra. Lo fa velocissimo, in una frazione di secondo, ma lo noto.

Mi ha parlato con tranquillità, ma il tono di voce era leggermente più alto del normale. Siamo a pochi metri di distanza e non c'è ragione per alzare la voce in questo momento.

Tanti particolari non collimano tra di loro.
Aaron non riesce a mascherare tutto alla perfezione e, questo, mi sta aiutando moltissimo. Devo capire di più e lo devo fare senza che lui se ne accorga.

«Non sarei mai potuto mancare, caro Aaron.» dico andandogli incontro, ma mantenendo leggermente la sinistra.

Immagino che voglia prendere ancora un po' di tempo e, di conseguenza, in questo modo, dovrà cambiare postazione. Darà le spalle al bar, mentre io, invece di avere il fianco scoperto, avrò la visuale frontale perfetta.

Ormai siamo a due metri di distanza e mi fermo nell'esatto punto in cui voglio stare. Il bar e Aaron sono davanti a me. Lui, ingenuamente, asseconda lo scambio di posizioni, fino a che, quando sta per fermarsi, lo vedo irrigidirsi appena.

Si è accorto di aver fatto qualcosa che non avrebbe dovuto, ma ormai non può più spostarsi, perché darebbe troppo nell'occhio. L'ipotesi che nel bar ci possa essere qualcun altro, si fa sempre più certezza nella mia mente.

Ma chi?

«Tutto bene, Aaron? Mi sembri un po' agitato.» dico con strafottenza.

«Assolutamente no. Puoi starne certo Keller. Tutt'altro.» ribatte sicuro di sé.

Ok, c'è di sicuro qualcuno nel bar. Aaron sa benissimo di non potermi battere fisicamente. Quindi, tutta questa sicurezza deve derivare da qualcuno o qualcosa. Se fosse davvero da solo, non parlerebbe così, ma come ha sempre fatto, sarebbe scappato.

La parte peggiore di me - The Keller series 1Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora