35 Reid

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Capisco che qualcosa non va già dal suono della sveglia. Di solito la spengo subito, dopo i primi cinque secondi e di solito non mi provoca questo fastidioso senso di martellamento continuo nelle tempie e ancora, di solito non ho voglia di spaccarmela sulla testa per non sentire più quel suono e contemporaneamente per non soffrire più. Apro gli occhi e il dolore perforante aumenta, sembra un trapano incaricato di penetrare il mio cervello dalla parte A alla parte B, dove A è la tempia destra e B quella sinistra. Mi giro su un fianco e provo a buttarmi a terra, ma riesco solo a soffrire e lamentarmi ancora di più. Cosa diavolo sta succedendo? Mi rimetto supino e prendo il cellulare dal comodino, quando clicco sul tasto centrale e il display si illumina, credo di aver perso tutte e due le cornee e parte del mio lobo frontale nello schianto contro un meteorite o qualcosa del genere. O forse sono semplicemente morto e questo è il prezzo da pagare per essere stato uno stronzo con il prossimo durante la mia vita. Eppure questi segnali mi sembrano vagamente familiari, come degli avvertimenti, oserei dire dei sintomi… Ed è lì che realizzo: mi sono ammalato. E ora che cazzo faccio? Non posso arrivare al bagno dove ci sono i medicinali perché credo che se provassi ad alzarmi dal letto finirei con la faccia per terra e ci mancherebbe solo la vista del sangue che fuoriesce dal mio naso per completare questo quadro idilliaco che mi si presenta davanti. E non posso chiamare nessuno, perché primo, non verrebbe nessuno a quest’ora, per me, figuriamoci, e poi c’è sempre il problema che in casa mia nessuno ha il permesso di mettere piede. Dunque, analizzando brevemente la situazione, sono fottuto, morirò solo nel mio letto di dolore e di stenti e i miei gatti mi mangeranno la faccia, come aveva predetto mia sorella Ellie. Per fortuna di gatti non ne ho, o almeno credo. In questo momento dubito anche di stare avendo questa conversazione con me stesso. Però in questo ragionamento senza senso qualcosa ho beccato, ne sono sicuro, il mio cervello funziona ancora parzialmente. Vediamo, ripercorriamo i punti salienti del mio discorso e… Ecco, ci sono. Ellie, lei è la mia salvezza. Provo a riafferrare il cellulare e con un solo occhio che sacrificherò per perorare la causa, cerco la chat con mia sorella, riesco solo a scrivere malato mandare aiuto tu non quello inutile e poi lo lascio cadere senza forze sul materasso, abbandonandomi al mio destino e sperando che qualcuno mi trovi prima che il mio corpo vada in decomposizione e che inizi a puzzare, o a qualcuno di loro toccherà anche l’ingrato compito di riconoscere il cadavere.

Quando sento qualcosa di fresco sulla fronte mi costringo a riaprire gli occhi. “Buongiorno, principessa.” “Avevo detto non quello inutile” mi lamento subito. “O me o Veldons.” “No, quello tende a rompere costole.” “Ecco, vedi? Non ti lamentare allora.” “Che diavolo ci fai qui? Speravo nel male minore.” “Ellie è incinta, razza di idiota. Vuoi attaccarle qualsiasi cosa tu abbia?” “E tu? Non gliela puoi attaccare dopo avermi toccato?” “Prima di tutto, ti ho toccato al massimo la fronte e poi a casa siamo tutti vaccinati.” “Che culo.” “Vedo che stai meglio” si alza dal letto. “Ma quale meglio, sto morendo e l’ultima persona che vedrò sarai tu.” “E chi avresti voluto vedere, sentiamo…” “Sono malato ma sono ancora in me.” Alex alza gli occhi al cielo e si siede di nuovo sul letto. “Ti ho portato delle medicine, sono qui, sul comodino, e ti ho fatto un tè con due fette di pane tostato.” “Mmm” mi lamento. “Non fare l’idiota, mangia e prendi le medicine. A mezzogiorno passerà Andy per darti un’occhiata. Io devo andare al lavoro.” “No, Andy no, per favore.” “Ringrazia che hai degli amici che si preoccupano per te.” “Non vi ho chiesto nulla.” “No, certo, tu non chiedi mai, ma vedi, quello inutile, come lo hai chiamato tu, è corso subito da te.” “Ora pure i sensi di colpa.” “Prendi le medicine e mangia. Ci sentiamo più tardi.” Afferro due pastiglie dal comodino e le ingoio con un sorso d’acqua, poi mi rimetto giù sperando di morire prima che Andy venga a constatare il mio stato di salute. L’ultima volta che si è occupato di qualcuno che stava male ha rotto due costole a mio fratello, ed è pure innamorato di lui, non oso immaginare cosa possa farne di me.

“Sei sveglio.”
Andy se ne sta in piedi accanto al mio letto. “Non hai mangiato.” “Mmm.” “Ti ho scaldato una zuppa.” “Fottiti, tu e la tua zuppa.” “Non ci ho sputato dentro.” Volto la testa dall’altro lato, non ho la forza di controbattere. “Tieni” mi passa altre due pastiglie. “Ma vedi di mangiare almeno un paio di cucchiai, okay? O Ellie mi ucciderà.” “Sta manovrando i fili a distanza?” “Ovviamente, perché sennò sarei qui o perché pensi che Alex sia venuto stamattina all’alba?” “Non lo so, pietà?” “Non ci sperare.” “Questo si raccoglie a seminare odio.” “Questo si raccoglie quando fai lo stronzo con la famiglia.” Lo guardo. “Famiglia?” “Ingoia quelle pastiglie e vedi di non soffocarti, che poi mi tocca farti la manovra.” “Non vedi l’ora si romperle anche a me due costole, vero?” Andy scuote la testa e si avvia verso la porta. “Chi è il prossimo?” “Bastardo anche da malato.” “Nella sofferenza do il peggio di me.” Andy alza il dito medio e poi mi lascia di nuovo solo con il mio stato pre morte. Io mando giù altre due pastiglie e poi crollo esausto con la testa sul cuscino.

Una mano fresca e delicata si posa sulla mia fronte. Apro gli occhi lentamente e stavolta sono certo di essere morto, anche se credo che qualcuno abbia sbagliato qualcosa, perché non sono finito all’inferno come tutti mi augurano da circa vent’anni a questa parte. Sono in paradiso e non credevo che il paradiso potesse essere più bello di così. Ci deve essere stata un po’ di confusione, sicuramente un lavoro svolto da un sottoposto, un delegato. Vedete perché meglio farsele sempre da soli le cose? “Ti avevo detto di non starmi così vicino” mi sorride. “Sei morta anche tu e sei diventato un angelo, per caso?” Ride e poi posa un panno fresco sulla mia fronte. “Sono qui per prendermi cura di te e non me ne andrò fino a che non ti avrò rimesso in piedi.”

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