Capitolo 41 - Ryan

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Nel buio in cui mi ritrovo, a un tratto, un profumo che riconoscerei tra mille mi prende per mano e mi riporta verso l'unica persona che vorrei vedere in questo momento.

Con fatica apro gli occhi.

Il soffitto di una stanza, che non è la mia, è la prima cosa che vedo.

Dove sono?

Mi guardo intorno e trattengo il fiato. C'è lei.

Ginny sta dormendo, con la testa e le braccia, appoggiate al mio letto, mentre è seduta su una poltrona, che di comodo deve aver ben poco. Noto subito però, che il suo non è un sonno sereno. Il fiato è corto e il volto è contratto in una leggera smorfia.

Così, appoggio delicatamente la mia mano sulla sua guancia e, con movimenti leggeri del pollice, la accarezzo.

Non voglio svegliarla. Spero solo che si rilassi un po'.

Fortunatamente, l'espressione sul suo viso cambia e si rasserena quasi subito. Questa cosa, mi fa capire quanto Ginny sia legata a me.

Sorrido.

So di essere un caso disperato, ma dammi un po' di tempo e ti dimostrerò che sono degno di stare al tuo fianco, piccola Ginny.

Mi guardo intorno e capisco di essere in una stanza d'ospedale. Fuori, sta tramontando il sole, ma non saprei dire che ore siano. Sono sotto delle coperte leggere e indosso uno di quei camici azzurri leggerissimi.

Una fitta di mal di testa, mi fa portare la mano libera sulla fronte. Tocco una garza che fa il giro del capo. Al braccio destro ho un ago che mi sta mettendo in circolo immagino una di quelle sostanze saline, dato che il contenuto è trasparente. Al dito medio ho una specie di molletta bianca che è collegata a un macchinario che emette diversi "bip". Ma non è l'unico strumento. Dal camice, mi escono fuori dei fili che penso siano elettrodi. Come mi muovo una fitta all'addome mi fa fare una smorfia di dolore.

Cosa diamine ci faccio...

Improvvisamente ricordo ogni cosa e rivivo come un film tutto quello che mi è successo.

Il bacio con Ginny e la sua risata tra le mie braccia. Il pestaggio di Aaron e di altri ragazzi della Princeton. Ginny tenuta ferma da due ragazzi. Il ricatto di Cooper. La scelta di proteggerla. I pugni, le testate e i calci ricevuti da quei pezzi di merda. Il calore di Ginny vicino a me. Poi il buio.

Che cosa mi è successo dopo?

Ritorno a guardare la ragazza che ho odiato per tanto tempo.

E adesso?

Come se sentisse le mie parole o il peso del mio sguardo, si alza di scatto con occhi increduli.

«Ciao Keller» sussurra, quasi come pensasse di stare ancora sognando.

«Ciao piccola Ginny» le rispondo anche io a bassa voce, per la paura che, dicendo la cosa sbagliata, possa scappare via da me.

Finalmente riesco a vedere di nuovo quel verde così brillante, così vivo, ma velato da lacrime silenziose.

«Ehi, ehi, non piangere» dico dolcemente, mentre le porto le mani al viso cercando di asciugare quelle gocce di dolore e sollievo. Sta per dire qualcosa, ma la porta si spalanca all'improvviso e, un medico con due infermiere, entrano in camera.

«Buonasera a entrambi. Chiedo scusa signorina, ma le devo chiedere gentilmente di lasciare la stanza. Dobbiamo visitare il paziente» ci comunica il medico, guardandola di sfuggita e prendendo la cartellina fissata al fondo del mio lettino.

«Lei rimane» dico duro e senza possibilità di replica, tanto che il dottore tituba un attimo.

«No, è giusto così. Io sono qui fuori. Vado ad avvertire gli altri che ti sei svegliato. Sono tutti in pensiero per te» mi dice Ginny.

La parte peggiore di me - The Keller series 1Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora