Oltre le nebbie del tempo

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Cosa è "Oltre le nebbie del tempo"? E' un progetto di beneficenza che nasce con l'intento di unire la scrittura e l'illustrazione in un libro il cui ricavato verrà devoluto a , il centro di ricerca per le malattie genetiche rare. All'interno saranno presenti ventidue racconti di genere fantasy/fantascientifico/sci-fi accompagnati da altrettante illustrazioni sui ventidue Arcani Maggiori.

L'idea nasce dal desiderio di aiutare i bambini con malattie genetiche senza cura. La ricerca è importante, per questo nel nostro piccolo abbiamo deciso di contribuire, mettendo a disposizione le nostre abilità artistiche.

A capo di tutto ci siamo io, Hime, Maddy, @vyanderson e @Nemainn 

Visto che me lo avete chiesto, ho deciso di postare un doppio estratto, uno preso dall'Imperatrice e uno preso dall'Appeso. Non avete idea di quanto io sia emozionata ** Anche se è un prodotto che ho realizzato assieme ad altre persone, io lo considero il mio primo libro e non posso che essere al settimo cielo *^*

Nei commenti, vi lascio il link del pre-order dell'ebook, mentre il cartaceo sarà disponibile su Amazon a partire dal 12 di dicembre! E niente, spero che vi piacciano e bastino per incuriosirvi!

L'Appeso, ovvero "Le lacrime rosse dei ciliegi."

«La cerchi ancora?» le domandò Daisuke, tornando a guardare la piana innanzi a loro.

«Sì. Non ho mai smesso, lo sai.»

Il marito avvicinò il viso al suo fin quasi a sfiorarla. «Promettimi che tornerai.» sussurrò, mentre il respiro che si condensava in piccole nuvolette di vapore. «Promettimi che questo non sarà l'ultimo giorno che ti vedrò.»

Una raffica di vento le portò alle narici un intenso odore di muschio, un profumo sensuale, inebriante. Il suo odore.

Akane sorrise e gli sfiorò affettuosamente la guancia.«Me lo chiedi ogni volta e io ti rispondo sempre la stessa cosa.»

L'occhiata severa che Daiuske le scoccò si addolcì in un sorriso. Le accarezzò la testa, passando le dita in mezzo a quelle ciocche rosse e ribelli.

Akane sgranò gli occhi. Suo marito aveva un'indole introversa, riluttante a esternare i propri sentimenti. Erano state poche le volte in cui si era lasciato andare a dimostrazioni d'affetto, ma a lei non era mai importato molto.

«Allora dimmelo ancora: dimmi che tornerai.» bisbigliò.

C'era qualcosa, in quelle parole, che sapeva di addio, ma Akane respinse l'idea con tutta se stessa. Voleva vedere sorgere un'altra alba con lui e riabbracciare la sua adorata bambina. Gli strinse forte la mano, come se così facendo avesse potuto trattenere la speranza che aveva coltivato giorno dopo giorno.

«Non posso.»

«Perché?»

«Non faccio promesse che non sono sicura di mantenere.»

Daisuke distolse lo sguardo e assottigliò la bocca in una linea scura.

Akane socchiuse le palpebre e le tenne chiuse finché le lacrime non divennero un velo compatto e immobile al di sotto delle ciglia. Fu sul punto di dirgli che lo amava più di se stessa, che non rimpiangeva niente del tempo passato assieme e che il suo gettarsi a capofitto in battaglia non era dettato dal desiderio di morte o vendetta. Voleva spiegargli che lei, senza Ayame, non esisteva, che le loro anime erano due frammenti della stessa e che adesso il filo rosso che le univa le stava soffocando il cuore. Ma sapeva che Daisuke non avrebbe capito. Nessuno poteva comprendere ciò che univa due kitsune. Colmò la distanza che la separava dalle labbra dell'amato. Si riempì la bocca del suo respiro e assaporò quel bacio come se fosse l'ultimo. Se avesse potuto esprimere un desiderio, avrebbe voluto affidare quell'attimo agli dèi perché lo conservassero fino al suo ritorno. Gli accarezzò il pettorale in punta di dita e poggiò la mano aperta all'altezza del cuore.

