Non le servì guardare Pavona per immaginare la sua espressione. Il silenzio, sia fisico che mentale, che aleggiava tra di loro, era più assordante di qualsiasi grido.
- Cosa è successo? -
La mano di Pavona si era soffermata a un pollice dalla sua spalla. Un tacito permesso per farle vedere, sentire, capire. Era troppo doloroso anche per lei da credere.
- Sono morti, tutti morti. - esalò e intrecciò le dita con le sue.
Far entrare Pavona nella sua mente fu come aprire la finestra e lasciar entrare un gattino randagio. Camminava in punta di piedi, circospetta, attenta a non fare troppo rumore. Nemeria era la terra e Pavona le radici di un arbusto giovane che si facevano largo tra i suoi pensieri più intimi, sfiorandoli e avvolgendoli come se fossero una vena acquifera nelle profondità del deserto. Perché quello era la sua mente: una terra desolata, sterile e arida, dove i ricordi erano rimasti seppelliti sotto le dune di sabbia.
Quando si ritirò, lo fece in religioso silenzio, nello stesso modo in cui era venuta. Le lacrime erano cristallizzate nei suoi occhi, così lucidi da sembrare delle gemme di vetro. Aveva sentito le sue stesse emozioni, le aveva assorbite e rivissute come se le appartenessero. Nemeria non aveva il coraggio di toccarla per paura che crollasse davanti a lei.- Mi dispiace... - soffiò Pavona e indugiò con una carezza sulla sua guancia.
Nemeria si aggrappò al suo sguardo. Si era ripromessa di non piangere più, di sopportare, eppure avrebbe tanto desiderato abbracciarla. Una Jinian come lei, l'ultima; l'unica che poteva davvero capirla.
- Quanto rimarrete in città? -
Sapere la risposta a quella domanda era una necessità opprimente, dilaniante.
Pavona si ritrasse e si asciugò la lacrima che le era sfuggita. Sembrava invecchiata all'improvviso e la cupezza del suo sguardo contrastava con le vesti sgargianti che indossava.
- Non lo so con esattezza. Forse Dakshesh me lo ha detto, ma adesso non mi viene in mente. Ma no, la partenza non è imminente. -
Si tolse gli orecchini e saggiò la delicatezza delle piume blu che li adornavano, sovrappensiero, come in ascolto. Nemeria si chiese cosa stessero vedendo davvero i suoi occhi.
- Nem, dai, andiamo! - senza chiedere alcun permesso, Bahar infilò la testa nella cabina, - Morad ha finito e a breve cominceranno gli spettacoli del pomeriggio. -
- Sì, è meglio che vai, sennò ti perdi l'inizio. Io devo finire ancora di togliermi tutto questo trucco, non posso mostrarmi alla gente con questa faccia. - scherzò Pavona.
Nemeria annuì. Posò lo specchio vicino alla sua mano e, controvoglia, seguì la ragazza fuori. Il pensiero di come si erano salutate, della sua nuova scoperta, le portò via qualsiasi entusiasmo. Osservò lo svolgersi dei combattimenti con attenzione, senza che però l'esaltazione del pubblico la contagiasse come la volta precedente. Non essere più l'unica non era una consolazione che reggesse il confronto con ciò che aveva perso.
Gli spettacoli finirono poco prima del tramonto, con il trionfo di un gladiatore con il petto pieno di tatuaggi e le braccia muscolose solcate da graffi più o meno profondi. Il suo avversario, un uomo con una coda di cavallo ormai sfatta e una spada a lama ricurva al suo fianco, gli strinse la mano. Nemeria non aveva seguito lo scontro, ma per quel poco che la sua mente aveva colt, non era stato particolarmente esaltante. Tutta la cavea però applaudiva e inneggiava alla morte o supplicava per la vita, come se le loro grida avessero davvero un peso sulla decisione finale.
“Pane e giochi.”
Adesso cominciava a capire cosa avesse voluto dire Tyrron. Era difficile da accettare, ancor più complicato da applicare, ma la realtà era ben più semplice di quello che si era figurata. La squallida e dura realtà al di fuori della tribù si basava sulla legge del più forte, in un gioco dove tutti interpretavano un ruolo ben preciso per conservare quel poco che si erano guadagnati.
