La giornata più lunga [4/4]

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Capì che se n'era andata quando l'odore di pelle bruciata sotto il collare la sopraffece. Si dovette appoggiare alla parete per quanto le tremavano le ginocchia.

"Durga... devo cercare Durga."

Aspettò che la vista si stabilizzasse prima di compiere alcuni passi. Non doveva essere andata lontano, o quantomeno lo sperava. Ispezionò il portico e il campo d'allenamento dell'aria, senza alcun risultato. Quindi decise di andare in avanscoperta negli altri tre corridoi, che presumeva portassero a quelli degli altri tre elementi.

Andò verso nord e percorse il corridoio contornato ai lati da colonne. L'acqua sgorgava dai capitelli e scorreva lungo di esse, per poi incanalarsi nelle venature scavate nella pietra. L'umidità saturava l'ambiente, era così intensa da darle dei capogiri. Nemeria proseguì fino al campo vero e proprio, uno spazio avvolto dal buio, dove lo scrosciare dell'acqua era un rombo nel silenzio.

- Durga! -

Nessuna risposta.

Attese un po' prima di andarsene e infilare il corridoio che conduceva al campo del fuoco. Qualcuno aveva disposto dei treppiedi e la luce ambrata della brace spandeva un alone aranciato sulle colonne tozze e rosse, simili a tronchi levigati. Nemeria lo percorse tutto, finché non arrivò al campo dove si allenava con Sayuri. Non c'erano posti dove nascondersi, ombre che potessero celare alcuna presenza se non quella degli incubi.

Eccola di nuovo, la paura, la sua vecchia amica. Un brivido le arricciò i peli sulle braccia.

"Non c'è nessuno qui" si disse, ma non aveva il coraggio di compiere un solo passo in più: il vuoto del buio, esteso in quel campo così grande, le gelava le ossa. Tornò indietro quasi correndo. Solo dopo aver ripreso fiato, imboccò quello che si trovava di fianco al campo dell'acqua, un corridoio con le pareti dipinte di verde e un acciottolato sregolato come pavimento, che si apriva in una stanza esagonale. Piante rampicanti invadevano le pareti e penetravano all'interno della ragnatela di crepe, simili a vene incise nella roccia, come in cerca di una via di fuga. Si chiamavano Gemme del Firmamento ed erano le uniche forme di vita che potessero sopravvivere nel deserto. Nemeria scorse le curve delle loro radici nodose che penetravano nella sabbia. Era un luogo che offriva spazio alle danze delle ombre sulle rocce e sulle foglie delle Gemme che ciondolavano dalla cupola.

- Durga? -

Si girò di scatto, in tempo per vedere Noriko entrare tutta di corsa. Si fermò di colpo, non appena si accorse che lei era lì, a pochi piedi di distanza. La treccia si era in parte disfatta e i ciuffi le ricadevano scomposti ai lati delle guance e sulle spalle.

- Perché? - chiese cauta e Nemeria intuì subito a cosa si riferiva.

- Perché l'ha ferita. - rispose, trattenendosi dall'aggiungere "Non è ovvio?".

- Mi avevi promesso che non avresti attirato l'attenzione su di te. -

Nemeria non abbassò lo sguardo. Inspirò piano e accorciò la distanza che le separava di qualche passo.

- Non potevo rimanere con le mani in mano. Hai visto com'è scappata via? Che bisogno c'era di essere così brutale, di sbatterle in faccia i fatti in quel modo? -

- Il rapporto tra Durga e Ahhotep non ti riguarda, Nemeria. Durga sarà anche una bambina, ma Ahhotep ha quindici anni: che se la veda lei. -

- Durga è mia amica. -

- La conosci da ieri. -

Nemeria incassò, presa in contropiede. Ma come poteva rimanere impassibile davanti a ciò che era successo?

- Io... voglio solo che non pianga. So che qui dentro ci sono delle regole diverse da quelle che ci sono là fuori, ma sono scoppiata quando Ahhotep ha detto quelle cose. Non è giusto che lei sia qui, non è giusto che debba combattere contro i suoi amici e trasformarsi in un Jin. È troppo piccola! -

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