Lucciole[3/6]

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Nemeria si destò di soprassalto, annaspando in cerca d'aria. La voce lontana di Noriko le disse che andava tutto bene e due braccia familiari la avvolsero in un bozzolo caldo. Si premette le mani sul cuore per smorzare il dolore, ma esso filtrava tra le dita come sangue.

- Era solo un brutto sogno. - la rassicurò Noriko, baciandole dolcemente le labbra tremanti, e la trascinò distesa sul letto, - Ci sono io qui con te. -

Andò avanti a ripeterglielo fin quasi all'alba, quando Nemeria cedette di nuovo alla stanchezza.

Più tardi non seppe nemmeno lei dove trovò la forza di alzarsi. Congedò con un gesto stizzito Merneith, salutò Bahar e lasciò che il timone ai gesti automatici che il suo corpo aveva imparato, mentre la mente vagava senza meta da un ricordo all’altro.

I suoi capelli non erano ricresciuti abbastanza per meritare ancora il trattamento di un pettine, ma prese comunque in prestito quello di Noriko. Lo passò tra i ciuffi da istrice, usando la mano per ravvivarli.

I pensieri rimasero intrappolati tra i denti e caddero sul pavimento umido. Nemeria li calpestò, si buttò l’acqua sulla faccia e inspirò fino a farsi dolere i polmoni. Poi espulse l'ossigeno e, con esso, il miasma oscuro che l'avvelenava.

“Non era mia sorella. Lei non mi avrebbe mai detto una cosa del genere.”

Se non un sogno, allora cos'era? Un ricordo in cui era subentrata Agni? Una visione che seguiva la scia di qualcosa che non riusciva a rammentare? Non aveva senso.

Strinse la pietra di luna e ne fissò il lucore sul palmo della mano. Era fredda.

“Non posso fermarmi ora. È troppo tardi per tornare indietro.”

Rinfilò la collana sotto la tunica e tornò in camera. Noriko non c’era già più. Anche se avrebbe dovuto immaginare che l’avrebbe tenuta a distanza fino all’inizio dello scontro, le suscitò una sensazione strana non trovarla lì ad aspettarla. Si vestì in fretta e si precipitò giù dalle scale.

La scorta si chiuse non appena al gruppo si aggiunse anche lei. Noriko camminava di fianco a Bahar. Nemeria, invece, aveva preso Merneith sottobraccio. Anche se la serva era vecchia e raggrinzita, l’impressione era che fosse lei a sostenerla, e non il contrario.

- Fa' del tuo meglio, oggi. - le disse Merneith con un sorriso sdentato.

Nemeria seguì con gli occhi la sua figura traballante mentre usciva, poi andò a prendere la shamshir. Strofinò la lama contro i calzoni e se la rigirò più volte tra le mani. Nonostante il calore, il metallo non si era deformato.

- Sono le contaminazioni di oricalco. -

Noriko era appoggiata a ridosso delle sbarre. Le gambe distese in avanti delineavano un triangolo perfetto tra l’ombra e la parete.

Nemeria si avvicinò all’imboccatura del corridoio e le augurò buona fortuna.

- La fortuna non esiste. -

- È solo un modo di dire. -

Il suono della tromba interruppe il loro momento. Dall'arena, giunsero alle loro orecchie le grida entusiaste del pubblico.

- Allora buona fortuna anche a te. -

Noriko entrò a passo di danza e un sorriso abbozzato sulle labbra. Salutò la folla, girando la testa da una parte all’altra, come se inseguisse il rimbalzo del suo nome tra gli spalti.

Nemeria guardò in direzione di Koosha, gli fece un cenno del capo e si fermò al centro. Tyrron, Morad e le due serve sedevano agli stessi posti. Non sapeva dove fossero gli altri lanisti, non era nemmeno sicura che fossero venuti. Non le importava del governatore che si godeva lo spettacolo dall’alto, assieme alla sua famiglia, l’importante era che Koosha la vedesse.

- Signori e signore, preparatevi alla finale! - l’acclamazione del banditore venne accolta da uno scroscio di applausi, - Due gladiatrici appartenenti allo stesso lanista, due gioielli preziosi realizzati dalle mani dello stesso orefice. Chi di loro si aggiudicherà la vittoria: la nostra focosa dominatrice Nemeria oppure Noriko, l’algida regina dei venti? Sarà il fuoco a consumare l’aria, o l’aria a soffocare le fiamme? - aprì le braccia dando il segnale alle trombe, che costituivano solo una parte dell’orchestra nelle ultime file, - Che la resa dei conti cominci! -

Nemeria attaccò subito. Compì uno scatto veloce per darsi slancio, quanto bastava perché Noriko sfilasse il tessen dalla cintura e parasse il suo fendente. Lo aprì e la pagina, come l’ala di un grande uccello, spinse la lama di lato. Contrattaccò con un affondo dell’indice e del medio, una diagonale diretta alla gola che costrinse Nemeria a scartare in fretta. Il mancato colpo non fece perdere il ritmo a Noriko. Si mosse contro di lei con una finta e abbassò il tessen in una parata fulminea dietro la schiena. Si sottrasse al suo tondo, le si portò di fianco e concatenò in rapida successione un pugno al viso, un calcio allo stinco e un altro al fianco.

Nemeria arretrò bruscamente e dovette spostare la sua attenzione dalla sua avversaria per mantenere l'equilibrio. Una folata di vento la spinse una decina di metri indietro. La sabbia le andò negli occhi. Strinse la shamshir a due mani e menò un fendente alla cieca. Durante il movimento, la lama prese fuoco.

Noriko schivò e le assestò un pugno alla spalla. Il colpo si schiantò contro l’armatura e la propulsione dell’aria la scaraventò contro il muro dell’arena.

Il pubblico le osservava rapito. L’orchestra aveva attaccato con una musica ritmata, ma non era abbastanza per coinvolgere la gente: nessuno gridava, incitava, pestava i piedi. Erano bastati pochi colpi per annullare l’entusiasmo.

“Non va bene.”

Nemeria riaprì un occhio, poi l’altro. Noriko si stagliava davanti a lei, con la mano che brandiva il tessen di taglio sul petto.

- Alzati. - le ordinò.

Un fremito si diffuse nell’aria. Il brusio aumentò e il silenzio si incrinò fino a rompersi un in “oh” che stroncò le note dei flauti. Noriko si girò con un movimento fluido e piantò i piedi a terra, dandole la schiena.

- Stai dietro di me. -

Nemeria non la ascoltò. Si tirò in piedi e sbirciò oltre la sua spalla. Sbarrò le palpebre in preda allo shock, mentre un grido terrorizzato le moriva in gola.

Il predone era lì, la maschera bianca a coprirgli il volto e il cappuccio a gettargli un’ombra sugli occhi. Ma a Nemeria non serviva vederli, perché quello sguardo senza luce le si era impresso a fuoco nella memoria.

La pietra di luna divenne un cristallo di ghiaccio.

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