“Signorina Kylemore” il signor Johnston mi saluta baciandomi la mano come un gentiluomo di altri tempi. È l’unico che si ostina a chiamarmi così. “È un piacere vederti qui.” “Grazie, è un piacere anche per me.” “Non vedo quel vecchio trombone di tuo padre da un po’.” “Siamo senza personale in questa stagione.” “Devo invitarlo per una partita a poker una di queste sere.” “Sono sicura che gli farebbe piacere.” “Sai cosa invece fa piacere a me?” “Cosa?” Chiedo curiosa. Lui si avvicina quasi a parlarmi all’orecchio. “Che quell’idiota di mio figlio si stia comportando da uomo saggio.” Arrossisco senza poterlo evitare. “Ti prego, aiutalo a mettere un po’ di sale in quella zucca vuota.” “Peter, io non credo che…” “È il mio unico pensiero in questo momento” dice serio. “Ellie è… Guardala” la indica e io mi volto. Ellie sta ridendo tra le braccia di Alex. “E Shane…” Sposto lo sguardo su di lui che sta parlando con Andy in un angolo e poi d’istinto guardo verso Reid che sposta la sua attenzione da una scena all’altra, senza far parte di nessuna di queste. Tutti sono accanto a qualcun altro. Tutti fanno parte di qualcosa di solo loro. Reid no. Reid è da solo. Reid non fa parte di alcun quadro, lui se ne sta in un angolo ad ammirare ogni dipinto. “Lui guarda tutti ma nessuno guarda mai verso di lui.” Le sue parole passano attraverso le mie ossa. “Sono felice che finalmente qualcuno si volti anche dalla sua parte. Merita anche lui la sua attenzione, non credi?” “Io l’ho sempre guardato” dico semplicemente. “Reid ha sempre avuto tutta la mia attenzione.” Peter mi sorride. “E ora finalmente lo sa anche lui.” Vederli tutti insieme a tavola mette davvero paura. Non sono più abituata a queste grandi tavolate, né alle famiglie numerose. Da un po’ di anni siamo solo noi quattro. Le mie due sorelle non hanno voluto saperne di restare nel Connemara, di lavorare nell’attività di famiglia, di restare vicine. Mio padre non le ha biasimate e non ha cercato di trattenerle. Non amano stare qui, troppi ricordi, troppo dolore per loro che ricordano la vita con la mamma. Io non lo ricordo, Silas e io eravamo troppo piccoli, sono state Darcy e Niamh a farci da mamma e spesso sentivamo addosso il peso di essere i più piccoli e quindi da tenere al riparo da tutto. Con me, poi, la cosa è stata peggiore. Non ero completamente indipendente. Avevo le stampelle, è vero, ma non potevano lasciarmi sola, liberarsi di me per almeno un pomeriggio, essere arrabbiate o scontrose. Io ero quella disabile e nessuno osava essere cattivo con me in famiglia, troppe cattiverie già fuori casa, dicevano tra di loro, quando credevano che non li sentissi. Quando ho deciso di farmi amputare la gamba nessuno di loro l’ha presa bene. Mio padre ha cercato di farmi cambiare idea per due anni, Silas mi teneva il broncio, Niamh soffriva e si chiudeva in se stessa mentre Darcy ce l’aveva a morte con me. Diceva che non potevo rinunciare così a una parte di me. Non capiva che quella gamba non mi era mai davvero appartenuta. Darcy è stata la prima ad andarsene. Lei non ama i legami e non ama sentirsi in obbligo di fare qualcosa. Odiava badare a me, odiava essere la maggiore, ma odiava più di tutto che io dovessi dipendere da qualcuno. Niamh invece è diversa, lei ha un cuore immenso e una sensibilità unica, ma non poteva restare qui, non era più il posto per lei, aveva bisogno di aria e di stare lontano da noi per un po’. Aveva detto che sarebbe tornata ma non lo ha ancora fatto. Io confido però nel futuro, so che un giorno saremo di nuovo tutti insieme e che siederemo a una tavola proprio come questa. “Qualcosa non va?” La sua voce sul collo mi fa rabbrividire. “Siete tanti” dico, vedendoli prendere posto a tavola. “Sam si trova a suo agio” dice, mentre rivolgo lo sguardo su mia figlia che sembra perfettamente inserita. “Rilassati” le sue mani sulle mie spalle. “Sei in famiglia, qui.” Volto la testa verso di lui. “Sei a casa, te lo assicuro.” “Ehi, mamma, vieni a sederti.” Sam indica il posto accanto a lei che è seduta vicino a Justin. La assecondo e mi accomodo, di fronte ci sono Ellie e Clodagh, Alex è accanto a Shane che siede accanto a Andy, poi ci sono suo nonno, Brian e il signor Johnston che chiudono il giro. Reid prende posto accanto a me e la sua mano scivola subito sulla mia gamba. “Sono felice che tu sia qui” dice sottovoce al che arrossisco. “Sono felice anch’io.” In effetti lo sono, nonostante l’imbarazzo. A parte il fatto che posso trascorrere questa serata con lui, non mi capita spesso di vedere così tanta gente, di uscire di casa e di vedere Sam interagire con altre persone così allegramente e spontaneamente. Forse Ellie ha ragione, forse questa famiglia ha qualcosa di speciale. Qualcosa che hanno deciso di condividere con me e mia figlia e tutto grazie all’uomo meraviglioso che mi è seduto accanto.
