Nel silenzio pre morte che vige nel Veldons qualcuno che non capisce il significato di preservare la propria incolumità decide di parlare. “Almeno l’altro è ridotto peggio?” Sullivan chiede guardandoci a turno, ma nessuno gli risponde. “E dimmi” incalza, rivolto a me. “Tuo cognato e tuo fratello sono stati risparmiati o cosa?” “Non abbiamo preso parte alla gita” Alex risponde, non so se sia risentito del fatto che non lo abbia considerato o se sia solo incazzato con me e basta. Meglio non indagare. “Su di te non ci scommetterei neanche io, senza offesa, sia chiaro.” “Perché, su Shane sì?” Alex decide di seguire Sullivan nel suo tentativo di animare questo posto. “Cosa c’entro io? Non ho neanche parlato!” Shane si lamenta. “Be’, i Johnston hanno un bel temperamento, guarda Ellie” Sullivan dice. “Andy?” Cloe compare sulla porta che dà sulla cucina. “C’è una consegna.” Andy si solleva dal bancone. “Una consegna? Adesso?” Lei scrolla le spalle. “Non aspettavo niente per oggi.” “Sembra un albero di Natale.” Andy si volta di scatto verso Brian. “Cosa diavolo hai ordinato?” “Cosa c’entro io! Lo sai che odio le feste. Sei tu che metti le luci e la scritta Oh Oh Oh all’entrata, se fosse per me brucerei tutto!” “Sono stato io” Shane dice. “Siamo stati lì la settimana scorsa per l’azienda e ho pensato che…” “Che ci volesse un albero anche per noi?” Brian chiede. “State insieme da quanto? Sette, otto mesi?” “Che fai, li conti?” Alex gli fa notare. “E già decidi di questo posto?” “È solo un albero, Brian, rilassati” Andy gli dice. “Ti ricordo che fino a qualche tempo fa non avresti mai permesso una cosa del genere.” “Le cose cambiano” Andy gli dice. “Per voi, forse” Brian ora sembra offeso. “Ma non per tutti.” “Stai facendo un casino per un cazzo di albero.” “A volte sarebbe meglio non fare cambiamenti” Brian dice, ora sembra più spaventato. “Non cercare di essere diversi, non provare a migliorare” si agita attirando l’attenzione di tutti. “Guarda Reid” mi indica e io raddrizzo la schiena. “Ci ha provato a fare qualcosa di buono e guarda come è andata a finire!” “Brian, non è il caso…” “Cosa? Sappiamo tutti cosa è successo e lo vediamo bene come sta.” “Brian…” Anche Shane cerca di intervenire. “E sappiamo tutti che nessuno di noi può aiutarlo.” Faccio stridere lo sgabello e mi alzo in piedi. “Non andartene così, per favore” Alex cerca di fermarmi. “Torno al lavoro” dico, voltandomi e avviandomi verso l’uscita. Spalanco la porta e faccio un paio di dolorosi respiri, perché la verità è che tutto fa male adesso, persino l’aria sulla faccia che mi ricorda che nonostante tutto sono vivo, per non parlare di quanto faccia male pensare, ricordare e persino sbattere le palpebre. Quando arrivo in azienda mi sembra di non aver sofferto abbastanza per stamattina, quindi invece di tornare nel mio reparto, spingo la pesante porta di legno della warehouse e l’immagine di lei che si avvicina alle mie labbra per rubarmi un bacio mi assale immediatamente, come se potessi ancora vederla, nel suo vestito rosso, come se potessi sentire il rumore delle sue prime scarpe con il tacco risuonare tra le pareti di legno, come se potessi sentirlo ancora, il suo profumo addosso. Come se avessi ancora il diritto di far scivolare le mie dita lungo la sua pelle. “Da tanto non venivi qui.” La voce di mio padre alle mie spalle. “Fa male venire in questo posto.” Mi volto verso di lui. “Troppi ricordi.” “I ricordi sono sempre così, un po’ malinconici, un po’ dolorosi, a volte anche infimi, ma per qualche strana ragione, non riusciamo a rinunciarvi.” Mi fa segno di seguirlo verso il suo angolo bar e mentre mi siedo su uno sgabello, lui versa due bicchieri per entrambi. “Non lo dirò al capo” mi fa l’occhiolino e io sorrido tirato. “Come va?” Chiede poi, alludendo alla mia faccia. “Questo non è niente, non hai visto lui.” Mio padre solleva un sopracciglio. “Scusa.” “Potevi mettere nei guai quei ragazzi.” Sospiro. “Lo so.” “E l’altro? Non ha sporto denuncia?” “Ritirata stamattina.” “Mmm.” “Aveva ottenuto quello che voleva.” “Capisco.” “Incredibile che sia tornato solo per questo.” “La mente umana è un dilemma che nessuno scienziato riuscirà mai a decifrare.” “Già.” “Perché, Reid?” Mi chiede poi. “Non era felice.” “C’erano altri modi.” “Volevo che sparisse dalla loro vita per sempre.” “Ha fatto mai del male a lei o alla bambina?” “Ci sono tanti modi per fare del male a una persona, papà.” “Questo è vero.” “Lei non rideva più. Io ci provavo a farla ridere ma lei… Non sopportavo di vederla così. È stata triste per troppi anni. E io sono stato lì a guardare. Mi sentivo colpevole. Volevo solo che avesse la sua vita indietro.” “Ma non è stato solo questo, ci sarà stato qualcosa, un motivo scatenante.” Stringo forte la mascella. “Cosa è successo, Reid?” “Nessuno doveva farla sentire più così.”
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the good man
RandomC'era una volta un uomo burbero e solitario che trascorreva le sue giornate a osservare il mondo circostante senza attirare mai gli sguardi su di sé. C'era una volta un uomo che se ne stava in disparte a immaginare di vivere la vita di qualcun altro...