«Ti amo.»

Daisuke indugiò, cercando di cogliere significati nascosti in quell'unica parola. Le scoccò uno sguardo intenso, poi scoccò le redini e il cavallo partì al galoppo, diretto verso la sua ala dell'esercito. La lunga chioma corvina, stretta in una semplice coda, scivolava fuori dall'elmo e frustava l'aria accarezzandogli la schiena.

Non appena si fu allontanato, Akane inspirò profondamente e si impose la calma. Un giorno ti spiegherò ogni cosa, Daisuke. Te lo prometto. Incitò il proprio cavallo e si preparò a scattare al segnale dell'attacco. Avvertì l'eccitazione crescere man mano che il tempo passava. La paura e la tensione dei suoi uomini erano sempre più palpabili.

«Uomini, lance in resta! Per l'Imperatore!»

L'Imperatrice, ovvero "Lo scrigno delle anime."

I cembali scandirono le ultime note. Quando la musica si fermò, lo fecero anche le ballerine.

Mayra si terse il sudore dalla fronte e uscì a braccetto dalla stanza con la sua amica, senza elargirgli altre attenzioni, eccetto che per un'occhiata divertita.

La cena venne servita qualche ora dopo. Ajith mangiò piano, masticando ogni boccone con quanta più calma possibile. Non guardò mai Mayra, imponendosi di restare concentrato sul piatto.

«Qualcosa è cambiato in voi.» esordì Svamini Lallâ, accomodandosi al suo fianco.

«Sono confuso.» rivelò sottovoce.

«Per quale ragione?»

Ajith appoggiò la forchetta e si pulì le labbra. «Mayra è l'incarnazione perfetta della figlia che non ho mai avuto.»

Ammetterlo ad alta voce fu liberatorio.

«Quanti anni avrebbe vostra figlia, se fosse vissuta?»

«Circa trenta.»

«Durante questo periodo di tempo avete viaggiato molto?»

«Sì, soprattutto all'interno dei miei confini.»

«Delle molte persone che avrete sicuramente incontrato, quante vi hanno ricordato vostra figlia?»

Ajith intrecciò le dita attorno alla tazza di tè nero, incurante del calore, e non rispose.

«Quando perdiamo qualcuno che non abbiamo avuto il tempo di conoscere, colmiamo il suo ricordo con quello che abbiamo, perché speriamo di lenire il nostro dolore. E così costruiamo persone e situazioni che non sono mai esistite. È il nostro modo di riempire il vuoto. Ma non si può trovare la felicità in una fantasia. Guardare sempre indietro significa seppellire la felicità in una tomba.»

«Non posso dimenticare la morte di mia figlia.»

«Lo so, ma non potete neppure restare prigioniero del passato.» La donna raccolse un chicco di riso e lo sfiorò con l'indice. Una piccola luce si accese nel centro. «Per noi mortali, ogni singolo istante è prezioso. Piantiamo oggi i semi per il domani, nella speranza che nel futuro potremo coglierne i frutti.»

Schioccò le dita. L'esterno del chicco si ruppe e da questo germinò, in lapilli infuocati, un fiore di pura luce. Ajith fissò lei, poi il fiore, boccheggiando allibito.

«Non illudetevi: è un fiore effimero. Ma proprio per questo è importante prendersene cura, soprattutto quando fa freddo o tira vento.» Chiuse la mano e la magia palpitò nel suo pugno fino a spegnersi.

«Come avete fatto?» domandò Ajith.

Lallâ sbatté le palpebre un paio di volte e appuntò lo sguardo su di lui: sul fondo delle sue pupille brillavano delle sottilissime pagliuzze azzurre. «Non potete rimanere ancorato al passato e, al contempo, agognare un nuovo futuro. Non si può essere liberi, se ci si ostina a tenere strette le proprie catene.» Chinò il capo e la treccia le scivolò fuori dallo scialle. «Che la benedizione di Yellamma scenda su di voi e che la notte vi porti consiglio.»

Dopodiché, si allontanò col suo passo claudicante.

Rimasto solo, Ajith fu costretto ad alzarsi e a tornare nella sua stanza.


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