20 Reid

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“Tua madre ti lascia guardare questa roba?” “Se sono con un adulto, sì.” “E poi dormi la notte?” “Io sì, la mamma un po’ meno. Per questo la guardo con zio Silas.” “Come darle torto.” Mi alzo dal divano e mi stiracchio. “Vuoi qualcosa da bere?” “No, grazie, sono a posto così.” “Okay, io però ho bisogno di qualcosa” dico, dirigendomi verso la cucina sperando di trovare qualcosa di forte. “Vuoi che metto in pausa?” “No, che pausa” mi affaccio dalla porta. Non sia mai. “Faccio subito.” Mento. Spero sia l’ultimo episodio o vomiterò nella mia auto mentre torno a casa. “Ma tua madre si sa a che ora arriva?” Urlo dalla cucina, guardando l’orologio alla parete. “Come dici?” “Chiedevo se…” Il cellulare inizia a squillare. “Come non detto!” Concludo quando vedo che a chiamare è proprio Sloan. “Ehi” le rispondo subito. “Come andiamo?” “Di merda” sospira dall’altro lato della linea. “Il problema era peggiore di quello che pensavamo. Abbiamo dovuto chiudere altre due camere al piano di sotto, colava acqua dal soffitto, ti rendi conto?” “Cazzo!” “Esatto, cazzo!” “Posso fare qualcosa?” “Stai già facendo troppo.” “Ma va, non sto facendo niente.” “Ma se hai anche cucinato.” “Cosa? Hai le telecamere in casa?” Mi affretto a guardare verso gli angoli del soffitto. “Me lo ha detto Sam.” “Sam? E quando?” “Mi ha mandato dei messaggi.” Ah certo. Maledetto cellulare. Avevo detto che era una pessima idea. “Ma se non l’ho persa di vista neanche per un istante.” “Ha dieci anni. È più furba e più veloce di te.” Rido. “Ne avrò ancora per un po’” dice poi dispiaciuta. “Tranquilla, ce la caviamo.” “Scusami per averti bloccato per tutta la sera.” “Non dirlo neanche. Sto bene dove sto.” Sto bene qui, in casa tua, con tua figlia, tra le tue cose, a respirare il tuo odore. “Grazie, Reid. Sei unico.” “Per la fortuna del resto del genere umano.” “Sai che lo sei.” Respira piano. Io no, preferisco soffocarmi da solo. “Per me lo sei.” Lasciate stare. Non rianimatemi, non ne vale la pena. “Il martedì” dico d’istinto. “Come?” “Alle due.” No, Reid, tranquillo. L’ora delle goccine arriva presto. “Il martedì vai via alle due.” Ce l’ho fatta e senza aiuti. “Sì.” “Perché?” “Perché non c’è bisogno di me nel pomeriggio.” “Sai che non era quella la domanda.” “Devo andare.” Non vuole rispondermi e fa bene, neanch’io le ho dato la risposta che voleva prima all’hotel. “Cercherò di tornare il prima possibile.” “Ci troverai qui.” Chiudo la conversazione con un senso di ansia che non mi è familiare e che mi disturba non poco e che sono sicuro che non potrà che peggiorare una volta annaffiato con due dita di whiskey, ragion per cui decido di versarmene tre, tre e mezzo, prima di tornare di là da Sam. Prendo il bicchiere e mi avvio verso il salotto quando con la coda dell’occhio colgo uno strano movimento alla finestra. Mi avvicino e guardo fuori ma il giardino è immerso nell’oscurità. Dovrebbe far istallare quei fari con fotocellula che si illuminano al minimo spostamento. Mi allontano dalla finestra mentre quello strano senso di ansia risveglia un campanello che avevo messo a tacere tanti anni fa ma che ultimamente è tornato a suonare nella mia testa. Do un’occhiata veloce a Sam che se ne sta rannicchiata sul divano intenta a guardare la TV e mi reco verso la porta sul retro. Esco all’esterno e do uno sguardo veloce in giardino dove tutto sembra tacere, fatta eccezione per la pioggia che cade sull’erba e che provoca un leggero tintinnio. Resto in ascolto con gli occhi ben aperti per qualche secondo, poi mi decido a rientrare per tornare da Sam, ma quando spingo la porta e metto un piede all’interno, sento come il rumore dello sportello di un auto che si chiude provenire dalla strada esterna; poi il motore, i pneumatici sull’asfalto e la vettura che veloce si allontana, prima di sentire anche la presenza di Sam alle mie spalle. “A volte anche a me sembra che ci sia qualcuno” dice, aggrappandosi poi al mio braccio come se avesse paura di qualcosa. “Che vuoi dire?” “Soprattutto la sera. Mi pare di vedere qualcuno in giardino o di sentire dei rumori.” “Mmm.” “Ma la mamma dice che è la mia immaginazione, che mi faccio suggestionare dal buio, dai rumori della natura.” “E tu cosa pensi, invece?” Le chiedo serio, perché le sue dita stringono forte adesso. “Non lo so, forse… Che qualcuno ci spii?” Solleva lo sguardo su di me nel momento in cui guardo nei suoi occhi impauriti. “Sarà colpa di quelle serie che guardi in TV” sdrammatizzo. “Può darsi” le sue dita scivolano via dal mio braccio. “Ma a volte la sensazione resta.” Si allontana verso il salotto. “Sam?” La chiamo e lei si volta. “Non bisogna mai sottovalutare una sensazione” le dico serio mentre lei annuisce. “Se hai l’impressione di vedere o di sentire qualcuno, se credi che qualcuno vi stia spiando, non tenertelo per te.” Annuisce ancora. “Dillo alla mamma o allo zio Silas, okay?” “Okay.” “E se invece hai paura, se temi per la tua sicurezza o quella di tua madre” devo dirglielo, “vieni da me.” Mi guarda corrucciando la fronte, forse la sto spaventando ancora di più, ma deve saperlo. “Per qualsiasi cosa, Sam, vieni sempre da me.”

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