Capitolo 58 - Ryan

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Sono coricato sul letto a guardare il soffitto da minimo tre ore, cercando di non fare un'altra delle mie cazzate del secolo.

Andare da lei.

Ho voglia di vederla, perdermi in quei suoi occhi verdi, dolci e, allo stesso tempo, battaglieri. Respirare lei e il suo profumo. Vedere quel sorriso solare e caldo che mi illuminava le giornate...

Le sbarre della mia prigione sono spesse e dure, ma mai abbastanza forti da intrappolarmi del tutto.
Le mie paure invece sì, loro ci riescono alla grande.

Contino a ricordarmi quanto io l'abbia fatta piangere, ma è più forte di me.
Se non la faccio sorridere, la farò disperare. Mi comporterò come in passato e forse tornerò a odiarla.

Ma per quanto voglia cancellarla dai pensieri e dal cuore, è come se fosse stata marchiata in me.
E di nuovo, realizzando questo, una fitta al petto mi fa mancare il fiato.

Il dolore inizia a farsi strada dentro di me.
Di nuovo, troppo.
Così, mi rifugio dentro la gabbia.

Questo è l'unico modo che ho per sopportare un tormento simile... Richiudendomi all'interno di un buco nero e buttandola fuori. Ancora, e ancora, e ancora.

Quando cazzo finirà?

Bussano alla porta.

Mi tiro su lentamente.
Sarà di sicuro Len. Vorrà minacciarmi di trattare bene Ginny. È un fratello iperprotettivo nei suoi confronti.

Così, scendo dal letto scazzato e, in modo molto poco delicato, spalanco la porta.

«Len, non ho voglia di...» inizio duro, ma mi blocco quando, al posto di Len, c'è Ginny.

La guardo dall'alto verso il basso e, per quanto sia sexy come mia nonna, la trovo bellissima.

È vestita con il suo solito pigiama con le inquietanti e sorridenti stelle marine. I capelli sono legati in una coda morbida e disordinata.

Quello che però mi destabilizza sono i suoi occhi.
Non c'è marrone. Forse una leggera sfumatura, ma niente rispetto a quello che di solito ha nei miei confronti.

Come fuoco sento il suo sguardo su di me. Non ci avevo minimamente pensato, ma sono a torso nudo, indosso solo i pantaloni della tuta.

«Posso entrare un attimo?» chiede gentile, mentre un leggerissimo colorito le imporpora le guance.

Le sbarre della mia prigione si fanno leggermente più sottili e, dal buio in cui mi trovo, mi avvicino a loro.

«Perché?» chiedo sulla difensiva.

Le mani immediatamente si posizionano sulle sbarre e le stringo.

«Vorrei parlarti due secondi, se per te non è un problema.» È sicura e decisa.

«Vedi di sbrigarti a dirmi quello che vuoi» rispondo duro e scocciato, spostandomi di lato, così da farla passare.

Serro ulteriormente le mani e le nocche diventano bianchissime.

Ginny entra e non è per niente intimorita, anzi sembra davvero tranquilla.

Che cazzo sta succedendo?

Me ne resto in silenzio facendole un cenno con la testa per farla iniziare.

«Ti sei tolto il tutore? Non lo devi più usare? Stai meglio?» mi chiede guardando la spalla, ormai quasi del tutto guarita.

«Sei venuta qui, a quest'ora, per chiedermi del tutore?» chiedo innervosito.

«Sì, cioè, no. Volevo dirti che so benissimo quanto ti possa scocciare il fatto che sia qui da voi. Ma per Dek...»

La parte peggiore di me - The Keller series 1Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora