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JEAN

Osservo la gente muoversi sotto il sole primaverile. Sono usciti tutti appena l'aria ha iniziato a scaldarsi, ma onestamente non sono molto preso da loro, anche se lo vorrei.

Perché Ashley mi sta evitando?

Che cosa le ho fatto?

Non sono abituato a comportarmi in maniera ragionevole, la tentazione di andare da lei e avere delle risposte è forte, e faccio davvero fatica a imbrigliarla.

«Dobbiamo un attimo capire come instradare il secondo album, se vogliamo iniziare a scriverlo», Leon porta alle labbra una lattina di birra.

«Sì», annuisco, «ho già una mezza idea su come impiegare i testi, ma ve ne parlo appena siamo tutti insieme. Nereo è in banca, vero Seth?»

«Già, oggi lavora.»

«Ogni tanto tocca pure fare quello», ridacchia Leon.

«Sullo stile che facciamo? Rimaniamo così o avete qualcosa da voler proporre?»

Li guardo. Ma quanto ci mettono a rispondere?

Seth solleva le sopracciglia, «Mah, non sto provando nulla di che e mi sembra già abbastanza melodico. Potrei fare qualcosa di più funky...»

«Te non sei proprio una tipa da funky, fattelo dire.» Leon ha sempre una buona parola per tutti.

L'espressione di Seth cambia del tutto appena mette gli occhi sul tablet.

«Che succede?» il mio sorriso svanisce. Lei è sbiancata.

Sempre brutte notizie quando apre quell'aggeggio!

Si porta il tablet al petto e fa per alzarsi. Di colpo, è diventata frettolosa.

«Niente, devo rientrare.»

Leon la guarda poco convinto.

Sono maldisposto già di mio. Mi alzo e le porgo una mano aperta, «Seth, dammi quel coso

Lei fa un passo indietro che mi spazientisce. Afferro il tablet e glielo strappo dalle mani, scorro per capire cosa cazzo stava leg...

Non può essere vero.

Qualcosa fa crack nella mia testa.

«Apri.»

Sono troppo incazzato per dirle chi sono, ma lei lo capisce subito perché il portone si apre con uno scatto.

Lo attraverso, inizio a salire i gradini due a due, non sono mai stato così furente in vita mia, devo riuscire a tenere a bada il mio istrionismo e tenere in considerazione ciò che conta davvero in una relazione.

Dei passi mi raggiungono, alzo la testa e vedo Cass che scende di corsa le scale.

«Io gliel'avevo detto!» esclama. Come se fosse colpa sua!

Scappa via come se avesse incontrato la morte, e io mi domando se sono davvero così terrificante quando m'incazzo.

Probabile. Quella che deve avere paura è Ashley, questa non gliela perdono.

Arrivo finalmente sul pianerottolo, solo un po' sudato ma non me ne importa nulla.

Sto fermo. Ho bisogno di regolare il battito cardiaco, altrimenti impazzisco.

Sento tutti i muscoli tesi, le gambe rigide, tengo i pugni chiusi.

Sono troppo incazzato.

Spingo piano la porta, non voglio irrompere in casa. Entro, mi guardo intorno.

Lei è lì, seduta sul divano, ha lo sguardo basso e le mani incrociate sul grembo. Mi avvicino piano, non voglio fare troppo rumore.

«Come... dico io, come puoi startene così rilassata?» la mia voce trema, anche il respiro.

«Che dovrei fare?» lo chiede in un soffio.

«Mah, non lo so!» apro le braccia, «Dire qualcosa come Jean, sono incinta. Magari dirmelo te invece di farmelo leggere su internet perché una stronza d'infermiera del cazzo ha mangiato la foglia e ti ha sputtanata online, no?»

L'espressione di lei dice tanto. Davvero è così ingenua? Non capisce che la privacy conta meno di zero, di fronte a soldi e un quarto d'ora di celebrità su internet?

«Ti aspettavi davvero che qualcuno rispettasse la tua privacy? Sei scema, per caso?»

Mi metto le mani nei capelli, faccio avanti e indietro due, tre volte. «Porca puttana, Ashley, almeno dirmelo!»

Con una mano colpisco un cuscino, che vola addosso alla finestra.

«Piantala, Jean!»

«Piantala?» mi avvicino, «C'è anche il mio DNA lì dentro, ma che cazzo dici?»

Lei dischiude le labbra, sta per dire qualcosa, poi ci ripensa. Mi sale il sangue al cervello, quando fa così.

Devo stare calmo. Non è da me, non è da me perdere la pazienza così.

«Non te l'ho detto perché sarebbe stato inutile», mormora, «ho già deciso cosa fare, non c'era bisogno che tu lo sapessi.»

«Oh, beh, allora grazie per la considerazione! Conto come il due di spade a briscola, insomma. Che bello saperlo, grazie Ash, adesso sì che mi sento meglio!»

«Tu hai fatto diciott'anni sei mesi fa.»

«E chi se ne frega!»

Sbarra gli occhi, non m'interessa, non mi calmo, «Noi stiamo insieme e io devo essere interpellato quando prendi una decisione del genere, è chiaro? Se mi vedi come un ragazzino, allora faresti bene a startene da sola.»

«Quindi non dovrei fare niente perché tu devi decidere per me?»

«Sei diventata stupida?» sibilo tra i denti, «Ti ho detto che voglio almeno sapere le cose, poi fai quello che ti pare, ma almeno dimmelo, parlaci con me, cazzo! Pensi che alla mia età sia troppo immaturo per un discorso del genere? Pensi di essere matura solo te? Allora facciamo che ognuno se ne torna per cazzi suoi, che ne dici? Vuoi questo?»

Ashley piega la testa, i capelli biondi scivolano in avanti, «Non volevo darti un pensiero del genere. È troppo per la tua età, tu sei troppo... giovane.»

«Hai solo cinque anni più di me, non quindici.» Non transigo.

«Jean... ho deciso, il corpo è il mio, che cosa devo dirti ancora?»

«Facciamo così», mi trema di nuovo la voce, «visto che non sono degno di ricevere informazioni sullo stato di salute della mia ragazza, ora me ne vado. Tu resti a casa tua, io a casa mia, vai ad abortire da sola perché tanto sono superfluo, o no? E poi... poi vediamo.»

Le do le spalle, vado veloce verso la porta e me la sbatto alle spalle. I miei passi sono tanto pesanti da rimbombare per le scale.

Vuole prendere tutte le decisioni da sola? Bene, l'accontento subito!

Vuole prendere tutte le decisioni da sola? Bene, l'accontento subito!

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