62 Sloan

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Darcy è andata via di casa circa cinque anni fa. È venuta a trovarci di tanto in tanto, visite veloci e spesso confuse, ma era da molto tempo che non veniva per le feste. Lei non ama questo posto e non è legata all’attività di famiglia, non ci ha mai lavorato, ha sempre avuto altre idee per la testa e la necessità di mettersi in gioco, di mettersi continuamente alla prova, senza contare il suo problema con il non accontentarsi mai di quello che ha tra le mani. Siamo molto diverse lei e io, siamo tutti diversi noi fratelli Kylemore, ma io e lei forse lo siamo di più. Sono rimasta incinta a diciannove anni. Trey Connelly. Il primo ragazzo con cui sono stata a letto. È successo qualche mese dopo il rifiuto di Reid nel fienile. La delusione bruciava ancora e la consapevolezza di non piacergli ha fatto il resto: ho accettato di uscire con lui. Trey era più grande di qualche anno, si occupava dei nostri cavalli ed era praticamente sempre intorno. Sembrava sincero. Sembrava che gli piacessi davvero. Io ero giovane e stupida, volevo piacere a un ragazzo, volevo avere una storia, fare sesso, essere una ragazza come le altre. Volevo fare tutto e volevo farlo subito. Volevo la mia vita. Sono nata con un difetto genetico: emimelia fibulare. Ho iniziato a camminare tardi e da che ne ho ricordo, ho sempre usato le stampelle. Sono nata senza perone, con la tibia incurvata e il femore più corto del normale; la mia gamba era curva verso l’interno, il ginocchio era instabile e non avevo alcuna funzionalità nel piede sinistro. La differenza di lunghezza tra le due gambe era abissale. Un difetto che sarebbe peggiorato con l’età, questo ce lo hanno detto subito, dato che le ossa e i tessuti non si sarebbero mai sviluppati in modo corretto. In poche parole, la mia gamba destra non sarebbe mai stata come la sinistra. Impossibile pensare di camminare, impossibile pensare di essere una bambina come tutte le altre. Abbiamo provato con la chirurgia ricostruttiva. Ho subito tanti interventi e ho provato tanto dolore. Ho sopportato. Ho sorriso di giorno. Ho pianto solo di notte. Credevo che sarei stata sempre quella difettosa, quella che nessuno avrebbe invitato al suo compleanno perché non poteva saltare sui tappeti elastici o scendere dal castello gonfiabile e crescendo, pensavo che sarei stata quella che nessun ragazzo avrebbe mai baciato e crescendo ancora, pensavo che sarei stata quella con cui nessuno sarebbe mai andato a letto. Poi la speranza, l’operazione che avrebbe risolto in parte i miei problemi. Sapevo che la mia gamba non sarebbe mai stata come l’altra, che non mi sarebbe mai appartenuta. E ho deciso. Ho deciso per l’amputazione. I miei medici non erano d’accordo, ma cosa ne sapevano loro di come vivevo e di come avrei voluto vivere? A diciassette anni ero senza parte della gamba, con una nuova sfida da affrontare, con la riabilitazione e la psicoterapia da seguire, con la paura che un’infezione potesse piano piano portarmi via anche la coscia. Sono stata fortunata, il femore era utilizzabile grazie alla chirurgia ricostruttiva e sono riusciti ad amputare solo parte della gamba, dal ginocchio in giù. Fare pratica con le protesi non è stata una passeggiata. Erano fastidiose, troppo strette, troppo larghe, troppo rigide; mi provocavano irritazioni, infezioni, fastidi e dolore. Ma ho tenuto duro. A diciotto anni camminavo da sola. Volevo tutto. Volevo il mondo intero. Trey è stato il primo ragazzo ad essersi avvicinato a me, il primo che ha mostrato interesse, il primo che mi ha toccata e il primo con cui ho fatto sesso. Non è stato male, ma non è stato come immaginavo. Forse perché non era lui l’uomo che volevo. Ero ingenua e inesperta e sono rimasta incinta. Trey non ne voleva sapere del bambino e io non volevo obbligarlo a fare nulla. Io non lo amavo e lui non amava me. Quando Sam è nata credevo che saremmo state sole ma non importava. Avevo lei e la mia famiglia. Mio padre non era felice di come fossero andate le cose e non ci ha pensato due volte a mettere