La speranza ha due bellissimi figli: lo sdegno e il coraggio. Lo sdegno per la realtà delle cose; il coraggio per cambiarle.
(Sant'Agostino)
La mattina seguente, Noriko venne a svegliarla di buon'ora. Era già vestita di tutto punto, con una semplice stola e un corto mantello allacciato sotto il collo con una fibbia arrugginita. La tana era silenziosa, non si udiva nemmeno il chiacchiericcio di Afareen e Chalipa.
- Muoviti a vestirti, lumaca. - l'apostrofò Noriko.
Con ancora gli occhi socchiusi e senza smettere di sbadigliare, Nemeria rovistò tra i suoi vestiti ed estrasse il primo che le capitò sotto mano. Si sentiva stanca, la notte precedente non era riuscita a dormire. Il sonno era andato e venuto, contendendosi il suo corpo con la paura di scorgere mostri acquattati nel buio, figure grottesche che la inseguivano fino alle catacombe, armate di daghe insanguinate. Nell'ultimo incubo, Nemeria aveva assistito di nuovo al massacro di tutti i membri della famiglia. A nulla erano valse le urla, le suppliche. I mostri si erano fermati solo quando intorno a sé Nemeria aveva visto le ombre dei cadaveri dei suoi cari. Poi era arrivato il suo turno e i nemici avevano cominciato ad accanirsi su di lei. L'avevano colpita un paio di volte, prima che si svegliasse di soprassalto con il sapore salato delle lacrime in bocca e la pelle ricoperta di sudore freddo. Era scoppiata a piangere tra le braccia di Noriko, accorsa al suo fianco richiamata dai lamenti e dai gemiti di terrore, e la ragazza l'aveva tenuta stretta al suo petto finché la stanchezza non l'aveva di nuovo sopraffatta. Quel comportamento un po' le aveva ricordato Etheram quando la vedeva giù di morale e Nemeria faceva di tutto per nasconderlo: alla fine, puntualmente, le rivelava sempre ogni cosa e allora sua sorella l'avvolgeva in abbracci stritolanti che avevano il potere di scacciar via i pensieri negativi.
Mentre si vestiva, non le sfuggirono le occhiate che di tanto in tanto Noriko le lanciava. Poteva leggere una certa apprensione nei suoi occhi, ma forse si sbagliava. Ad ogni modo, decise di dire qualcosa, quel silenzio era snervante.
- Grazie per ieri sera. Non cambia l'opinione che ho di te, ma sei stata gentile. Mi hai sorpresa. - ammise, indossando ai piedi un paio di campagi neri bucati.
Noriko fece spallucce e spostò il lembo della tenda per assicurarsi che fuori non ci fosse nessuno.
- Chi è Hediye? - chiese poi di punto in bianco.
Le mani di Nemeria si immobilizzarono a mezz'aria e la penula cadde ai suoi piedi. Si inginocchiò di scatto, la raccolse e tentò di infilarsela, ma le dita si erano improvvisamente intorpidite e sembravano muoversi a rallentatore, come se le avesse tenute troppo a lungo sotto la neve.
Un sospiro precedette dei passi. Noriko le arrivò alle spalle, girò la mantellina nel verso corretto e sistemò il cappuccio e la stoffa in modo che non ci fossero grinze.
- Ti do una mano a pettinarti, sei lenta. -
Prese il suo pettine d'osso e cominciò a lavorare. Nemeria si morse le labbra, in attesa di sentire i capelli tirarsi e poi spezzarsi al primo nodo, ma non accadde, nemmeno quando i denti del pettine si impigliarono in un grumo di fango solido come un sasso. Noriko, dopo un paio di tentativi, semplicemente si allungò, prese dell'acqua dall'otre vicino alla sua stuoia e si bagnò entrambe le mani, per poi passarle sulla ciocca e massaggiarla finché i palmi non divennero neri. Nemeria osservò i movimenti con la coda dell'occhio, ipnotizzata dalla loro delicatezza e cura.
- Non volevo spaventarti, prima. Hai urlato il nome di Hediye più volte stanotte, per questo ho domandato. Doveva essere una persona molto importante per te. -
Senza perdere la presa sui capelli, si chinò e prese un cordoncino di cuoio intrecciato. Dopo un momento d'esitazione, Nemeria annuì e basta, lasciando intendere che quella conversazione sarebbe morta lì. Non voleva che Noriko sapesse, anche se era stata gentile non si fidava ancora. I mortali erano cattivi, questo le era stato insegnato, ma quell'affermazione, ripetuta dalle Anziane della tribù, si sciolse pian piano sotto le mani esperte e veloci di Noriko mentre le intrecciava i capelli.
La rossa non insisté e finì il suo lavoro un minuto più tardi. Quindi si tirò su e la guardò dall'alto.
- Ecco fatto. Forza, abbiamo già perso abbastanza tempo. -
- Dove andiamo? -
- Da un amico che mi deve un favore. Risparmia il fiato, ci sarà da camminare. -
Noriko uscì dalla tenda con lo zaino sulla schiena, Nemeria dietro di lei che incespicava tentando di mantenere il passo sostenuto della compagna. Quest'ultima non sapeva come facesse a camminare a quella velocità senza fare rumore, i suoi piedi sembravano non appoggiarsi mai al terreno e ogni volta che si imbattevano in un ostacolo lo aggiravano con grazia felina prima di andarci a sbattere. C'era una leggiadria intrinseca in Noriko, qualcosa che a Nemeria ricordava Etheram e tutte le Jinian che dominavano l'aria.
- Dove hai imparato a muoverti così? -
- Dal mio maestro. -
- Avevi un maestro? E lo ha insegnato solo a te oppure anche ad altri? -
- Ai bambini che vivevano nel tempio. -
- Quindi Hirad non scherzava quando diceva che nell'Ukyio-e insegnano a combattere a tutti. -
- Attenta al topo. -
Quando Nemeria sentì le zampette del ratto correrle su per il piede per poco non cacciò un urlo. Inspirò ed espirò finché non si fu calmata, poi scattò per raggiungere Noriko. L'unica fonte di luce era la lanterna che si erano portate dietro, ma non riusciva a tranquillizzarla. Anche quando girava per le gallerie con Hirad sobbalzava ogni volta che si trovava faccia a faccia con un ragno o un topo la sfiorava, però bastava che il ragazzo parlasse per farla riprendere dallo spavento. Noriko invece era taciturna e procedeva senza mai voltarsi indietro. Eppure, nonostante il silenzio che regnava tra di loro, Nemeria non aveva paura.
- Perché te ne sei andata? - tornò alla carica, curiosa di conoscere qualche dettaglio in più sul passato di Noriko.
- Fai sempre così tante domande alle persone che ti stanno antipatiche? -
- Non sei obbligata a rispondere. - borbottò imbronciandosi.
- Quanti anni hai detto di avere? -
- Undici... - Nemeria si interruppe, folgorata da un dubbio, - Che giorno è oggi? -
- Il trentesimo di Amat. -
- Allora ne ho dodici. -
- Quando li avresti compiuti? -
- Circa tre settimane fa, ma mi è passato di mente. -
Si rigirò la pietra di luna tra le dita e si sentì assalire da una profonda tristezza. Se non fossero stati attaccati, avrebbe iniziato l'addestramento per diventare una Jinian, probabilmente intraprendendo come prima via quella dell'acqua o dell'aria. Etheram sarebbe stata al suo fianco, l'avrebbe tenuta per mano assieme a Hediye e Rakhsaan mentre attendeva che l'Alta Sacerdotessa e le Anziane la chiamassero per la "Sheranti", il rituale con cui avrebbe cominciato ufficialmente il suo percorso verso la perfezione di se stessa.
Posò la mano sulla pancia, all'altezza dell'ombelico, percependo la levigatezza della pelle sotto il tessuto, una pelle che sarebbe rimasta così per sempre, senza le cicatrici, i tagli e le bruciature di una vera Jinian.
Noriko sospirò e le cinse le spalle con un braccio. Ancora una volta, Nemeria rimase spiazzata da quel gesto, che mal si conciliava con l'espressione imperscrutabile della sua compagna.
- Aumenta il passo o non arriveremo mai in tempo. -
"In tempo per che cosa?" avrebbe voluto chiedere Nemeria, ma tenne la domanda per sé e lasciò che il calore di Noriko le scaldasse anche il cuore, crogiolandosi in quell'abbraccio che tanto la faceva sentire al sicuro.
Nelle ombre proiettate sui muri delle gallerie, talvolta le parve di rivedere i volti dei membri della tribù che la studiavano, lupi affamati pronti a ghermirla, ma le bastava stringere appena le dita per avvertire la presenza di Noriko e relegare i fantasmi nelle tenebre al di fuori del cerchio luminoso.
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Fighting Fire
FantasyPRIMO LIBRO DELLA SAGA "JINIAN" "Un bambino è la forma più perfetta di essere umano." (Vladimir Nabakov) Nemeria è una bambina come tante, se non fosse che è una Jinian, una figura leggendaria capace di dominare i quattro elementi. Sotto la guida de...