“Imparerò a recitare anche io. Devo.”
Lasciarono l'arena assieme alle altre centinaia di spettatori. Nonostante l'angoscia serpeggiasse tra le sue viscere, Nemeria non scorse alcuna ombra sospetta a seguirli, ma con il cuore pesante che le gravava nel petto non riusciva a prestare la dovuta attenzione a ciò che la circondava: se il predone avesse deciso di attaccarla in quel momento, non era sicura che sarebbe stata in grado di difendersi.
Giunsero alla Scuola sani e salvi. Ad accoglierli fu il profumo del riso e dei funghi appena cotti. Nemeria si sarebbe volentieri diretta in camera, ma Morad sapeva che era ora di cena e che lei era dall'ora di pranzo che non toccava nulla.
- Riferirò al padrone che ti sei comportata in modo esemplare. Ne sarà contento, anche se era più che sicuro che non avresti fatto sciocchezze. - le promise Bahar.
Morad taceva. Nemeria si sentiva sotto esame, eppure non le interessava granché di quello che avrebbe pensato o riportato a Tyrron. Voleva soltanto mangiare e tornare in camera a dormire.
- Allora... alla prossima volta. - si sforzò di sorridere.
- Alla prossima volta! - la salutò Bahar.
Nemeria fece un cenno a Morad e si voltò per dirigersi al refettorio. In quel momento, una Ver'ilef con le orecchie adornate con orecchini d'ossa uscì. Camminava al fianco di Reza e si scambiavano battute sagaci, che portavano il riso a entrambi. Bastò che girasse la testa nella sua direzione perché i loro sguardi si incontrassero.
“Roshanai.”
Un brivido freddo la pervase e le ferite sulla schiena pulsarono, come appena inferte. Gli occhi della donna sfolgorarono come tizzoni ardenti e la bocca si aprì su un sorriso ferale. Anche se non la poteva udire, a Nemeria bastò il movimento delle labbra per capire cosa le stesse dicendo.
- Domani sei mia. -
Nemeria deglutì. Le gambe tremavano e aveva il cuore a mille. Le scale erano lì, a portata, con uno scatto poteva raggiungerle e rintanarsi nella sua stanza. Ma si rifiutò di dare ascolto all'impulso. L'aveva già sconfitta una volta, perciò qualsiasi cosa avesse in serbo per lei, per quanto le facesse paura, poteva sopportarla.
- Ti aspetto. - scandì con voce salda, in modo che tutti lo sentissero.
Reza si girò e Roshanai la fulminò con lo sguardo. Rallentò il passo e Nemeria pensò che l'avrebbe attaccata, ma la Syad del fuoco proseguì oltre. Nemeria prese fiato e si guardò le mani. Erano calde, più del normale. La forza dell'elementale, anche se debole, era presente.
- Mi sa che ti sei fatta una nuova nemica. - notò Morad con una punta di divertimento.
- Allora la affronterò. - dichiarò decisa.
PICCOLA, PICCOLISSIMA NOTA AUTRICE
Buongiorno! Avevo scritto che non sarei riuscita ad aggiornare, ma la connessione regge e quindi niente, capitolo puntuale online u.u Vi scrivo solo per dirvi che ho terminato la revisione (sì, stavo rileggendo tutto Fighting Fire perchè vorrei mandarlo a qualche editore). Nei prossimi giorni cambierò i diversi capitoli pubblicati quindi riceverete un bel po' di notifiche, ma i giorni dell'aggiornamento rimangono sempre il martedì e il venerdì. Non è cambiato niente nella revisione, solo un po' la forma, quindi state tranquilli, non ho cancellato personaggi xD Enniente, vi ringrazio ancora per tutto il vostro sostegno. Davvero, grazie. È anche grazie a voi che ho deciso di provare a mettermi davvero in gioco.
Un bacione
Hime
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Fighting Fire
FantasyPRIMO LIBRO DELLA SAGA "JINIAN" "Un bambino è la forma più perfetta di essere umano." (Vladimir Nabakov) Nemeria è una bambina come tante, se non fosse che è una Jinian, una figura leggendaria capace di dominare i quattro elementi. Sotto la guida de...