Capitolo 75 - Ginny

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Ho appena lasciato Ryan sul mio masso e da quando sono scesa continuo a sentire il suo sguardo oscuro e di ghiaccio su di me.
Se all'esterno sembro tranquillissima, dentro sono l'esatto opposto.
Ho le labbra che stanno andando a fuoco e per cosa? Uno sfioramento?

Appena svolto a destra e il suo sguardo non può più raggiungermi, mi fermo e, inevitabilmente, la mano passa sulle labbra.

L'ho buttato a terra prima di sentire il suo sapore, ma per quanto lui sia una persona dura e con una corazza che sembra un bunker inviolabile, quando mi ha sfiorato, ho sentito quella morbidezza che aveva sette anni fa...

Una fitta leggera allo stomaco mi riscuote dai pensieri e proseguo mettendomi a correre così che, in pochi minuti, arrivo nel retro dell'orfanotrofio.

Apro la porta, cercando di fare meno rumore possibile, dato che le luci sono già spente. Le suore devono aver già messo tutti a dormire.
Perciò decido di coricarmi sul dondolo in giardino a guardare lo stesso cielo che immagino stia guardando Ryan.
Per sette anni siamo stati distanti e adesso che siamo vicini per certi versi siamo degli estranei, mentre per altri ci conosciamo ancora fin troppo bene.

Gli occhi si fanno sempre più pensanti e crollo.

A un tratto il dondolo si muove bruscamente e, dallo spavento, casco a terra come un sacco di patate.
Impreco, mentre cerco di capire come ho fatto a passare dal sognare il mio matrimonio, a essere a terra con un mal di testa allucinante.

Una risata roca e bassa, mi arriva dritta al cuore.

Ryan è di fronte a me, mentre ride di gusto. Non c'è scherno nel suo sguardo, solo puro divertimento.

«Ben svegliata, piccola Ginny» riesce a dire tra una risata e l'altra.

E lo trovo bellissimo.

Non solo esteticamente, perché lo è sempre stato, ma perché possiede quella bellezza che solo un'anima ferita che finalmente sorride di nuovo, può avere.

«Ti ricordo che delle disgrazie altrui non bisognerebbe ridere.» affermo facendo la finta offesa, mentre mi alzo.

«Ho perso le buone maniere anni fa» e a quel punto la risata si interrompe, si volta e si allontana.

Il cuore ritorna al suo ritmo normale e il rumore che fa il suo silenzio è così forte da farmi male.

Chiamo un taxi e lo raggiungo.

Si è seduto sui gradini del muretto che c'è all'entrata dell'orfanotrofio.

Mi accomodo a mezzo metro di distanza e, mentre guardiamo lo stradone da cui dovrebbe arrivare a breve la macchina che ci porterà a casa, parlo.

«Non so se te lo ricordi ancora, ma... domani è il mio compleanno, cioè tra qualche minuto dato che è quasi mezzanotte e...»

I suoi occhi si posano immediatamente su di me e mi scavano dentro, come stesse facendo di nuovo razzie e mi stesse derubando di tutto.

La sua corazza si alza così alta e robusta che mi spaventa.

Cosa mi vuoi nascondere?

«No. Non me lo ricordavo» mi interrompe con una freddezza e insensibilità che mi fanno tremare.

Per qualche secondo lo guardo senza dire nulla, perché il sapere questo mi ferisce più di quanto avrei mai pensato.

I miei compleanni erano speciali, perché c'era lui. Il vero sè stesso. Con me. Solo quel giorno o anche solo per qualche ora...

«Sì, infatti, immaginavo. Beh, ecco, Zer ha organizzato una festa, che avrebbe dovuto essere a sorpresa, ma...»

Non faccio in tempo a finire di nuovo che Ryan mi interrompe, fulminandomi con lo sguardo.

La parte peggiore di me - The Keller series 1Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora