28 Reid

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L’ultima faccia che avrei voluto vedere mi accoglie senza tante cerimonie nella hall dell’albergo. “Non c’è” mi dice subito, incrociando le braccia sul petto e guardandomi con supponenza. “Puoi lasciare la cassa dove ti pare, io non ti ci accompagno di certo nel magazzino.” Sbuffo e mi dirigo accanto al banco della reception, mi piego sulle ginocchia e lascio la cassa per terra rasente il muro, di modo che non dia fastidio a nessuno, non credo che Silas si deciderà a toglierla di mezzo tanto presto. Per quel che so, non è uno a cui piace stare in albergo, è un po’ uno spirito libero, tradotto alla Reid, una testa di cazzo inutile. Torno verso di lui e cerco di essere gentile, ho bisogno di informazioni che a quanto pare solo lui può darmi. “E come mai ci sei tu, oggi?” “Si vede che si è stancata della tua faccia.” Alzo gli occhi al cielo ma desisto dal mandarlo al diavolo, almeno fino a che non mi dirà quello che voglio. “È successo qualcosa a Sam?” “Sam sta benissimo, è fuori con mio padre.” “Allora è successo qualcosa a lei?” Silas sospira profondamente. “Dammi un solo valido motivo per cui dovrei dirti dov’è mia sorella.” “Perché te lo sto chiedendo?” “Ritenta.” “Perché di solito la trovo qui a quest’ora e oggi stranamente non c’è?” “Hai un’ultima possibilità.” Sbuffo. “Dimmi solo se sta bene, okay?” Silas annuisce lentamente. “Non è la risposta che attendevo, ma la prenderò per buona e sia chiaro, non lo sto facendo per te.” “Non mi interessa per chi lo fai, basta che mi dici perché non è qui come ogni sera.” “Posso farti una domanda, prima?” “Stiamo parlando già troppo per i miei gusti.” Mi ignora e va avanti. “Cosa accadrebbe se un giorno arrivassi qui e non la trovassi ad aspettarti?” “Lei non mi aspetta.” “Non prendiamoci in giro, per favore, e non prendiamo in giro lei.” “Io non l’ho mai fatto.” “Di questo non ne sono sicuro.” “Io non lo so cosa farei, Silas” gli dico sincero. “Spero solo di non doverlo scoprire mai.” “Non te la sei cavata tanto male.” “Sto per perdere la pazienza. Vuoi dirmi o no dove si trova?” “È a casa. Stava male e ho preso il suo posto.” “Male?” “Credo si sia presa l’influenza, non si reggeva neanche in piedi. L’ho accompagnata io prima di pranzo.” “E l’hai lasciata da sola?” “È solo influenza ed è una persona adulta, sa badare a se stessa. E poi, qualcuno doveva lavorare al posto suo.” Influenza, una cosa da nulla. Silas ha ragione, basta un po’ di riposo e tutto torna come prima. Eppure non riesco a pensare al fatto che sia da sola e che nessuno si prenda cura di lei. “Ci vediamo” dico a Silas mentre mi volto e veloce raggiungo l’uscita. “Ehi!” Mi ferma sulla soglia e mi raggiunge, poi mi passa una busta di carta da farmacia. “Sono le sue medicine, gliele avrei portate dopo.” Guardo la busta e poi la prendo. “Sam resta da me stanotte.” “Che vuol dire?” “Che magari puoi farle compagnia tu.” “Credo che tu non abbia ben capito che tipo di rapporto c’è tra Sloan e me.” “Oh io l’ho capito benissimo, anche se preferirei essere stupido e cieco, un po’ come te.” “Sei fuori strada.” “La mia strada la conosco, Johnston e tu? Conosci la tua?” Lo guardo senza battere ciglio. “Non mi è piaciuto vederti gironzolare intorno a lei per tutti questi anni.” “Io non ho gironzolato intorno a nessuno, siamo amici.” “C’eri tu all’ospedale quando è nata Sam.” Stringo forte la mascella. “Non quell’inutile imitazione di un uomo.” “È stato un caso.” Mi guarda sollevando un sopracciglio. “Eri anche in ospedale dopo l’operazione” il suo tono diventa morbido. “Credo che tu sia stato il primo a vederla.” “Cosa?” Questo non lo sapevo. “Be’, sai mio padre come la pensava al riguardo e le mie sorelle…” Scuote la testa. “Diciamo che non ha avuto un grande appoggio da parte della famiglia e noi tutti abbiamo le nostre responsabilità.” Non sapevo neanche questo. “E tu?” Gli chiedo di getto. “Io ci ho provato ma avevo paura.” “Di cosa?” “Che le voci sarebbero peggiorate, che le umiliazioni non avrebbero avuto fine.” Sospira pesante. “Volevo solo che la smettessero con lei e che se la prendessero con me.” Non avevo mai parlato con Silas in questo modo e non ho alcuna idea di cosa abbiano dovuto affrontare negli anni. So che i ragazzini erano crudeli con lei, che la prendevano in giro, che a scuola le facevano degli scherzi pessimi, che a volte arrivavano a umiliarla. In città non succedeva, qui tutti conoscevano la sua storia e cosa la sua famiglia aveva passato, ma non riuscivano a evitare di parlare sottovoce in sua presenza, di guardarla troppo insistentemente, di provare pena. E Sloan lo odiava, più di qualsiasi umiliazione. “Ci abbiamo messo quasi un anno ad accettare la cosa. Almeno io. Mio padre ci ha messo molto di più e le mie sorelle, lo sai, non hanno fatto altro che scappare e tornare e poi scappare ancora più lontano.” Sospiro pesante. Sembra una storia familiare. “Ma tu no.” Lo guardo negli occhi. “Tu non sei andato da nessuna parte. Le sei sempre stato vicino.” “Dove dovevo andare, Silas.” “Sei rimasto anche quando qualcun altro ha preso il posto che volevi.” “Non sai di cosa parli, non dire cose che…” Agito le mani in aria e poi mi volto infilando la porta. “Io lo so che è così” mi dice alle spalle, ma io continuo a camminare. “E ti assicuro che a questo punto lo ha capito anche lei.”

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