19 Reid

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“Sicuro che sai cucinare?” “Non sono uno chef, ma sono in grado di sfamarmi e se posso sfamare me, posso farlo anche con te.” “Non mi fido mica.” “Puoi sempre tornare ai tuoi bastoncini di pollo surgelati.” “Se ci fosse stato zio Silas avrei mangiato quelli e patatine fritte.” “Una cena nutriente” commento sarcastico. “Adatta a uno sportivo.” “Non mi sembri un tipo fissato con il cibo.” “Non lo sono.” “Ma nella tua busta della spesa vedo solo roba triste e incolore.” “Ingrata. E io che ho sacrificato la mia spesa per farti mangiare.” Sam ride e rido anch’io. Meno male che ero passato di corsa alla Spar prima di andare all’hotel per la consegna, o avrei dovuto mangiare quei bastoncini surgelati anche io. Mangio già abbastanza di merda a pranzo al Veldons, almeno a cena cerco di bilanciare. “La mamma fa la spesa il martedì, il giorno che lavora fino alle due.’ Mi volto verso di lei di scatto. “Come dici?” “Che la mamma fa la spesa…” “Il martedì lavora fino alle due?” “Sì, perché?” “Io non…” Scuoto la testa confuso. “Da quanto?” “Da sempre.” Sono sette anni che mi occupo della mia consegna speciale e l’ho sempre trovata lì e ora scopro che il martedì non dovrebbe esserci? “Qualcosa non va?” “No” mi affretto a dire. “Tutto okay.” “Grazie” dice all’improvviso. “Perché sto cucinando?” Chiedo, riponendo due petti di pollo nella padella. “Perché ti sei offerto di stare con me.” “Non avevo niente di meglio da fare.” “Non esci? Che so, con gli amici…” “Amici?” La guardo. “Stai parlando di mio fratello, di Brennan o dei fratelli Veldons? No, grazie, li vedo già abbastanza. La sera mi piace stare a casa.” “Non ti senti mai solo?” “Non quanto vorrei, credimi.” Giro le verdure nell’altra padella e poi mi volto verso di lei. “Come mai tutte queste domande?” “Sono curiosa.” “Ti piace ficcare il naso nella vita altrui?” “Solo nella tua.” “Oh be’, in questo caso, ne sono lusingato.” “E a te non interessa?” “Che? La mia vita?” Ride. “La nostra.” Annuisco lentamente. “Stai cercando di riportarmi al discorso di prima?” Scrolla le spalle. “Sam…” “Ci vai tutte le sere, vero? All’hotel dalla mamma.” “Tutte le sere, ora…” “Io ti vedo solo il lunedì perché resto all’hotel fino a tardi in attesa di zio Silas.” “Ci vado quando capita.” “Anche il martedì, quindi.” Ah i ragazzi di oggi. Non sono stupidi come lo era Brennan e come lo è tutt’ora. “Ci vado per la consegna.” “E la devi fare tu per forza?” “Insomma, che sono tutte queste domande!” Mi giro di nuovo verso i fornelli con la scusa di controllare la carne. “Non lo sapevi” dice abbassando il tono e facendosi seria. Scuoto la testa e poggio le mani sul ripiano. “E sei ancora convinto di non volere il mio aiuto.” Sorrido mio malgrado. “Non credo che tua madre sarebbe felice di sapere che stai cercando di affibbiarle il tuo anziano e burbero coach.” Ora sorride lei. “Io non immaginavo che…” Sospiro pesante, non so se sia giusto parlarne con una ragazzina che per giunta è sua figlia. “Che ti aspettasse?” Annuisco senza guardarla. “Lo accetti ora il mio aiuto?” “Non è così semplice.” “Cosa? Dirle che ti piace?” “Come amica” preciso, al che lei alza gli occhi al cielo. “Sei senza speranza!” Non posso che darle ragione. “Le cose sono così facili, coach, possibile che non lo capisci?” Insiste spazientita. “E tu sei… Sei un… Caprone!” Oh questa poi. Mi chiamano un tanti modi ma caprone mai. “Bada bene a come parli, ragazzina, o ti metto in panchina domenica.” “Non oseresti mai.” Vero. Avete visto che squadra ho? Per favore. Non sono solo io a non avere alcuna speranza. “E va bene, ti perdono se chiudiamo qui questo discorso.” “Come vuoi’ dice sbuffando. “Però promettimi una cosa.” “Sentiamo prima cosa hai da dire, non prometto mai nulla a scatola chiusa.” “Promettimi che verrai da me quando avrai bisogno di aiuto.” Rido a gran voce. “Troppo convinta per essere una mezza punta di dieci anni.” “E tu troppo ingenuo per essere un vecchio coach brontolone.” Touché. “E comunque io non ho bisogno di nessuno, me la cavo benissimo da solo.” “Se lo dici tu” si arrende. “Ma quando tornerai da me disperato, non dimenticarti di dire le paroline magiche.” “Ovvero?” “Sam avevi ragione, sono stato uno stupido, ti prego aiutami.” Scoppio a ridere. “E non dimenticare di metterti in ginocchio.” “Questo poi! Io, in ginocchio? Scordatelo, non accadrà mai.” “E invece sono sicura che succederà prima di quanto pensi.” E dallo sguardo di chi ne sa di sicuro più di te e dal tono minaccioso con cui mi rimette al mio posto, inizio a pensare che forse sarebbe meglio non fare tanto il coglione o mi ritroverò a fare la fine di Brennan e ho paura che ci manchi davvero poco.

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