Amicizia [4/4]

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Anche se non avesse saputo dove fossero, a Nemeria sarebbe bastata un'occhiata per riconoscere il Quartiere della Pergamena, non tanto per i libri e le pergamene che ingombravano gli scaffali delle botteghe e delle bancarelle, quanto per l'intenso profumo di carta che permeava l'aria, sopraffacendo persino quello di urina ed escrementi, che, come un miasma velenifero, si alzava dalle strade in terra battuta dei vicoli quando il sole aveva da poco abbandonato lo zenit.

Nessuno badava loro e le poche guardie che intravedevano dall'altro lato della strada si limitavano a squadrarle con indifferenza, prima di tornare al giro di ronda. Ad accompagnare la loro passeggiata c'era un piacevole chiacchiericcio, che spesso si interrompeva per lasciare spazio a un silenzio assordante, dove l'unico suono appena udibile era quello prodotto da una pergamena srotolata o dal fruscio delle pagine. Persino il vento, gradito in quelle ore così calde, pareva soffiare in punta di piedi con refoli delicati che allietavano la pelle e ne asciugavano il sudore, senza però disturbare i clienti assorti nella lettura o occupati negli acquisti. Era come se ogni cosa, in quel lembo di terra, si affannasse per non disturbare la bolla di quiete che lo avvolgeva.

- Questo posto è strano... - bisbigliò Nemeria ad Altea.

- Strano bello o strano brutto? -

- Solo... strano. Non mi viene nemmeno da parlare ad alta voce. -

- È normale. Qui c'è gente come Hirad, intelligentissima e coltissima. Anche i mercanti più ottusi, volenti o nolenti, diventano così stando sempre qui. - si coprì la bocca per soffocare una risata, - Secondo me anche tu ti ammaleresti di intelligenza se venissi più spesso. -

- Mi stai dando della stupida, per caso? -

- Esponevo solo un dato oggettivo. Hirad bighellonava per questo quartiere quasi tutti i giorni e adesso guarda com'è diventato! -

- Davvero? Ma mi hai detto che non usciva spesso... -

- Spesso non significa mai. Diciamo che nella maggior parte dei casi, quando usciva a fare la spesa con me, ero io a procurargli il necessario per scrivere e disegnare le mappe. A volte è capitato che non solo fosse lui ad andare in prima linea, ma che riuscisse addirittura a prendere qualche libro. -

Si guardò intorno e le indicò una bancarella, dietro la quale sedeva un ometto basso con un turbante blu cobalto sulla testa e un libro aperto sulle gambe.

- Penso li abbia presi da lui: è un mercante poco attento, mi chiedo come faccia a campare con tutti i libri che Hirad gli ha rubat... -

La gomitata di Kimiya troncò la frase. Prima che Altea potesse prenderla a male parole, la ragazza le indicò un vicolo alle spalle dell'uomo. All'inizio Nemeria non vide nulla, poi pian piano, tra le ombre dei gatti e dei vari randagi che vagabondavano in quel triangolo scuro, distinse delle figure umane. Erano tre, o almeno così le parve. In un batter d'occhio, queste si infilarono in una stradina laterale, sparendo alla vista.

- Li avete visti anche voi? - domandò incerta.

Altea deglutì e arretrò: - Se sono i Falchi, siamo fottute. Ma erano troppo bassi. -

Kimiya gesticolò, gli occhioni grandi spalancati, allarmati come quelli di un gatto accerchiato da un branco di lupi affamati.

- Dice che potrebbero essere i Cani, l'età è quella. Ma che diamine ci fanno qui? Che interesse hanno in questo quartiere? - scosse la testa e trasse un profondo respiro, - Sarebbe meglio tornare a casa, prenderemo le pergamene un'altra volta. -

- No, non possiamo. Mi hai detto tu che volevi far tornare Hirad a sorridere, non possiamo tirarci indietro proprio ora. - ribatté decisa Nemeria.

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