Capitolo 14 - Ginny

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«Ginny, amore, svegliati».

Apro gli occhi a fatica e me li stropiccio. Ancora assonata, mi siedo sul letto. Cavolo, mi devo essere addormentata mentre parlavo con Keller.

«Dov'è Ryan, papà?»

«Ryan? Non lo so. Non lo vedo da quando sono arrivato ieri sera. È uscito senza salutare. Perché me lo chiedi?»

«Ma sei sicuro? Non è più venuto in ospedale?»

«No. Ma ora ascolta, ti porteranno un po' di colazione e poi verrà il detective e la sua squadra per la denuncia. Ok?»

Mi sono sognata Keller?

«Va benissimo, grazie» dico in fretta, ma ho bisogno di capire.

Guardo sul divanetto e vedo i vestiti che mi ha lasciato Ryan.

Era veramente qui, con me.

Non sono ancora pazza, buono a sapersi. Rotta in mille pezzi sì, ma pazza no.

E allora come mai papà non lo ha visto?

Scendo dal letto, mi vesto e mi sistemo un po' i capelli. Sono impresentabile.

Ho la guancia destra ancora gonfissima, le labbra spaccate mi fanno male ogni volta che le muovo. I lividi sul corpo sono violacei.

Ci vorrà del tempo anche per guarire fisicamente.

Titubante, mi guardando allo specchio.

Non sono più sommersa da quella melma nera, ma non riconosco nulla della ragazza che ero fino a dodici ore fa.

Due occhiaie enormi fanno da cornice ai miei occhi spenti.

Di fronte, ho una Ginevra sconosciuta. Fragile, spaventata, dolorante. Finita.

Cosa farò adesso?

Se mi ero alzata cercando di evitare di ripensare a quello che era successo la sera prima, quando lo inizio a raccontare alla polizia, ho bisogno di tutto il self control che possiedo perché rischio di spezzarmi ancora. E ancora. E ancora.

Rivivere certi incubi, anche se lo si fa alla luce del sole, fa sempre paura e male.

Non mi ricordo il volto dello stupratore, ma la sua voce era famigliare.

Dove l'avevo già sentita?

Una volta raccolti gli elementi per l'indagine, i poliziotti se ne vanno seguiti da mio papà

«Ginny, torno subito, ok? Dico solo due cose al detective, poi arrivo».

Annuisco e forzo un sorriso che appare più una smorfia.

Grazie a Dio questa tortura è finita, ma mi sento di nuovo sporca e la melma mi sta facendo sprofondare.

Ho bisogno di pulirmi.

Entro nella doccia e mi lavo con l'acqua bollente. Mi strofino forte. Vorrei restare ancora sotto il getto ustionante, ma questa volta non posso rimanere troppo. Mi asciugo e indosso i vestiti che mi ha portato Ryan.

Quando rientro in camera, davanti a me ci sono i gemelli, Alice e mio papà.

Manca Keller.

«Ginny, ho già preso tutte le tue cose e sono in volo per NY. Noi abbiamo l'elicottero che ci aspetta proprio qua sopra. L'ospedale ha acconsentito a fare un'eccezione. Saluta i tuoi amici che partiamo. Ti aspetto fuori».

Papà deve aver dato una bella somma all'ospedale per poter atterrare al posto dell'elisoccorso.

Cosa non farebbe per me? Gli voglio tanto bene.

La parte peggiore di me - The Keller series 1Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora