Capitolo 80 - Ginny

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Apro gli occhi e mi ritrovo nell'infermeria dell'orfanotrofio.

Una fitta lancinante alla testa mi fa fare una smorfia. Porto la mano alla fronte per massaggiarmela un po', così da provare ad alleviare il male.
Poi, ripensando a Ryan, mi tiro su di scatto. Per una frazione di secondo mi illudo che ci sia l'uomo della mia vita nella stanza, ma non è così.

Non è vicino a me.
Mi ha lasciata sola.

Con fatica, scendo dal letto e mi avvio in refettorio.
Come apro la porta, tutti i bambini arrivano attorno ad abbracciarmi.

«Come stai zia Gin?» chiedono praticamente in coro.

«Ciao, tesori. Ho un po' male alla testa a dire la verità, ma mi riprenderò presto, così potremo giocare di nuovo insieme!» dico sforzandomi di sorridere e apparire felice, quando dentro sto morendo.

«Fatela riprendere ragazzi. Che ne dite di andare a mangiare la merenda? Suor Moni ha già preparato tutto» dice Padre Kevin, facendo l'occhiolino ai bambini complice.

Appena si parla di cibo, i bambini non capiscono più niente. Così, mi salutano e mi danno un bacio sulla guancia, per poi correre in sala da pranzo.

Come se ne va anche l'ultimo bambino, guardo il mio Padre Spirituale e scoppio a piangere, coprendomi il viso con le mani.
Perché il dolore che provo per aver perso per la seconda volta Ryan, fa ancora più male della prima.

Fatico a respirare a causa dei forti singhiozzi che mi scuotono.

Padre Kevin, mi mette la mano sulla testa e lo guardo. Tra i lacrimoni, vedo il suo sorriso dolce, i suoi occhi pieni di vita e le spalle piene di croci.

«Figlia, non piangere! Vai in cappella, c'è il Santissimo esposto. Prega e confida in Gesù. Nulla è impossibile a Dio!»

Io gli sorrido triste, mentre gli rubo tre fazzoletti dal pacchetto che mi sta porgendo. Poi fa l'occhiolino anche a me complice, come fossi una bambina dell'orfanotrofio e se ne va.

Così, con la vista annebbiata dalle lacrime, il cuore spezzato e l'anima piena di dolore, vado in cappella.
Entro e faccio il Segno di Croce, inchinandomi di fronte al Signore.
Ma come mi alzo, una montagna di uomo è seduto a qualche banco di distanza da me.

Mi pietrifico e il cuore inizia a battere velocissimo.

«Ryan...» sussurro.

Lui trasalisce e si volta.

Due occhi dal colore del ghiaccio, ma arrossati dal pianto, mi osservano.
Ryan si alza e, lentamente, come avesse un peso enorme addosso, si avvicina.

Si ferma a un passo da me e mi guarda con amore e tormento.

«Sei qui?» chiedo con voce tremate, incredula.

Ryan mi fa segno di sì con la testa e, come volesse darmi prova di questo, mi prende la mano e l'appoggia sulla sua guancia destra.

Chiude gli occhi ed è come se si stesse prendendo il calore che gli sto trasmettendo. Quasi, come avesse più bisogno lui di sentire che ci sono veramente, e non il contrario.

«Ti va di andare nel nostro posto?» dico senza pensarci, dolcemente.

Ryan apre gli occhi e l'azzurro ghiaccio, mischiato al rosso del pianto, lo rendono uguale a me.

Due anime spezzate dal dolore, ma unite dall'Amore vero.

«Sì, stavo per chiedertelo io...» sussurra.

Così, dopo aver detto una preghiera di ringraziamento a Gesù, presente nel Santissimo Sacramento, usciamo dalla cappella, Ryan mi prende per mano e si mette a correre.

La parte peggiore di me - The Keller series 1Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora