Nemeria tornò in camera e prese la tunica che indossava quando era giunta lì, le calige, la clamide e la fibula per fissarlo. Erano stati regali di Tyrron, oggetti nuovi e senza storia.
"Potrai costruirne una tu." si disse, ma non aveva il coraggio di crederci davvero.
Sfiorò la pietra di luna e la infilò sotto la tunica. Il contatto con la superficie fredda le procurò un brivido. Etheram era lì, la sua famiglia era lì, di tutto il suo mondo era l'unica cosa che sopravviveva. E Noriko... non sapeva se era pronta a incontrarla: non era come i fantasmi che la tormentavano ogni notte, era viva, reale, schiava. Come le avrebbe spiegato che Kimiya non era più lì con lei? Che non aveva idea di che fine avessero fatto gli altri?
"Madre, dammi la forza."
Trasse un profondo respiro e uscì dalla stanza. Quando arrivò all'atrio, Tyrron era già lì ad attenderla con Morad, il canuto capo della servitù. Alto quasi quanto il suo padrone, lo seguiva ovunque come un'ombra e sarebbe potuto passare per un vecchio se non fosse stato per le braccia muscolose e le mani come badili. Nemeria lo aveva visto portare un quarto di bue sulle spalle senza alcuno sforzo.
Quando si fu avvicinata, Tyrron la studiò da capo a piedi. Il barbaglio della luce sulla lama di oricalco che portava al fianco le fece venire la pelle d'oca.
- Devo metterti le catene ai piedi o posso fidarmi che non scapperai? -
- Non avrei dove andare. -
Ed era la verità, fuori da lì non c'era niente per lei: la libertà non era altro che una desolante promessa di povertà e miseria.
Due servi aprirono le pesanti doppie porte e il vento le accarezzò le caviglie mentre si avvicinavano. Fuori, la casa aggettava su una strada lastricata che declinava dolcemente, per poi immettersi in un vialone che Nemeria riconobbe subito. Le fanoos erano spente a quell'ora, eppure con i loro mosaici colorati sembravano ancora conservare una fiamma al loro interno. Mentre camminavano nella strada affollata, Nemeria non faceva altro che guardarle, incurante delle persone che le passavano di fianco urtandola e dei monelli che le calpestavano i piedi. Riconobbe anche il venditore di cavalli di quella notte: richiamava i clienti a gran voce, sperticandosi in lodi sugli stalloni che, a sua detta, gli erano stati venduti da niente meno che il Rajeh in persona.
Morad scosse la testa quando tentò di trascinarlo a vedere gli esemplari più da vicino. Non che quell'ometto grassoccio potesse davvero smuoverlo.
- Quel mercante ha la bocca larga. - borbottò seccato tra sé e sé quando si allontanarono, - Quelli sono stalloni tanto quanto io sono kalaspirese. -
Tyrron rise alla battuta.
- Un po' di tempo fa aveva messo in vendita un andalo niente male. -
- Anche quello doveva essere un regalo del Rajeh, no? -
- Poco ma sicuro. -
Mentre i due parlavano, Nemeria continuava a guardare in giro, aumentando l'andatura ogni volta che rischiava di rimanere indietro. Aveva la pressante sensazione di essere osservata, un disagio pungente che le graffiava le spalle e le prudeva la nuca. Cercò tra la folla, ma in mezzo a tutte quelle persone non riusciva a distinguere le ombre.
"È una tua impressione."
Strinse la pietra di luna attraverso la veste e puntò lo sguardo in avanti, fingendo indifferenza. Dopodiché, alcuni secondi più tardi, si voltò di colpo e con la coda dell'occhio colse il lembo di un mantello sparire in un vicolo. Il cuore le balzò in gola quando la luce del sole rimbalzò sul bianco lucido del profilo di una maschera.
"No..."
La paura scavò un buco nelle sue viscere. Affrettò il passo e affiancò Morad, le dita sempre strette attorno al ciondolo. Se avesse deciso di attaccarli, Morad era l'unico a poterla proteggere. Ma cosa avrebbe potuto un semplice essere umano contro l'uomo che aveva assassinato l'Alta Sacerdotessa?
