1 Reid

11 1 0
                                    

“Quindi mi stai dicendo che non sei nervoso” Shane dice ad Alex. “Per niente, perché dovrei esserlo?” “Forse perché stai per andare a vedere per la prima volta tuo figlio o tua figlia?” Shane incalza. “Vedere, ora… Non esageriamo. Si tratta solo di un’ecografia.” “Solo di un’ecografia, dice” Shane lo prende in giro. “Non capisco perché tutto questo clamore per una visita di routine.” Decido di intervenire, perché questi ragazzi non sanno premere i tasti giusti, cosa che modestamente io so fare benissimo. È un po’ il mio compito, innervosirli, puntare sulle loro debolezze, infierire. Sono uno stronzo per questo? Ovviamente sì, non perdete neanche tempo a porvi questa domanda. “In pratica oggi scoprirai il sesso di questo bambino” dico neutro. “Sì, con molta probabilità” Alex risponde ingenuo. “Scoprirai se sarà un maschio e vivrai finalmente tutte le cose che hai perso nei primi anni di vita di Justin, dato che è arrivato da te già cresciuto e svezzato.” Alex scrolla le spalle con poca convinzione. “Sarà la tua la prima faccia che vedrà, sarai la prima persona che imiterà” continuo disinvolto mentre tutti intorno a me restano in silenzio. “Suppongo sia così” dice, ma la voce già lo tradisce. Ah Brennan, sei così ovvio che quasi mi dispiace farti questo, ma prendere in giro te è una delle mie costanti e io alle mie abitudini ci tengo. “Ti guarderà estasiato mentre ti fai la barba e ti pregherà di cospargerlo di schiuma e di insegnargli a radersi e tu lo farai.” Qualcuno tira su con il naso. “Gli insegnerai a fare la pipì in piedi e a calciare la prima palla.” Persino le persone intorno hanno smesso di parlare, nel locale ormai c’è solo la mia voce che risuona da una parete all’altra. “E se sarà una bambina, non potrai fare tutte queste cose, certo, ma ti vestirai di rosa, te l’assicuro, e ti siederai al suo tavolino in miniatura e berrai del tè finto e mangerai torte fatte di fango.” Brian si appoggia con i gomiti al bancone rapito dalla mia descrizione della futura vita di Brennan. “E sarai il suo eroe, l’uomo che amerà più di ogni altra cosa al mondo.” “‘Fanculo Reid” Brian dice sollevandosi e scomparendo nel retro. Gli altri non parlano, sono rimasti tutti imbambolati. Devo dire che il racconto mi è venuto piuttosto bene, avrei dovuto provare con la carriera di attore, me lo dicevano a scuola che ero portato. Vado per il colpo di grazia, perché credo che Brennan non pianga da almeno una settimana ed è arrivato il momento di rimetterci in pari. “Fino a che non incontrerà un uomo che le farà perdere la testa e che te la porterà via” concludo, finendo il mio boccale. “Vaffanculo, Reid” Shane si alza contrariato, si asciuga gli occhi con il braccio e prende la sua giacca. “Sei davvero un bastardo.” Poi si avvicina ad Alex che è rimasto scosso dalla mia visione dei suoi prossimi diciotto anni, anno più anno meno. “Non dargli ascolto, lo sai che ama gongolare sui disastri altrui.” Alex guarda mio fratello. “Vuoi dire che mi aspetterà un disastro?” Rido e Andy scuote la testa in disapprovazione. “No, non volevo… Ah dannazione, Reid! Te la stai spassando, non è così?” “Non immagini quanto.” “Andiamo, Alex, torniamo al lavoro.” Alex si alza e segue mio fratello, mentre escono dal locale lo sento dire: “Sono fottuto in ogni caso, vero?” Rido mentre mi alzo anch’io. “Sei soddisfatto?” Andy mi chiede incrociando le braccia sul petto. “Avrei potuto fare di meglio.” “Perché lo fai?” “Perché era troppo tranquillo e quando