68 Reid

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Ad aprire la porta non è la persona che cercavo. “Ho bisogno di Andy.” Shane si strofina il viso assonnato. “Sono le sei del mattino, Reid, ed è sabato.” “Devo vederlo.” Mio fratello mi guarda confuso. “Per favore, è importante.” “Non può aspettare?” Scuoto la testa. “Posso fare qualcosa io per te? Ormai sono in piedi.” “Ho bisogno di Andy” ripeto e solo dal tono della mia voce mio fratello inizia a capire che faccio sul serio. “Che succede?” La voce di Andy alle spalle di mio fratello. Shane si sposta di lato e Andy mi guarda in viso, non so cosa ci abbia visto, ma si infila una felpa e ci raggiunge alla porta. “Torna a dormire” dice a Shane, dandogli poi un bacio sulle labbra. “Ci penso io.” “Mi spiegate che diavolo succede?” Andy lo guarda. “È una cosa tra di noi.” L’espressione di Shane è indecifrabile, non so se sia ferito dalle sue parole o dalla situazione in generale. Andy si infila le scarpe ed esce di casa, io lo seguo, cercando di dimenticare lo sguardo di mio fratello e accantonando per il momento questo nuovo senso di colpa che viene a pesare sulle mie spalle.

Gli passo una tazza di caffè e solo quando la prende posando la mano sulla mia, mi rendo conto che sto tremando. “È tornato” glielo dico subito, facendo qualche passo indietro. “È tornato con l’intenzione di… Non lo so che intenzione ha, so solo che è tornato, che ha in mente qualcosa e che io perderò tutto di nuovo.” Infilo le mani tra i miei capelli e mi lascio cadere sul divano. Andy si siede sul bracciolo accanto. “Ci hai parlato?” Annuisco. “L’ho trovato fuori casa di Sloan, stamattina.” “Che pezzo di…” “All’alba, Andy.” “Ti stava aspettando?” “Sembrava sapere cosa avrebbe trovato.” “Credi vi abbia spiati?” “Non lo so, in città ormai ne parleranno, non era difficile da capire, ma il fatto che lui fosse lì… Era come se volesse farmi sapere che può togliermi tutto, come e quando desidera.” “Credi sia qui per ricattarti o che cosa?” “Non lo so” mi scompiglio forte i capelli. “Non lo so.” “Non credo che ci sia molto da fare. Devi parlarle.” Scuoto la testa. “Reid…” Mi alzo di scatto dal divano. “Tu non capisci.” “Credi davvero che io non sappia come ti senti?” “Tu non…” Mi stronfino il viso e poi lascio andare il respiro. “Devi vedere una cosa.”

“Non so cosa dire.” “E allora non dire nulla.” “Non so neanche cosa pensare.” “Non sono quello che credi.” “Questo è sicuro.” Resta con lo sguardo incollato alle pareti. “Per questo non facevi entrare nessuno qui dentro?” Scrollo le spalle. “È una cosa privata.” “A quanto pare la tua vita fino a oggi è stata tutta privata.” Si volta verso di me. “Mi sembra di non conoscerti affatto.” “Non capisco cosa c’entri.” “Su queste pareti, in questa stanza” indica il mucchio di giochi attentamente catalogati e sistemati. “C’è una bella fetta di vita di cui nessuno era a conoscenza.” “Non sono tenuto a dirvi tutto e poi, non stavo facendo del male a nessuno.” “Sei sicuro? A te ne hai fatto e forse anche a loro. Ci hai mai pensato?” “Io volevo solo far parte della famiglia.” “Una famiglia non tua.” Il tono di Andy è duro. “Non ti ho mostrato la stanza per avere una delle tue paternali. Volevo solo che ti rendessi conto.” “Di cosa? Che sei ossessionato da loro?” “Non sono ossessionato.” “Non è quello che sembra. Potresti anche passare dei guai per questo.” “Per cosa? Per qualche foto alle pareti e per dei giocattoli vecchi?” “Questa è la loro vita” dice guardandomi in viso. “Io c’ero, sai? Non le ho rubate queste foto, o forse qualcuna, ma il punto non è questo. Il punto è che io c’ero.” Mi dirigo verso una parete e indico un gruppo di foto. “Il suo terzo compleanno, il primo dopo che quel bastardo se n’era andato. L’ho scattata io, quella.” Ne indico un’altra dove Sam è a cavallo di un pony. “La sua prima volta. E io c’ero.” “Reid…” Indico le foto scattate alle partite durante gli anni, in tutte c’è anche Sam. “Queste sono state scattate da alcuni genitori, me le fanno trovare sempre sul vetro del pick up. Sono sicuro che pensino che io le getti via.” Andy abbozza un sorriso. “Lo penserei anch’io al posto loro.” “E quella è del primo giorno di scuola di Sam, con la sua divisa, quella me l’ha regalata Sloan, dice che ne ha fatte fare per tutta la famiglia.” “E questa?” Andy indica una foto di Sloan sulla spiaggia, la sua tavola sotto il braccio, lo sguardo verso le onde. “Era una delle prime volte che andava a fare surf da sola” dico emozionato. “Ero così preoccupato per lei e così fiero che… L’ho seguita e l’ho spiata. E le ho scattato questa foto. E non me pento. Io c’ero, capisci? In ognuno di questi momenti io ero con loro, anche se loro non se ne rendevano conto. Ma io lo sapevo e mi bastava.” “E tutte queste cose?” “I primi giochi di Sam, la sua prima bici, a dire il vero è un triciclo” ingoio il groppo che ho in gola. “Sloan voleva darli via, le ho detto che me ne sarei occupato io.” “E hai conservato tutto.” “Tutto quello che ho potuto.” Guardo ancora la stanza e poi torno a guardare Andy. “Quando lei mi ha detto che era incinta io… Io volevo solo…” “Volevi che fosse tuo.” “Volevo chiederle di…” Non ce la faccio a dirlo ad Andy. “Volevi chiederle di sposarti?” Annuisco mentre la prima lacrima viene giù. “Poi lui è tornato, e io ho sperato che lei fosse felice, te lo giuro, Andy.” “Ti credo.” “Ma lei era triste, era così sola… Io volevo sistemare le cose, volevo rimediare. E la volevo, ma non potevo volerla perché non era mia da volere.” “Quante cose hai sistemato in questi anni, Reid?” Andy mi chiede. “Tutte quelle che potevo, tranne l’unica che dovevo.”

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