Piegarsi e Non Spezzarsi [3/4]

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- Mi stai ascoltando? -

La voce scocciata di Altea e lo schioccare delle sue dita davanti al naso la strappò al flusso dei ricordi. Si stropicciò gli occhi e ricacciò indietro le lacrime con un profondo respiro.

- Oh, ho detto qualcosa che ti ha turbata? Scusami, non volevo, davvero. -

- No... no, è solo... mi è solo entrata un po' di sabbia negli occhi. - sbatté le palpebre un paio di volte e tirò su col naso.

Altea la fissò in tralice, aprì la bocca e poi la richiuse senza commentare. Dopo un momento le posò una mano sulla testa e, con una delicatezza che Nemeria non pensava possedesse, le scompigliò i capelli.

- Dovresti pettinarli meglio e averne più cura. - la rimproverò bonariamente, sciogliendole un nodo con entrambe le mani.

Nemeria fece spallucce, come se quel gesto bastasse a mettere fine alla discussione, ma Altea non si diede per vinta. La fermò, la costrinse a sedersi e con solo l'ausilio delle dita cominciò a pettinarle i capelli, stando attenta a non farle male. Aveva un tocco delicato, attento, lo stesso di sua madre Hediye.

- Ecco fatto, così va molto meglio. Prima sembrava davvero che avessi avuto un incontro ravvicinato con un gatto incazzato. Sai, non te l'ho mai detto, ma tu mi ricordi davvero tanto i miei fratelli del Nord. Se avessi la carnagione un po' più chiara saresti identica a loro. -

Le divise la chioma in due ciocche e gliele sistemò sulle spalle, lisciandole un paio di volte per assicurarsi di aver eliminato qualsiasi nodo.

- Non so di cosa tu stia parlando. -

- Credo tu li conosca col nome di Jarkut'id, i figli di Jarkut. -

- Forse li ho anche incontrati, però ora come ora non mi ricordo. -

Altea la guardò sorpresa: - Addirittura incontrati? Devi aver viaggiato molto. -

Nemeria annuì e si rimise rapidamente in piedi.

- Non hai voglia di parlarmi di cosa hai visto? - la esortò Altea, non ricevendo risposta.

La Sha'ir si mordicchiò le labbra prima di affiancarla.

- Un giorno mi piacerebbe mi raccontassi qualcosa di te. So che può essere doloroso, però credo che potrebbe farti stare meglio. Non mi interessa cosa ti è successo, ma non mi piace conversare con una persona di cui non so niente. Mi sembra di essere in compagnia di un estraneo. -

- Nemmeno io so nulla di te, Altea. -

- Sei a conoscenza di una cosa molto importante però. - abbassò lo sguardo e Nemeria capì a cosa si stava riferendo.

Di riflesso, anche lei smise di guardarla, concentrandosi sull'iscrizione dell'insegna di una locanda. Improvvisamente, capire cosa ci fosse scritto lì sopra sembrava molto meno impegnativo della piega che aveva preso quella conversazione.

- Perché glielo permetti? - domandò Nemeria, raccogliendo il coraggio.

- Se non lo facessi, lui riverserebbe la sua rabbia su qualcun altro. Non è giusto, ma è l'unico modo per tenere unita la nostra famiglia. - esalò Altea con aria cupa.

Si massaggiò il collo e Nemeria vide le mezzelune arrossate di un morso poco sotto l'orecchio.

- All'inizio non era così, prima era dolce, gentile, amorevole. Si è preso cura di me quando sono giunta qui e mi ha insegnato a sopravvivere, se non fosse per lui adesso sarei finita in un bordello o nell'arena. Gli devo la vita, capisci? -

Nemeria non capiva e non voleva farlo, ma questo lo tenne per sé. Non serviva, non lì, non in quel momento. Così tacque e fece un lieve cenno del capo, sperando che il bisogno di parlare non venisse sopraffatto dalla paura che leggeva negli occhi dell'altra. Le posò una mano sulla spalla e gliela strinse appena, per confortarla e farle sentire la sua presenza.

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