“Ci sono delle altre salsicce.” “Come?” Reid chiede subito. “Semplici o impanate?” “Tutte e due. Quale preferisci?” “Tutte e due, che domande!” “Porco” Ellie lo riprende. “Sei solo invidiosa perché tu non puoi mangiarle.” Ellie gli fa il verso mentre Clodagh mette due salsicce nel piatto di Reid. “A me, niente?” Alex chiede sollevando il suo piatto. “Tu devi sostenere tua moglie” Shane interviene, sollevando anche il suo. “Quindi le salsicce spettano agli altri.” “Mi sembra giusto” nonno Brennan commenta. “Io non devo essere di supporto a nessuno, puoi mettere anche qui.” Solleva il suo piatto verso Clodagh. “Ne sono rimaste altre due. Tu, cara?” Si rivolge a me. “Sono a posto così, grazie.” “Allora le do ai ragazzi.” Brian alza la testa. “Tu non sei più un ragazzo da un po’” Justin gli dice, facendo scoppiare tutti a ridere. “Ce l’aveva con noi.” Justin solleva sia il suo piatto sia quello di Sam verso Clodagh. “Un signore” Reid mi dice all’orecchio. “Ma io lo sono di più.” Mi volto verso di lui mentre mette una salsiccia nel mio piatto. “So che la preferisci impanata.” “È vero, ma era stata assegnata a te.” “E io l’ho ceduta a te.” E a me viene voglia di piangere. Per una salsiccia impanata. “E lui non cede mai nulla” Ellie dice a voce alta facendomi sussultare. Tutti fanno finta in modo poco discreto di non aver assistito alla scena, mentre vedo Alex prendere la mano di Ellie che è posata sul tavolo. Poi mi volto di nuovo verso Reid, i suoi occhi sono ancora su di me. “È una cosa importante” dice serio. “Cedere una salsiccia. Soprattutto se impanata.” “Lo immagino.” “Spero sia chiaro.” “Lo è.” “E anche se sei venuta con la tua auto, mi piacerebbe scortarvi fino a casa dopo. Non mi va che ve ne andiate in giro da sole di notte.” “Okay.” “Bene” sorride di nuovo. “Ora mangia la tua salsiccia o Brennan cercherà di togliertela da sotto al naso.” “Al massimo ruberei quella di Justin” commenta lui, facendomi ripiombare in un attimo nella realtà, quella in cui tutti hanno sentito benissimo cosa ha detto Reid, compresa mia figlia. “Toglieresti il cibo di bocca al tuo stesso figlio?” Brian gli chiede. “Ne riparleremo quando ne avrai tu di figli, oh ma aspetta, questo non accadrà mai.” “Questo è sicuro” Andy afferma. “Credo che su questo punto siamo tutti d’accordo” il nonno di Alex dice, facendo ridere la tavolata al completo. Brian non replica, si limita a sbuffare come un bambino offeso e a riprendere a mangiare. “Ti conoscono tutti” Andy lo riprende. “Facile parlare quando si è passati dalla parte dei raccomandati.” “Raccomandato, io? E perché, sentiamo…” “Be’, ti scop…pierebbe il cuore se dovessi essere al mio posto.” Il primo a ridere è Alex, che per poco non cade dalla sedia. “Ti sei davvero impegnato” Clodagh commenta divertita. “Grazie, l’ho fatto con piacere.” “Io sto morendo” Shane dice, affrettandosi a bere qualche sorso prima che soffochi nelle sue stesse risate. “Visto? Visto che tutte le cose che ti raccontavo erano vere?” “Non ne ho mai dubitato” dico guardandolo. Ed è vero, non ho mai dubitato di Reid Johnston, neanche per un solo minuto in tutta la mia vita.
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the good man
RandomC'era una volta un uomo burbero e solitario che trascorreva le sue giornate a osservare il mondo circostante senza attirare mai gli sguardi su di sé. C'era una volta un uomo che se ne stava in disparte a immaginare di vivere la vita di qualcun altro...