17 Reid

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Non ho mai capito perché le persone odiano il lunedì, per me è la giornata migliore della settimana perché è quella del ritorno alla normalità. La sveglia alle quattro, il primo caffè del mattino nel silenzio della mia cucina, il buio che mi accompagna durante il viaggio per arrivare in azienda. Il rumore della catena che scivola intorno alla serratura, il cigolare del portone del reparto, l’odore che ti accoglie non appena varchi la soglia. Amo un po’ meno il momento in cui gli operai arrivano a portare caos e chiacchiere nella mia giornata quasi perfetta, ma non si può avere sempre tutto quello che si vuole, no? Quello che una volta era solo un fastidio non necessario ma che oggi è diventata una di quelle certezze a cui non sei più in grado di rinunciare, sono quei maledetti e obbligatori pranzi al Veldons. Non avrei mai pensato che mi sarei abituato ad avere certi elementi così insistentemente presenti nella mia vita, ma ormai ci sono, che devo fare? Non sono bravo a fare nuove amicizie né sono capace di intrattenere le persone, mi devo tenere quello che ho e con gli anni me lo sono fatto piacere. Amo la routine, le abitudini, amo ciò che conosco. Sì, sono un tipo noioso, me ne rendo conto, ma nulla in confronto al mio purtroppo cognato Brennan, non trovate? Da bambini non avevamo scelta, la cittadina non aveva granché da offrire, mi toccavano i miei fratelli e Brennan che mi era stato assegnato d’ufficio; ma da ragazzo o meglio ancora, da adulto, avevo qualche possibilità di svignarmela, di conoscere qualcuno, di vivere la mia vita in solitudine come volevo, ma cosa avrebbero fatto senza di me? E poi c’era Andy e quel fratello inutile come il ghiaccio nel whiskey. Andy, l’unica persona che nessuno mi ha assegnato ma che ho scelto di avere con me. Strano a pensarci oggi, dopo tutto quello che è accaduto, dopo aver scoperto che il mio migliore amico se la faceva da diciassette anni con mio fratello alle mie spalle, strano pensare che ho quasi mandato all’aria il nostro rapporto per la rabbia e la delusione di essere stato per così dire tradito. Strano pensare a una vita, oggi, senza lui che sputa nei miei bicchieri o senza suo fratello che non ha trovato ancora nulla con cui riempire quella testa vuota, o senza Alex che è riuscito a dare a mia sorella la casa di cui aveva bisogno. Strano pensare a me che penso a queste cose, ma vedete, ci sono delle persone che ti portano a riflettere, a venire a contatto con la parte di te stesso che anche tu ti ostini a ignorare, persone che ti accolgono tutti i giorni con un sorriso e con la speranza che non sia solo una stupida consegna quello che ti porta da loro. Persone che sono felici solo perché tu ci sei. Non sono un idiota, sapete. Non sono quello che tutti credono, ma non sono neanche quello che lei crede che io sia. Sono solo un uomo con una debolezza, l’unica che è capace di fargli commettere gesti di infinita stupidità che pagherà per il resto della sua vita. “Ehi, coach!” C’è un ultimo ma non meno importante motivo per cui amo il lunedì. “Sei in ritardo.” “Io non sono mai in ritardo, sono discretamente fuori orario.” Scoppia a ridere facendo ridere anche me. “La mamma è su.” “Su?” Chiedo, poggiando la cassa per terra. “C’è un problema con una delle camere.” “Qualcosa di grave?” “Non ne ho idea.” “Okay, magari aspetto che scenda.” “Come vuoi.” “E tu che stai facendo?” “Compiti.” “Mmm.” “Mi aiuteresti?” “Mi hai visto bene? Pensi che se avessi avuto un po’ di cervello mi occuperei del farro?” Mi guarda curiosa. “Lascia perdere, sono cose che non riguarderanno mai te. Tu sarai una punta e sfonderai nel mondo dello sport e porterai a casa tanti trofei e soddisfazioni.” “Lo pensi davvero?” “Ti sembro uno che spara cazzate?” “Qualche volta” la sua voce mi fa alzare la testa di scatto. “Non è questo il caso” mi difendo subito. “Sam ha stoffa, è la migliore e non