Capitolo 69 - Ginny

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Apro la porta della sala riunioni e trovo solo le luci del proiettore accese.

Strano.

Avanzo di qualche passo e cerco di accendere la luce grande, ma proprio mentre sto per riuscirci, la porta si chiude alle mie spalle, molto delicatamente, ma faccio comunque un salto dallo spavento.

Mi volto e Timothy Ruppler è davanti a me.

Mi porto la mano al petto, per cercare di calmare il cuore che sembra stia uscendo fuori dal petto.

«Ah, ciao Timothy. Scusami, mi sono spaventata. Sapevo che eri già sceso, ma non ti avevo visto»

Il mio compagno di corso non risponde, ma mi sorride cordiale.

«Allora? Il Signor Dorren sta per arrivare? Mamma mia, sono nervosissima... Potrebbe essere un trampolino di lancio per noi!» dico emozionata all'idea di poter avere un colloquio con una delle persone più importanti della Nora's Company.

Anche questa volta Timothy non risponde, ma continua a sorridermi.

So che è un tipo silenzioso, ma cavolo, fare conversazione è buona educazione.
Magari è nervoso quanto me e, mentre io parlo a raffica, lui si chiude ancora di più.

Così mi avvicino a lui.

«Secondo te ci vorrà ancora tanto tempo prima di sapere la fine che faremo?» domando cercando di sdrammatizzare la situazione che sta diventando alquanto imbarazzante.

Solo che a un tratto, man mano che mi avvicino a lui, sento un odore... quell'odore.

Il mio corpo lo riconosce all'istante.

Mi paralizzo sul posto, mentre un brivido mi percorre tutta la schiena. Inizio a tremare tutta.
Mi sembra di non riuscire a respirare, a causa di un macigno pesantissimo che preme sul petto.
Un terrore strisciante mi investe, mentre la melma nera mi sporca completamente.

Guardo Timothy negli occhi e se prima il suo sorriso era cortese, ora è un ghigno malefico.

Lo sento girare la chiave della porta, con diverse mandate.

Sono bloccata dentro la sala riunioni.

Da sola, con lui.
Con il mio stupratore.

«Sei tu» sussurro terrorizzata.

«Sono proprio io. Ah, te lo dico in anticipo. Mi sono informato su questa stanza. È completamente insonorizzata, per non far sentire a nessuno quello che viene detto qui. La porta ha diverse mandate, come avrai sentito poco fa. Quindi puoi scordarti di uscire da lì senza chiave. Un'eccellenza il Four Season, vero? Quindi se vuoi urlare o picchiare contro la porta, fallo pure, ma sprecheresti solo fiato ed energie.» dice con una naturalezza disarmante.

«Se vuoi provare fai pure. Ti lascio qualche minuto. Pensi ti possano bastare?» dice allontanandosi dall'ingresso della sala.

Corro immediatamente verso la porta e, per quanto sappia che è chiusa, grido chiedendo aiuto e battendoci sopra le mani più forte che posso nella speranza di attirare l'attenzione.

Ma passano i secondi, che poi si trasformano in minuti, e nessuno viene a salvarmi.

L'anima, sconvolta dal terrore, trema così forte da formare tante piccole crepe in essa.

«Perché? Dimmi il perché?» domando arretrando, mentre lui, tranquillo, avanza.

«Non sono cazzi tuoi, ma oggi voglio essere clemente con te»

Tre secondi esatti dopo me lo ritrovo addosso.

«Ma non troppo» continua mentre le sue mani scorrono sul mio corpo completamente paralizzato da un panico così vivo e puro che lo sento penetrarmi come aghi sotto la pelle.

La parte peggiore di me - The Keller series 1Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora