13 Sloan

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“Ehi, com’è andata la partita?” Mio padre chiede, ma Sam lo ignora andandosi a rifugiare nella sala interna dedicata al personale. “Hanno perso di nuovo?” Continua, non appena Sam non può sentirci, sa che è molto suscettibile al riguardo. Poso la borsa dietro al bancone della hall e mi siedo sulla poltrona. “Ce l’ha con me. Voleva restare con gli altri, pranzare al Veldons.” “In quel locale di merda? Neanche una pinta mi faccio versare da quei due.” “Voleva stare con i ragazzi della sua età, papà.” “E non poteva?” “Non mi va che stia sempre con i Brennan.” “Oh mio dio no, quel tipo strano tutto agitato non mi convince proprio.” “E ora mi odia.” “Odiare, adesso… Ha dieci anni, neanche lo sa cosa vuol dire odiare una persona.” “Sto sbagliando tutto.” “Sei una madre single che lavora.” “E lei è mia figlia, dovrebbe venire prima di ogni altra cosa.” “Non è colpa tua se siamo rimasti solo noi” dice con un tono colpevole nella voce. “Non volevo dire questo.” Mi pento subito di aver aperto bocca. Mio padre mi sorride triste e mi dà una pacca sulla spalla. “Lo so.” “Non mi pesa quello che faccio, davvero.” “Non devi giustificarti, tesoro. È difficile per tutti, tranne che per quel perditempo di tuo fratello.” “A proposito, dov’è? Avevo chiesto a lui di stare al banco durante la partita.” “Come parlare al muro.” “Dio, non posso contare su nessuno!” Sbotto. “Su di me, sempre” mio padre stringe la presa sulla mia spalla e io poso la mano sulla sua. “Hai mangiato, almeno?” “Non ancora.” “Vado a vedere se Mary può prepararti qualcosa al volo in cucina.” “Grazie, sto morendo di fame. E sono sicura che anche Sam avrebbe voglia di qualcosa. Potresti chiederglielo tu, per favore?” “Certo, nessun problema.” “Grazie, papà, sei il migliore.” “Non dirlo in giro, non voglio che si sappia.” Sorrido mentre lui si allontana e finalmente prendo un profondo respiro, il primo da questa mattina. La domenica è sempre così. Sam ha la sua partita, il pre partita e il post che purtroppo è costretta a saltare, salvo casi eccezionali, ma la domenica è anche il giorno in cui siamo praticamente soli in hotel, fatta eccezione per Mary e Lou in cucina e per i camerieri che si occupano del pranzo. Non è alta stagione questa e non possiamo permetterci di avere del personale in più, così cerchiamo di dividerci tutto il lavoro tra di noi, mio padre, mio fratello e io. Di solito io mi occupo del rapporto con la clientela, sono al banco, prenoto cene o eventi, raccolgo lamentele e per fortuna, colleziono anche complimenti. Mio padre si occupa dell’amministrazione, dei conti, degli ordini e dei resi. Mio fratello Silas è assegnato alla parte ricreativa: escursioni, sport, visite guidate, ma durante la bassa stagione che purtroppo vede la sezione sportiva scemare, gli tocca occuparsi anche del lato prettamente alberghiero, quindi coordinare camerieri, assicurarsi che tutto nelle camere funzioni e che nessuno resti senza asciugamani o saponette profumate. Lo capisco, non è il suo ruolo e non è emozionante, ma siamo in tre e bisogna coprire ogni settore. In realtà in famiglia siamo cinque, ci sono anche le mie due sorelle, ma loro hanno deciso di non far parte dell’azienda e di seguire ognuna la propria strada lontano da qui. Silas e io siamo rimasti incastrati. Siamo i più giovani e forse i più attaccati al nome, alla tradizione, a questi luoghi. A quello che siamo. Anche se a volte penso che se Silas non avesse avuto me a trattenerlo, avrebbe fatto una scelta diversa. Non che io gli abbia chiesto di restare, ma noi siamo legati, molto più di due semplici fratelli. Siamo gemelli, sentiamo tutto e viviamo tutto quello che vive anche l’altro. E poi Silas è innamorato di Sam. L’ha amata da subito, dalla prima volta in cui l’ha vista e io sono fortunata ad avere lui e ad avere mio padre con noi, altrimenti non saprei dove sbattere la testa. “Il coach ha fatto schifo anche oggi?” La sua voce da sopra il bancone mi fa subito sorridere. “La vuoi piantare?” “Che ho detto?” Scrolla le spalle innocente e poi viene all’interno, poggia le mani sui braccioli della mia poltrona girevole e mi fa roteare su me stessa, prima di bloccarla e di avvicinarsi per darmi un bacio. “Dov’è la mia donna?” “Dentro” indico con la testa la sala interna. “Con una delle sue crisi pre adolescenziali.” “La mia specialità.” Alzo gli occhi al cielo e mi rilasso contro lo schienale. “Dove eri finito? Ti avevo chiesto di stare al banco al posto mio.” “E ci sono stato, ma mi annoiavo a morte, così sono andato a fare un giro.” Guardo i suoi stivali infangati. “A cavallo?” Mi sorride. “Non possiamo lasciare papà a preoccuparsi di tutto.” “Sono stato via solo mezz’ora, quarantacinque minuti al massimo.” “E non potevi attendere il mio ritorno?” “Non sapevo quanto ci avresti messo, non volevo perdermi gli ultimi raggi di sole.” “Quanto tempo avrei dovuto metterci?” “Non lo so, magari potevi trattenerti.” “A far cosa?” “Devo dirtelo io?” “La smetti con questa storia?” “Io lo farei, ma tu non ne vuoi sapere.” “Per favore, Silas, non oggi.” “Perché? È successo qualcosa?” “Cosa vuoi che sia successo” dico amara. “Non serve a un cazzo quell’uomo.” Sorrido mio malgrado. “Dovrei proprio dirgli due parole.” “Ti prego, no.” “Una spintarella?” “Ti ricordo che ho provato a dargli molto di più di una spinta e non è servito.” “Ma questo è stato… Quando? Dieci anni fa?” Qualcosa percorre veloce il mio stomaco. “Forse qualcosina in più.” “Non ha senso adesso parlare di questa storia.” “Però lui continua a esserci.” “Siamo amici.” “Lo so” Silas si siede sul bancone interno. “Ma vedi, la cosa che mi preoccupa di più è che non ne hai altri.” “Questo non è vero.” “Non quel tipo di amici.” Sospiro pesante. “E ho paura che non ne avrai mai.” “Forse non ne voglio altri, ci hai mai pensato?” Dico più dura di quanto io stessa mi aspettassi. “Forse mi è bastato quello che ho avuto.” “Tu non hai avuto niente, Sloan.” “Ho avuto Sam.” “Ed è l’unica cosa buona che ha fatto quel bastardo nella sua vita.” “Non è il momento, questo.” “Scusa, non volevo” si alza e si inginocchia davanti a me, posando le mani sulle mie gambe. “Ho paura che ti sia comoda quest’amicizia, come la chiami tu.” “Che vuoi dire?” “Crogiolarti in questa cosa che sai non avere futuro, ti fa sentire al sicuro.” Scuoto la testa confusa. “Sai che il coach non lo farà quel passo e a te sta bene, perché neanche tu sarai mai pronta a farlo.” “Questo non puoi saperlo” distolgo lo sguardo. “Vuoi dirmi che non è così?” “Non lo so com’è, Silas. So soltanto che ho fatto uno sbaglio enorme e che non voglio farne altri. E ho proprio paura che lui sia quel tipo di errore che non posso permettermi più di commettere.”

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