37 Sloan

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“Allora non me lo sono immaginato.” Gli sorrido mentre gli passo un bicchiere d’acqua. “E non sono morto, altrimenti non sentirei il bisogno di bere, vero?” “Sei vivo, stai benissimo e hai bisogno di liquidi, quindi bevi senza fare tante storie.” Si solleva appena poggiando un gomito sul materasso, prende il bicchiere e fa alcuni sorsi. “Non vorrei sembrarti uno stronzo, così, su due piedi, ma chi diavolo ti ha fatto entrare in casa mia?” “Shane.” “Parenti serpenti, sempre pronti a passare sul tuo corpo ancora caldo. E chi ti ha detto che stavo male?” “Andy.” “Maledetto barista che infila il naso nei cazzi altrui. E ti hanno fatto domande? Hanno provato a corromperti?” “Non proprio, ma Alex ha cercato di far leva su Ellie.” “Amico ingrato che avrei dovuto lasciare solo con se stesso tanti anni fa, sapevo che mi si sarebbe ritorto contro quel poco di bontà dimostrata.” “Mi sembra che tu stia meglio.” “Perché, sono stato male?” Lo guardo sollevando un sopracciglio. “Un po’ di debolezza che ho saputo affrontare benissimo da solo.” “Mi sono preoccupata quando non ti ho visto all’hotel.” Il suo sguardo si addolcisce. “Ho provato a chiamarti.” “Dovevo essermi appisolato.” “Mi hanno detto che eri KO.” “Sempre così drammatici.” “Ho pensato che…” “Cosa?” “Non lo so, una stupidaggine.” “Pensavi che ci avessi ripensato?” Annuisco in imbarazzo. Mi sento una stupida. “Non esiste.” Si solleva e si siede al centro del letto, allunga una mano verso di me e mi accarezza il viso. “Neanche la fine del mondo potrebbe tenermi lontano da te.” “Ti ricordo che sei stato abbattuto da un po’ di influenza.” “Un po’? Ero sul punto di esalare l’ultimo respiro!” Rido ma lui resta serio. “Non puoi capire cosa ho passato, ho fatto dei sogni assurdi, fiamme che mi avvolgevano, Brennan che aveva la testa di Brennan e il corpo di una capra o forse era una pecora.” Scoppio a ridere stavolta facendo ridere anche lui. “Ti assicuro che sembrava un film dell’orrore.” “Ti credo sulla parola.” “Non mi assentavo dal lavoro da… Che dico, non credo di essermi mai assentato dal lavoro.” “Sei uno stacanovista.” “E nessuno viene mai qui.” “Che vuoi dire?” “Che non permetto alle persone di mettere piede in casa mia.” “Oh…” Esclamo sorpresa. “E oggi ci sei tu e ci sono stati Alex e Andy e chissà chi altro!” “Ed è un problema?” Chiedo quasi risentita. “E non mi ammalo mai e guardami adesso.” “Non capisco dove vuoi arrivare.” “Sei tu.” “Io?” “Mi rendi… Debole e…” Mi alzo di scatto dal letto. “Dici sul serio?” “Mi è uscita male.” “Ah no, ti è venuta benissimo.” “No” si alza dal letto anche lui, ma lo fa troppo in fretta e perde subito l’equilibrio. Lo aiuto a restare in piedi e poi lo faccio risedere. “Lo vedi?” “Cosa? Che sei indebolito dalla febbre?” “Che non sono più io.” Lo lascio sul letto e mi allontano di qualche passo. “E a te non piacciono i cambiamenti.” “Tu mi rendi umano.” Apro la bocca per replicare ma non sono sicura di come prendere questa affermazione. “E non credevo fosse una buona cosa.” Resto in ascolto mentre si alza di nuovo, stavolta lentamente, e viene da me. “E invece ora inizio a pensare che lo sia.” “Okay.” “E ora vorrei rendermi umano anche fisicamente se lo permetti.” Lo guardo curiosa. “Ho bisogno di farmi una doccia, lavarmi i denti e darmi una sistemata, perché vorrei trascorrere qualche ora con te, umanamente parlando.” Sorridiamo entrambi. “Fai come se fossi a casa tua, ma non troppo casa tua, non so se mi spiego.” “Non toccherò nulla in tua assenza.” “Puoi sederti sul divano, prepararti un caffè o versarti qualcosa da bere, puoi accendere la TV o guardare fuori dalla finestra.” “Tutte queste cose? Ne sono lusingata.” “Non scherzare, sono un tipo difficile.” “Questo lo so.” “E potrebbe non piacerti.” “Fai giudicare me cosa mi piace e cosa no.” “Va bene, però poi non dire che non ti avevo avvisata.” “Mi assumo tutte le responsabilità del caso.”

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