La giornata piú lunga [3/4]

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- Era proprio necessario essere così duri? - sibilò Noriko, quindi si riempì il bicchiere con l'acqua sporca del pranzo e la sorseggiò con calma, come se non fosse successo nulla.

Ahhotep strinse il pugno e tornò al suo posto.

- Era necessario. Meglio che capisca subito come va il mondo prima che si faccia male sul serio. -

- È solo una bambina. - protestò Nemeria.

Entrambe si girarono a guardarla. Lei spostò il suo vassoio da un lato e puntò gli occhi in quelli di Ahhotep.

- Non lo è, ha smesso di esserlo quando è stata portata qui. - replicò l'altra.

- Ah, davvero? Non mi sembra. È una bambina e tu... tu l'hai dovuta far piangere per ferire me. Perché lo hai fatto? Non potevi attendere che fossimo solo noi due? - domandò, improvvisamente furiosa.

- È per il suo bene. -

Nemeria non riuscì a trattenersi. Il suono che fece poteva ricordare una risata, se non fosse stata così carica di rabbia e amarezza.

- Per il suo bene? Tu volevi solo ferire me e per sbaglio, nel tuo maldestro tentativo di farmi del male, hai colpito la tua... come la devo chiamare? Perché da quello che mi è parso di capire, è un'amicizia a senso unico. -

- Tu non sai niente. - ringhiò Ahhotep.

- Non mi interessa. Ti conosco da appena un giorno e, per quello che mi riguarda, potresti anche crepare domani, non me ne importerebbe nulla. -

Nemeria sapeva che doveva fermarsi, ma qualcosa la spingeva a continuare. La rabbia le infiammava la mente, il viso in lacrime di Durga aizzava le fiamme, le ravvivava. Il collare era incandescente e la pietra di luna un cuore di magma.

- Vuoi comportarti così? Fai come ti pare, ma Durga è mia amica ora, e se osi farla piangere una seconda volta, del tuo corpo non rimarrà altro che cenere. - la minacciò e l'afferrò per il colletto della tunica, obbligandola a piegare il collo all'indietro per poterla guardare ancora negli occhi, - E non credere che non ne sia capace, Ahhotep. Il tuo potere dell'aria potrà anche soffocare le mie fiamme, ma sappi che basta una scintilla per far divampare un incendio. -

La volontà di distruzione fluiva dai polpastrelli e le arrossava la vista. L'attenzione degli astanti era puntata su di loro e gli occhi di Ahhotep erano spalancati come quelli di un cerbiatto dinanzi al lupo. Le guardie si staccarono dalle pareti e si predisposero attorno al tavolo, le armi già sfoderate.

- Calmati, asir. - le ingiunse un soldato alle sue spalle, - Lasciala. -

Nemeria non si voltò nemmeno. Se lo avesse desiderato, avrebbe potuto bruciarla, lasciarle un marchio indelebile della sua potenza e sarebbe stato giusto, una punizione equa per averla sfidata. L'avrebbe temuta per sempre e mai avrebbe più osato alzare lo sguardo di su dei.

Nessuno può mettersi contro Agni.

- Non lo ripeterò una seconda volta, asir. - la spada della guardia luccicò al limitare del suo campo visivo, - Obbedisci. -

Nemeria chiuse gli occhi e piano, molto piano, mollò la presa. La tunica di Ahhotep era annerita dove le sue mani l'avevano afferrata, l'odore di stoffa bruciata così forte da appestare l'aria.

- Ora siediti e torna a mangiare. - ordinò la guardia.

- Non ho più fame. - borbottò Nemeria.

Prese il suo vassoio, con ancora la razione di riso intonsa, e fronteggiò l'uomo. La superava di almeno una testa, le spalle larghe, le braccia e le gambe coperte dall'armatura d'oricalco. Gli occhi piccoli e porcini la scrutavano dall'ombra allungata della tiara.

Nemeria lo oltrepassò a testa alta. La brace della sua rabbia era ancora lì, sfrigolava nel suo petto sprizzando scintille che accendevano un altro fuoco, più forte e dirompente, che le scaldava il petto e annullava tutto il resto. Persino Noriko sbiadiva in quel rosso accecante.

Il venticello serale la accolse come un vecchio amico, spirando sulle braccia inumidite dal sudore come un balsamo fresco ed emolliente. Il campo d'allenamento circoscritto dal quadriportico era deserto e, a parte le sentinelle, non c'era nessuno in giro.

"Sei ancora qui?"

Sono sempre qui.

La voce dell'elementale era calma e risuonava fin nelle ossa.

"Grazie per avermi aiutata."

Non ho fatto nulla. Quelle parole erano tue.

Nemeria inspirò a fondo e si portò una mano al petto. Si rigirò la pietra di luna tra le dita e la strinse nel pugno, incurante del calore che emanava.

Tu sei forte, Cuore di fuoco, devi solo imparare a crederci.

"Come mi hai chiamata?"

Una risata trillò forte nella sua mente e poi si affievolì, perdendo d'intensità.

Col tuo Nome nel Buio.

Nemeria serrò le palpebre. Sentiva che l'elementale la stava abbandonando, ma aveva bisogno che rimanesse, che condividesse la sua forza. Non voleva più essere debole e, anche se temeva il desiderio di distruzione insito nelle fiamme, la rabbia era una bella sensazione, un'emorragia di potenza a cui non voleva rinunciare.

Non me ne vado, Cuore di fuoco, né ora né mai. Ti basterà togliere il collare perché io ti dia tutto ciò che desideri.

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