si crogiola su se stesso non rende.” “Che vuoi dire?” Sospiro e poggio le mani sul bancone. “Alex dà il meglio di sé quando è sotto pressione. Lo so, non sembra vero, ma l’ho osservato in questi anni. Quello che lo frega è la tranquillità, credimi.” “Non ti seguo.” “Non potresti neanche se ti ci mettessi d’impegno” mi allontano e raggiungo la porta. “Sai che un giorno potrebbe capitare anche a te?” Lo guardo con condiscendenza. “Ne dubito.” “Dubito anch’io” Andy dice, “chi cazzo ti sopporterebbe? Ma sai a volte come vanno le cose. Guarda me.” “Tu hai avuto una fortuna sfacciata.” “Lo so.” “E vedi di non sprecarla” la frase mi esce troppo seriosa per i miei gusti ma ormai è venuta fuori non posso rimangiarmela o coprirla delle mie stronzate. “Cos’era, un avvertimento?” “Qualcosa del genere” apro la porta e una folata di vento mi fa rabbrividire. Mi chiudo nella mia giacca e faccio un cenno con la mano ad Andy prima di abbandonare il Veldons e di raggiungere il parcheggio dove l’auto di Shane è già andata via. Tanto per cambiare mi hanno lasciato a piedi. Sotto la pioggia. Con questo cazzo di freddo. Eppure non siamo neanche in inverno pieno ma questa è una delle gioie di vivere in una cittadina come questa. Mi guardo intorno in cerca di un passaggio e quando penso che mi toccherà farmela a piedi un clacson mi sorprende alle spalle. Mi volto per vedere la faccia di Sullivan che si sporge dal finestrino. “A piedi anche oggi?” “Che vuoi farci, sono dei burloni.” “Andiamo, ti porto io.” Faccio il giro dell’auto, apro lo sportello e mi accomodo accanto a lui. “Già la terza volta questa settimana.” Scrollo le spalle e mi allaccio la cintura. “Ed è mercoledì.” “Diciamo che non gradiscono molto i miei commenti.” Sullivan ride uscendo dal parcheggio. “Lo immagino.” “Magari dovrei iniziare a venire con la mia auto.” “O magari potresti essere che so, più comprensivo.” “Io lo sono sempre.” Mi guarda di sfuggita. “Cerco solo di spingerli.” “Ognuno ha i suoi tempi, Johnston.” “I loro sono troppo lunghi.” “I loro, dici?” Scuoto la testa e guardo fuori dal finestrino. “E dimmi, hai già fatto la tua consegna speciale, oggi?” Non gli rispondo e lui ci riprova. “Ne è passato di tempo.” “Anche per te mi pare.” “Oh ma io sono vecchio.” “Inizio a esserlo anch’io” sospiro rassegnato. “E poi per me ce n’è sempre stata una sola. Di donna, intendo.” Lo guardo diventare malinconico, Sullivan lo è sempre, soprattutto quando parla di sua moglie. “Un po’ come per tuo cognato.” “Brennan è un caso a parte.” Sullivan ride. “Vero, ma mi sembra che anche tuo fratello sia messo più o meno nella stessa situazione.” “Non me ne parlare, per favore.” “E tu?” “Io che c’entro?” “Non sei su quella barca verso la deriva?” “Ora pure le metafore” mi lamento. “Quanti anni sono?” “Non sono cose che ti riguardano, impicciati degli affai tuoi.” “Stavo solo facendo due chiacchiere.” “E poi la colpa è di questa cittadina, come si fa a guardare altrove se quello che ti offre è solo quello che hai davanti agli occhi da quando sei nato?” Sullivan parcheggia fuori dai cancelli dell’azienda. “Se avessi voluto guardare da un’altra parte lo avresti fatto” dice convinto di saperne una più del diavolo, ma io non posso dargli qualcosa con cui tormentarmi per la vita. Quindi lo mando gentilmente a quel paese, ringraziandolo per il passaggio, e me ne torno al lavoro in modo da portare a termine questa giornata e poi occuparmi come tutte le sere della mia consegna speciale.

the good manDove le storie prendono vita. Scoprilo ora