Capitolo 73 - Ryan

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«Keller, dieci minuti e devi venire con noi. Preparati.» dice la guardia Jefferson sbattendo con il manganello sulle sbarre.

Non rispondo, ma mi alzo dal mio lettino e guardo i miei due compagni di cella.

«Sai che vogliono? Oggi non era prevista nessuna uscita.» dice Lucas, passandosi la mano sulla testa rasata a zero in segno di preoccupazione.

Lui è il mio secondo in comando.

Sono diventato presto il leader dei criminali bianchi, ma c'è sempre un prezzo da pagare.

E ho affrontato tutto quello che c'era da fare per poter diventare quello che sono oggi. Nessuno si azzarda nemmeno più a spodestarmi dal mio ruolo.

Diciamo che la mia buona condotta non esiste, ma dato che con le guardie si è instaurato un rapporto di baratti, tra sigarette, droga, cibo e tutto quello che vogliono i miei fratelli di galera, sono anche il più tutelato da loro.

«Lo scopriremo presto.» dico guardandomi allo specchio.

Mi lego i capelli, che mi arrivano poco sopra le spalle, dietro la testa. Mi passo la mano sulla barba molto più lunga, ma curata.

I miei occhi, freddi più del ghiaccio, ormai ne hanno viste talmente tante che non hanno più paura di affrontare qualsiasi situazione.

Osservo la cicatrice che mi parte da metà fronte, per poi spaccarmi il sopracciglio e scendere per tutta la guancia, scomparendo dentro la barba.

«Guardia! Sono pronto!» grido.

Un minuto dopo, arrivano due guardie. Uno, punta il mitra contro la cella, mentre si apre in un rumore sordo.

Avanzo fuori e aspetto che la cella si chiuda. Dopo di che, la prima guardia, sposta il mitra su di me.

L'altra, coperta dal suo compagno, mi ammanetta.

«Jefferson, lo sai vero che questo tuo atteggiamento nei miei confronti avrà delle conseguenze? Abbassa quella cazzo di arma. Sono stato chiaro?» gli ringhio contro.

Lui l'abbassa immediatamente e, anche se so che sta seguendo la procedura, con me queste cose non valgono.

A quel punto, mi scortano per tutto il carcere, fino a che non arriviamo nel cortile dove c'è un pulmino blindato con la portiera aperta.

«Forza Keller, andiamo a farci un giretto» dice Tom, la seconda guardia.

Così salgo, mi incatenano a delle maniglie e poi partiamo.

Da un lato mi piacerebbe vedere fuori dal finestrino, ma dall'altro e meglio così. Mi farebbe solo pensare a cosa c'è fuori e indurisco lo sguardo.

Il viaggio dura una mezz'oretta e, una volta che la vettura si ferma, Tom mi slega, mentre Jefferson continua a tenere basso il mitra, ma è comunque carico e pronto a sparare.

Entriamo in un ingresso secondario di un palazzo e a questo punto mi prendono per le braccia.

Li guardo malissimo, ma questa volta Tom risponde per entrambi.

«È solo una facciata Keller. Lo sai che davanti ai giudici dobbiamo mantenere un certo tipo di atteggiamento»

Giudice? Che ci faccio in tribunale?

E una sensazione strisciante di terrore mi invade.

No.

Non voglio essere di nuovo in questo posto.

Come proiettili mi arrivano ricordi dolorosi, che mi fanno mancare il fiato.

«Tutto bene?» mi chiede Jefferson d'improvviso.

La parte peggiore di me - The Keller series 1Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora