Capitolo 40 - Ginny

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Le porte si aprono e un medico ci viene incontro.

È sulla cinquantina, non molto alto. I capelli sono brizzolati e gli occhi marroni, segnati da pesanti occhiaie, ma vispi e attenti.

«Siete voi i familiari di Ryan Keller?»

«Sì, sono suo padre»

«Buongiorno, sono il Dott. Lermal. Come vi avevamo già accennato, c'è stata un'emorragia interna a causa dalla lacerazione del tessuto del fegato, che è molto delicato. Gli è stata fatta una trasfusione di sangue e per il momento sembra non abbia avuto reazioni avverse.»

«Quindi ora sta bene?» chiede Julian, interrompendolo.

«Mi faccia finire, per favore. Suo figlio ha ricevuto diverse testate ed è caduto per terra. Per tanto, stiamo facendo i dovuti controlli per rilevare un eventuale trauma cranico, ma tecnicamente non dovrebbero esserci problemi. Il paziente ha anche la spalla sinistra lussata. Quindi, per rispondere alla sua domanda, direi di sì, ma lo sapremo solo una volta che suo figlio si sarà svegliato. Ora devo andare. Le infermiere lo staranno già portando nella sua camera. Quindi se volete andare a trovarlo, potete. Vi chiedo la gentilezza però, di entrare solo uno o due per volta. Siete in troppi e non è orario di visita.»

«La ringrazio Dott. Lermal. Lo faremo.» Dice Julian, stringendogli la mano, per poi fiondarsi all'ascensore.

Corrono tutti da Ryan.

Io invece non riesco a muovere un muscolo.

Ryan ha rischiato di morire.

Che cosa ho fatto?
È tutta colpa mia.

Sento le lacrime pizzicarmi gli occhi pronte a uscire di nuovo.
Poi, qualcuno mi abbraccia.

Lennox.

«Ginny, so cosa sta frullando in quella tua testolina. Te lo abbiamo già detto un milione di volte. Non pensare minimamente che sia colpa tua. Ryan ha fatto una scelta. Sapeva benissimo a cosa sarebbe andato in contro, ma ha preferito comunque andare avanti. Io e Dek avremmo fatto lo stesso per te. Ma va bene piangere. Butta fuori tutto. Al resto ci pensiamo dopo, ok?»

Lo guardo e il suo verde è così torbido da farmi capire due cose. La prima è che è preoccupato per suo fratello e per me. La seconda è una furia cieca. Sotto questa gentilezza nei miei confronti, c'è una sentenza di morte per quelli della Princeton.

Non dico niente, ma ricambio l'abbraccio e, per non farmi vedere piangere da estranei, mi nascondo tra le sue braccia muscolose. Dopo un tempo che sembra infinito, mi tiro fuori da quel bozzolo di protezione e Len mi sorride.

«Va un po' meglio?»

In tutta risposta, tiro su con il naso e mi passo una mano sotto gli occhi e sulle guance per portare via il marchio della disperazione.

«Dek è passato pochi minuti fa. Ti ha preso un muffin al triplo cioccolato. Tra l'altro penso che quasi tutti abbiano visitato Ryan, quindi possiamo entrare noi.» mi dice Len sorridente, mentre mi porge il dolcino.

«Grazie Len. Grazie di cuore. Vi voglio un bene che non ne avete idea.» dico abbracciandolo di nuovo con il cuore in mano dalla tenerezza di questi due ragazzi, così duri e freddi per il resto del mondo.

«E noi a te.»

Mi sorride ancora e, prendendomi per mano, saliamo in reparto.

Faccio entrare Len per primo, perché voglio andare un attimo in bagno e sciacquarmi il viso.

Mi guardo allo specchio e sono un completo disastro. Il mascara è colato e sembro un panda. Ho gli occhi come palle da bowling tanto sono gonfi. Per non parlare del fatto che sono rossi come il mio naso.

La parte peggiore di me - The Keller series 1Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora