La prima volta[1/4]

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Guardiamo una cosa mille volte; forse dovremmo guardarla un milione di volte prima di vederla per la prima volta

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Guardiamo una cosa mille volte; forse dovremmo guardarla un milione di volte prima di vederla per la prima volta.

(Dylan Thomas)

La notte, Nemeria non chiuse occhio. I tagli sulla schiena e il dolore che da essi scaturiva la tormentarono, scacciando il sonno alla stregua di una iena affamata con uno stormo di avvoltoi. Strinse la pietra di luna finché il braccio non iniziò a formicolare, e mantenne la presa anche dopo aver perso sensibilità nelle dita. Pregò in silenzio che la Madre la conducesse nel regno dei sogni, senza nemmeno la forza di singhiozzare, respirando così piano che l'aria le sibilava appena tra i denti. Tuttavia, pure nei momenti in cui la Dea si dimostrava misericordiosa, il dolore la seguiva come un segugio implacabile, sempre sulle sue tracce: ringhiava, le azzannava gli arti e la dilaniava, incurante delle sue urla di aiuto, mai sazio, mentre attorno a lei, accompagnate dalla risata irridente di Mina, danzavano le ombre di Etheram, Rakshaan, Hedyie e di tutti i morti e i vivi che aveva deluso. C'era anche il predone, nascosto tra i fantasmi, si muoveva silenzioso come uno spettro, una sagoma nera contornata da un alone bianco su uno sfondo rosso insanguinato. Quando il pugnale calava sulla sua gola, Nemeria apriva gli occhi.

Noriko era lì, seduta al suo capezzale. Le passava una pezzuola umida sulla fronte e poi sulla schiena, sembrava sempre sapere dove tamponare. Talvolta, al suo fianco compariva Nande e nell'aria si diffondeva un fresco profumo di salice e iperico.

Quando, al sorgere del sole, il gallo cantò, il dolore l'aveva lasciata esanime sul materasso impregnato di sudore. Con le zanne arrossate si era ritirato sotto pelle, un graffiare sordo che si concentrava sulle scapole e sulla spina dorsale. Nel momento in cui si alzò, le tremarono le labbra nel tentativo di trattenere un gemito. Quando Nande tornò per cambiarle i bendaggi, ricacciò indietro le lacrime e sopportò stoicamente.

- Appoggiati a me. -

Noriko le offrì il braccio e Nemeria dovette fare un enorme sforzo per scuotere la testa.

- Non mi sembri in condizioni di fare l'orgogliosa. -

- Non è questione di orgoglio. Ti sei occupata di me tutta la notte, non... -

La ragazza inclinò la testa: - Non? -

- Voglio farcela da sola, almeno ad arrivare a colazione. -

Non aveva mentito, ma distolse comunque lo sguardo. Era stanca di sentirsi vulnerabile, più di quanto non fosse disposta ad ammettere.

Trasse un sospiro di sollievo quando Noriko ritirò il braccio e le fece cenno di seguirla.

Il refettorio si trovava al piano terra ed era uno spazio circolare, illuminato dalla luce opaca del sole. Le cucine erano state relegate in fondo. A dividerle dall'ambiente chiassoso e dal vociare dei commensali c'era solo una porticina di legno rinforzata in ferro. Le guardie, almeno una decina, stavano dritte vicino alle pareti e tenevano sott'occhio i gladiatori che si alzavano per andare a prendere la prima o, addirittura, la seconda razione di pane e formaggio di capra.

Non appena entrarono, il cicaleccio diminuì fino a svanire. Nemeria si ritrovò gli occhi di tutti addosso e rimase paralizzata sul posto. Si guardò intorno con aria spaurita, occhieggiandoli, in attesa che accadesse qualcosa che sciogliesse il silenzio di ghiaccio che era piombato nel refettorio.

- Andiamo. -

Il tocco familiare e risoluto di Noriko le trasmise la determinazione sufficiente per riprendere a camminare. L'amica irradiava un'aura di sicurezza che traspariva a ogni suo passo e si espandeva come una bolla attorno a lei, avvolgendo sia se stessa che Nemeria. Al fianco di Noriko le veniva più semplice ignorare le occhiate degli astanti, come se non pesassero più, ridotte al solletico di una piuma sulla nuca.

- Tieni, questo è il tuo. -

Noriko le porse il vassoio con una ciotola con una pappa di farro, orzo e fagioli, accompagnata da tre fette di pane imburrate. Il cucchiaio, il bicchiere e il vasetto di miele erano di legno, così come il resto. Nonostante l'aspetto non appetitoso, Nemeria ci si fiondò non appena si sedettero. Vicino a loro gli sgabelli erano vuoti.

- Dovresti mangiare più lentamente. Masticare bene ogni cosa aiuta la digestione. -

- È che ho fame... -

- Lo so, ma sarebbe meglio che mi dessi retta. - la fissò in tralice da sotto le ciglia rosse, - Questo è il nostro pasto e dovremo farcelo bastare fino all'ora di pranzo. -

Nemeria si fermò prima di addentare la fetta di pane.

- Di solito, se vai in cucina a chiedere qualcosa da mangiare, non ti fanno storie, di fagioli e verdure ne hanno in abbondanza. Sayuri ci terrà lì finché non avremo finito tutti gli esercizi. - assaggiò la minestra e solo dopo averla assaporata ingoiò l'intera cucchiaiata, - È capitato un paio di volte che non si fermasse, nemmeno alla pausa pranzo. -

- E nessuno dice nulla? -

Noriko fece spallucce: - È la maestra, la syad dell'aria. Può fare ciò che vuole, basta che siamo in grado di far divertire il pubblico quando ce lo chiedono. -

Nemeria chiuse le dita a pugno e inspirò piano. Anche Etheram, quando aveva dovuto intraprendere il Primo Sentiero, quello che per lei era rappresentato dell'elemento dell'aria, si era sottoposta a un'alimentazione molto rigida a base di verdura, frutta e, quando possibile, cereali. Nemeria la ricordava mentre mangiava una minuscola ciotola di patate e frumento, mentre lei, sua madre e suo fratello si godevano dolci a base di liquirizia e zucchero.

- "Sii moderato con il cibo e non gravare il tuo corpo con pesi inutili, dagli solo quello che richiede, ed esercitati nel digiuno quando è indebolito." - Noriko sorseggiò il bicchiere d'acqua, - È questo il suo motto. Non basterà la tua protesta a indurla a provare pietà, anche perché non è l'unica a pensarla così. -

- Chi altri la sostiene? -

"Chi è il pazzo?"

- La conoscerai. Si chiama Ahhotep, era un membro della banda dei Falchi. -

Il boccone le andò di traverso. Per riprendersi, Nemeria dovette trangugiare un intero bicchiere d'acqua.

- Qualcosa ti preoccupa? -

- Era... era... -

Non riusciva nemmeno a mettere insieme le parole, l'agitazione e la paura le distanziavano prima che potessero comporsi in frasi. Gli squassi della tosse le causarono una fitta di dolore così acuta da farla tornare in sé.

- Quando li ho incontrati la prima volta erano al loro limite, avevano gli occhi neri come quelli dei Jin. -

- Solo Shaya e Unal, infatti sono stati abbattuti. Non hai sentito la notizia? Ha destato non poco scalpore. -

Nemeria scosse appena la testa.

- Sei disattenta. -

- Sono solo... - deglutì un altro boccone, - Dimmi cosa è successo e basta. -

- I Kalb li hanno dovuti uccidere. Li avevano quasi catturati, quando i due hanno perso il controllo e si sono trasformati in Jin. Come hai detto tu, erano già al loro limite, la lotta per la fuga ha solo rotto una diga già da tempo crepata. -

- Hanno fatto del male a qualcuno...? -

- Non ne hanno avuto il tempo, sono stati neutralizzati prima. So che ci è voluta una squadra di rinforzo per contenerli e che hanno ammazzato sei Kalb, ma i danni sono stati contenuti. - sbocconcellò la sua fetta di pane e rivolse lo sguardo altrove, - In ogni caso, ti allenerai con noi soltanto per qualche giorno, poi sarai affidata a Roshanai. -

- Quindi io e te non ci vedremo che la sera, giusto? -

Noriko annuì e il cuore di Nemeria inciampò nel petto. Non conosceva la syad del fuoco, ma se il suo temperamento era come quello del suo elemento, l'attendevano tempi molto duri.

- Su, andiamo, siamo già quasi in ritardo. -

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