solo della mia squadra.” “E Justin?” Sam chiede. “Justin è partito già spacciato, hai visto che padre ha? Per favore, non ha alcuna speranza nel futuro. I geni non mentono.” Sam si rabbuia immediatamente e capisco subito che non si tratta di ciò che ho detto di Justin. No, Sam, nel tuo caso i geni non c’entrano un cazzo, anche perché sono sicuro che i tuoi siano tutti di tua madre e poi, se proprio dovesse andare male, ci sarò io ad assicurarmi che tu un futuro lo abbia, puoi starne certa. “Non posso trattenermi” Sloan cambia discorso per spostare l’attenzione dall’oggetto indesiderato. “Abbiamo un problema con il bagno di una delle camere, abbiamo chiamato l’idraulico ma a quest’ora non ha intenzione di venire fin quaggiù.” “Chi, Morgan? Vecchio rintronato, figuriamoci.” “Ci sta provando Silas, quindi c’è solo da pregare.” Le sorrido e lei con me. “Ma devo occuparmi della sistemazione degli ospiti e su è un caos, le cameriere ai piani sono già andate via e devo andare io.” “Tranquilla, nessun problema.” “Quindi vuol dire che devo stare qui?” Sam chiede sbuffando. “Mi dispiace, tesoro.” “Che palle.” “Sam” la riprende, poi si volta verso di me. “Doveva passare la serata con Silas, oggi inizia la nuova stagione della sua serie preferita. Io avrei comunque dovuto restare fino a tardi e mio padre è ancora con i fornitori del pomeriggio e non so che altro fare.” “Può stare con me.” Mi accorgo di cosa ho detto solo quando vedo i suoi occhi diventare enormi e lucidi. “Non ho niente da fare.” “Figo!” Sam si alza subito in piedi. “Vado a prendere le mie cose” dice, sparendo veloce verso l’interno. “Non puoi farlo.” “Che?” Mi guarda come se avesse paura di dirmi quello che deve e che so essere la verità. Lei non è mia figlia. Questa non è la mia famiglia. Loro due non appartengono a me. “Voglio farlo” dico prima che alzi di nuovo un muro tra di noi. Sono vecchio, Sloan, non ho la forza di abbatterlo con le mie mani, ho paura che un altro muro potrebbe essere a questo punto definitivo e io non posso rinunciare a questo. “Perché?” Chiede e io sento di nuovo lo stesso dolore di allora. “Perché no.” Dischiude le labbra per parlare ma poi Sam torna da noi con lo zaino in spalla. “Pronta” dice entusiasta. “Vedrai, coach, ti piacerà e non potrai fare a meno di vederla tutta.” Le passo le chiavi del pick up e lei le prende. “Porto la cassa dentro, aspettami in macchina.” “Sicuro” dice sorridendo. “Ci vediamo più tardi, mamma” le dà un bacio e corre verso l’uscita lasciando Sloan ancora senza parole. “Porto la cassa nel magazzino.” “Tu li odi i ragazzini” è l’unica cosa che riesce a dire. “È vero” le rispondo perché non posso mentirle, mi conosce, mi conoscono tutti, sarebbe inutile provarci. “E ti stai offrendo di stare con lei tutta la sera.” Scrollo le spalle. “Non posso chiederti questo.” “Puoi chiedermi tutto quello che vuoi.” “Non dire cose del genere.” “È la verità e lo sai.” Annuisce lentamente poi decide di finirmi ma non posso darle torto, lo merito e me lo prendo. “Una volta non era così.” “Una volta credevo di potercela fare.” “A fare cosa?” E no, Sloan, non posso dirtelo così, in fretta e senza preparazione adeguata o nessuno dei due ci crederà mai. “Non odio tutti i ragazzini” le dico invece. “Ce n’è una che adoro.” Sorride appena. “Ma non dirlo in giro, ti prego, o mi molleranno mio nipote non appena nato.” Stavolta ride ma i suoi occhi sono pericolosamente lucidi. “Grazie, Reid.” “È solo una serata, cosa vuoi che sia.” “Come questa è solo una consegna?” Ce la faccio, lo giuro. “Esatto.” Credo di aver detto l’ultima cazzata a mia disposizione e la delusione nei suoi occhi mi dice tutto quello che merito di sentire. “Vado, Sam mi aspetta” non ce la faccio a sostenerli oltre. “Starà bene, te lo prometto” le dico, prima di voltarmi e uscire in fretta dall’albergo. Prima di cedere e fare del male inutile a tutti e tre.

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