- Sei pallida, non ti senti bene? -
Tyrron le mise una mano sulla spalla e la fermò. Un urlo di rabbia e paura le andò di traverso.
- N-no... no, sto bene. -
- Sei bianca come un cencio. - la scrutò con i suoi occhi da lince, stringendo appena la presa, - Se hai male da qualche parte, devi dirmelo. Non capiterà nulla a Kamyar, mi aveva avvertito che i dolori non sarebbero passati prima della fine del mese. -
Nemeria deglutì piano. Aveva le labbra secche, le gola riarsa e i palmi sudati. Voleva scrollarsi di dosso quella mano, strapparsi il collare e correre via, nelle catacombe, ma era paralizzata. Il veleno della paura le aveva reso i muscoli di pietra.
- Ho... ho solo paura di rivedere Noriko. - inventò sul momento, sforzandosi di mantenere lo sguardo su Tyrron. - Non vorrei che fosse gelosa perché lei è stata subito portata alla scuola, mentre io sono stata a casa vostra per tutta la convalescenza. -
L'uomo non accennava a lasciarla. La pupilla si era dilatata e Nemeria si trovò ipnotizzata a osservarle. Erano occhi magnetici, quelli, vigili e penetranti, con lo stesso riflesso della luce sugli steli d'erba nelle oasi.
- Ma lei non lo sa e... e potrebbe essere arrabbiata. - aggiunse deglutendo.
Batteva il piede sinistro, incapace di controllarsi. Ai margini del suo campo visivo, la folla si muoveva e le persone passavano loro a fianco ignorandoli, come se non esistessero. Qualcuno, da una parte, berciò che quella era una strada, che se volevano parlare, potevano farlo altrove. Bastò un'occhiata di Tyrron che nessuno osò più aprir bocca. Anche il pericolo taceva, incombendo nascosto nelle ombre immobili delle case.
- È solo questo. - pigolò con voce tremante.
L'uomo la fissò ancora un momento e poi trasse un respiro profondo.
- Se avrai problemi, non esitare a riferirmelo. Non ho intenzione di lasciarti in panchina per altro tempo, ho speso troppo per nutrirti e accudirti senza un introito. - incrociò le braccia sul petto e le fece un gesto della testa, - Cammina, non voglio arrivare in ritardo. -
Non se l'era bevuta, lo sapeva, eppure fu sufficiente che ritraesse la mano perché il cuore di Nemeria si placasse un po'. Annuì, raddrizzò le spalle e si obbligò a tenere il loro passo. Non voleva rimanere indietro, per nessuna ragione al mondo. Tutta quella gente gli era d'intralcio, il predone non le sarebbe potuto saltare addosso neanche volendo, ma bastava la certezza che la stesse seguendo per farla tremare. Lui era lì, in attesa, come la sua seconda ombra.
"Calma, devi stare calma" si disse quando il cuore rischiò di scoppiarle nel petto. Le faceva così male che i dolori alle gambe quasi non li sentiva.
Quando si fermarono, quasi le cedettero le ginocchia e dovette contrarre tutti i muscoli per mantenersi in piedi.
- Siamo arrivati. - la informò Tyrron.
A quelle parole, Nemeria si riscosse. La scuola dei gladiatori, la sua nuova prigione, era davanti a lei, una promessa di salvezza in un mare in tempesta. Oltrepassò l'ingresso in poche falcate, precedendo Tyrron, e soltanto allora poté esalare un sospiro di sollievo.
- Chiudi la bocca, altrimenti ti entrano le mosche e ti strozzi. - scherzò Morad, ma il rumore del portone che si chiudeva alle sue spalle fu l'unica cosa che Nemeria udì davvero.
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Fighting Fire
FantasyPRIMO LIBRO DELLA SAGA "JINIAN" "Un bambino è la forma più perfetta di essere umano." (Vladimir Nabakov) Nemeria è una bambina come tante, se non fosse che è una Jinian, una figura leggendaria capace di dominare i quattro elementi. Sotto la guida de...