fuori Trey, ma ha amato Sam da prima che nascesse e l’ha amata alla follia non appena è venuta al mondo. Non ce l’ha mai avuta con me né mi ha fatto mai pesare il fatto che a diciannove anni mi trovassi sola con una bambina da crescere. Poi Trey è tornato. Voleva provare, voleva cambiare, voleva che fossimo una famiglia. Ci ho creduto e ho pensato che per il bene di Sam avrei dovuto fare un tentativo, che con il tempo l’affetto per lei ci avrebbe uniti. Ero convinta che fosse la cosa giusta da fare. Non ci siamo avvicinati. Non ci siamo mai amati. È entrato a far parte dell’azienda, mio padre gli ha dato un altro ruolo, io ho provato a dargli una famiglia, ma lui non era interessato a me o a noi. Non mi guardava. Non mi toccava. Non veniva a letto con me. Siamo stati insieme per tre anni, poi una notte non è più tornato. Mancavano pochi giorni a Natale. Siamo rimaste sole, mia figlia è cresciuta senza un padre. Eppure ci siamo riprese, piano e con dignità. Sam mi ha dato la forza e le energie per andare avanti, per mettermi alla prova, per fare tutto ciò che volevo e che sognavo. Ci siamo ricostruite una vita e ci siamo fatte forza a vicenda. Siamo cresciute insieme e siamo diventate forti insieme. Dopo circa un anno sono riuscita a rintracciarlo. Non volevo una spiegazione, il dolore e l’umiliazione mi avevano già consumata, e non volevo che Sam dovesse provare qualcosa del genere crescendo. Gli ho chiesto di incontrare sua figlia, di provare a conoscerla, di provare a essere un padre. Lui mi ha chiaramente detto che non ne aveva alcuna intenzione, che non aveva mai voluto noi ma che l’unica cosa che lo aveva spinto a sposarmi era l’azienda di famiglia. Trey non aveva nulla, noi gli avevamo dato ogni cosa, ma a quanto pare lo stare con me era un prezzo troppo grande per lui da pagare. Ho ingoiato l’ennesima umiliazione e sono andata avanti. Sono trascorsi sette anni dall’ultima volta in cui si sono visti, in pratica da quando ci ha lasciate. Ogni tanto Sam chiede di lui, ma ho come l’impressione che conosca già la risposta. Reid mi è rimasto sempre vicino. Un amico, un confidente, quella persona che sa come tirarti su in una giornata no. Ci ho sperato in questi anni, ma dopo il disastroso matrimonio e il nostro rapporto sempre sospeso su quel filo invisibile che non sai se reggerà il tuo peso se provi ad attraversarlo. Non sembrava mai il momento giusto. Era bello averlo nella mia vita e anche se la sua presenza consumava il mio cuore giorno per giorno, le sue consegne speciali e le use incursioni a casa nostra, le domenica al campo… Erano tutte cose diventate di vitale importanza per me. Mi sarei accontentata di averlo così e se un giorno mi avesse detto che aveva trovato una donna, che era pronto ad avere una famiglia, io sarei stata felice per lui. Anche mio padre e Silas mi sono stati accanto. Silas e io siamo gemelli e siamo inseparabili. Le mie sorelle l’hanno presa diversamente. Niamh mi è stata vicino, a modo suo, da lontano. Ci siamo viste poco negli ultimi anni, ma so che lei c’è e che se avessi bisogno di lei, correrebbe qui per me. Darcy è diversa. Ha questo carattere combattivo sopra ogni cosa, forte e testardo. Lei non ha accettato il fatto che io avessi deciso di sposare Trey e quando poi si è rivelato per quello che era, be’, diciamo che per lei non è stata una sorpresa. Ci siamo allontanate molto, sentivo che lei non approvava e sentivo che in parte mi riteneva responsabile delle mie stesse sventure, anche se non me lo ha mai detto chiaramente. Nell’ultimo anno ho sentito però in lei qualcosa di diverso, le nostre telefonate erano più lunghe e più frequenti, mi chiedeva di Sam, di papà, di Silas. Sentivo in lei la voglia di tornare. E ora è davvero qui, a poche settimane dal Natale e resterà con noi. E papà sembra più felice che mai. E io sono più felice che mai. Forse è un segno, forse vuol dire che le cose finalmente inizieranno ad andare bene e che noi possiamo tornare a essere dopo tanti anni, di nuovo la famiglia che siamo.

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