Capitolo 61 - Ryan

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Spenti.
Vitrei.
Vuoti.

Sono così gli occhi di Ginny in questo momento.
Anche se il suo sguardo è dentro il mio, è come se non mi stesse vedendo.

Un brivido mi percorre la schiena e quella desolazione che vedo in lei è la stessa che ho io.

Sono sfinito.
Mi sembra quasi di aver corso per giorni interi senza fermarmi. Ma, d'altronde, è stato così. Ripercorrere tutto il mio passato mi ha devastato.
I secondi passano lenti e inesorabili, ma Ginny non fa una piega.
È vero che fisicamente è qui con me, ma la sua anima no. È lontana anni luce.

Così, resto immobile anche io.

Ho come paura che se facessi anche un minimo movimento rischierei di farla andare via definitivamente.
Dopo tutto quello che le ho raccontato, molto probabilmente, non vorrà neanche sentirmi nominare, figurarsi vedermi.
E quindi, con la mente è come se scattassi una fotografia, perché non posso fare altrimenti.

Dopo oggi scomparirà di nuovo, e quel vuoto che solo lei sa crearmi quando non c'è, si aprirà come una voragine.
E ci cadrò dentro, senza possibilità di ritorno.

Solo che la fotografia che mi sto tatuando sul cuore, ha qualcosa di estremamente sbagliato.
I suoi occhi.
Sono grigi e privi di luce. Di quel verdone bellissimo, non c'è traccia.
E io non voglio ricordarmela così.
Così, stremato dal dolore, distolgo lo sguardo, abbassandolo.

Un secondo esatto dopo, uno schiaffo fortissimo mi arriva sulla guancia sinistra, facendomi voltare.

Metto la mano sulla guancia, ma non alzo lo sguardo.
Fa male. Dannatamente male.
Non è tanto per la forza, perché ho sopportato cose ben peggiori, ma per cosa significa quello schiaffo.

Dopo un tempo che mi sembra infinito, riporto i miei occhi nei suoi e quello che ci vedo dentro mi annienta.

Rabbia.
Dolore.
Disgusto.
Disprezzo.
Rancore.
Umiliazione.
Tristezza.
Disperazione.
Tormento.

Tutto tranne l'amore.

Non parla, ma sono i suoi occhi a farlo per lei.
L'ho persa.
E per quanto ne ero certo, una piccolissima parte di me, sperava che rimanesse veramente.

Ma nessuno sarebbe rimasto.
Illuso.

Così, senza aggiungere altro mi alzo e me ne vado.
E mi rendo conto di piangere di nuovo, perché per la seconda volta ho perso la cosa più bella che avevo.

Sempre e solo per colpa mia.

Ad ogni passo mi abbandono sempre un po' di più al il buio che avanza. Le mie paure tornano ad attanagliarmi l'anima più forte che mai. La mia disperazione è la loro felicità. Non ho la forza di combatterle o scappare.

Il cuore si pietrifica.
Le lacrime smettono di scendere.
Lascio che il marcio prenda il sopravvento.
Serro i pugni e una furia cieca si propaga con un boato nelle vene.

Sono da solo, di nuovo.

E questa volta, lascio che tutto il peggio di me mi divori.
Non oppongo resistenza.
Non ho, di nuovo, nulla da perdere.

Ma poco prima che venga distrutto anche l'ultimo frammento di anima, la sento.
Sento la sua voce.

«Guardami Keller» dice con un tono di voce serissimo e duro.

Ed è in quel momento che un piccolissimo battito inizia a crepare la pietra che ricopre il mio cuore.

Mi volto lentamente e Ginny è in piedi, dove ci eravamo seduti poco prima.
Cerco i suoi occhi, ma quando li trovo, non leggo niente. Ha tirato su un muro e non mi vuole far entrare.

La parte peggiore di me - The Keller series 1Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora