70 Reid

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Quando mio padre ci vede arrivare tutti e tre con tanto di coperte, lenzuola e scatola con luci per poco non si rovescia addosso il suo amato whiskey. “Mi avete ficcato in qualche cazzo di macchina del tempo senza il mio consenso?” Shane ride mentre posa la scatola sul pavimento del salotto. “Ci chiedevamo se potevamo stare qui, stanotte.” Mio padre ci guarda a turno. “È successo qualcosa che io non so?” Chiede preoccupato. “Abbiamo solo voglia di casa” Ellie risponde e il viso di mio padre si rilassa. “Questa è sempre casa vostra” dice, meno burbero di quanto vorrebbe. Ellie si alza sulla punta dei piedi e gli dà un bacio sulla guancia. “Grazie.” “Bah” mio padre fa il disinvolto. “Vi lascio alle vostre cose.” “Puoi restare se vuoi” Shane dice. “È una serata alla Johnston, gli adulti non sono ammessi.” Quando Ellie era piccola, avrà avuto forse dieci anni o qualcosa di più, abbiamo iniziato una specie di tradizione noi fratelli Johnston. Capitava spesso che fossimo soli a casa, a volte fino a tardi. I nostri genitori lavoravano a tempo pieno: papà era sempre in azienda, la mamma aveva il suo lavoro alla scuola di danza, ma spesso e volentieri aiutava alla distilleria dove c’era bisogno. Non era come ora, non era così avviata e in attivo, non avevamo così tanti dipendenti e chi c’era aiutava dove poteva. E io facevo lo stesso. Qui a casa, con i miei fratelli. L’idea è nata quando il gatto di Ellie è scappato di casa e non ha fatto più ritorno. Ellie era triste. Non piangeva, non era da lei, ma non era la stessa. Era silenziosa e depressa e io non sapevo come farla sorridere né come distrarla dal suo pensiero fisso. Continuava a stare alla finestra in attesa del ritorno del suo migliore amico, ritorno che non sarebbe mai avvenuto, perché il gatto di Ellie era stato investito da un’auto sulla strada che porta a casa Johnston. Siamo stati Shane e io a trovarlo. L’ho raccolto con la pala per la neve e poi lo abbiamo seppellito nel punto più remoto del nostro giardino. Volevo dirlo a Ellie, non mi piaceva mentire e non volevo che continuasse ad aspettare il ritorno del gatto all’infinito, ma non sembrava mai il momento giusto. Così una sera d’inverno in cui eravamo tutti e tre soli a casa, ho chiesto a Shane di darmi una mano a mettere in piedi una sorta di casa tutta nostra. Abbiamo raccolto lenzuola e coperte dai letti e sono salito in soffitta per cercare le luci di Natale. Abbiamo messo su una specie di capanna nel nostro salotto, abbiamo preparato popcorn, cioccolata calda con marshmallow e toast al burro di arachidi. Poi siamo andati a chiamare Ellie. Quando ha visto la nostra casa è scoppiata a piangere e mi ha abbracciato forte, poi mi ha chiesto se il suo gatto era morto. Le ho detto la verità. Abbiamo passato tutta la notte in quella specie di capanna di fortuna, a mangiare e parlare, stesi sul pavimento del nostro salotto, Ellie tra me e Shane. Non ci siamo neanche accorti del ritorno dei nostri genitori. Ci siamo addormentati lì insieme. La mattina dopo la mamma aveva fatto pancakes per tutti, li abbiamo trovati sistemati su un vassoio fuori dalla nostra capanna. Li abbiamo mangiati lì e poi siamo usciti allo scoperto. Mentre toglievo le lenzuola Ellie mi ha abbracciato e poi è sparita su nella sua stanza. Quella è stata la nostra prima serata alla Johnston. Ne abbiamo fatte tante negli anni, ogni volta che uno di noi aveva qualcosa che lo preoccupava o lo rendeva triste e che non voleva condividere, gli altri organizzavano per lui una delle nostre serate e la mattina seguente, tutto sembrava meno difficile e più sopportabile, perché noi tre eravamo insieme. Quando è morta nostra madre Ellie è scappata di casa. Erano in macchina insieme quando hanno avuto l’incidente, la mamma è morta davanti agli occhi di Ellie. Aveva solo diciotto anni. Si è rifugiata a casa Brennan, non voleva saperne di tornare. Ho messo su la capanna la notte stessa, nel caso i miei fratelli ne avessero bisogno, ma Ellie era corsa da Alex e Shane… Be’, lui era da Andy in cerca di conforto. Sono rimasto ad aspettarli. Sapevo che sarebbero venuti prima o poi. Sapevo che non mi avrebbero lasciato solo. Shane è arrivato il terzo giorno. Ellie il quinto. Ci siamo rimasti per una settimana. “Che disastro hai combinato?” Shane chiede, mettendo in bocca una manciata di popcorn. “L’ultima volta almeno riuscivo a stendermi ancora sul pavimento” Ellie si lamenta. Ho sistemato il divano in modo che lei potesse sedersi e poggiare la schiena contro di esso per stare comoda. “Potresti evitare di ficcarti in bocca anche la ciotola invece di lamentarti” Shane dice, mentre Ellie mastica di proposito a bocca aperta una manciata di popcorn. Sono passati tanti anni dall’ultima serata alla Johnston ma noi siamo cambiati poco, a parte il fatto che ora con noi c’è un intruso o un’intrusa. “A cosa dobbiamo questa serata?” Shane beve un sorso di cioccolata. “Perché se siamo qui qualcosa è accaduto.” “Non è successo niente” Ellie spiega. “È che siamo così impegnati, a volte non ci vediamo per giorni.” “Parla per te, io questa faccia da idiota la vedo tutti i giorni, festivi compresi.” “Mi mancavano i fratelli scemi.” “I fratelli scemi sono sempre al tuo servizio” le dico, rubando una manciata di pop corn. “A volte è bello essere solo noi tre.” “Ti sei già stufata di Brennan? Ti capisco.” “E tu? Non ti sei stufato del tuo rude barista?” “Col cazzo.” Ellie ride e io soffro. “Presumo che il motivo di questa riunione sia tu” Shane dice tornando serio. “Sei proprio un tipo sveglio.” “Cos’è successo? Ieri sembravate così… Non lo so, eravate belli da vedere.” “Scusa?” “Non mi veniva altro da dire per non farti incazzare.” “Lo stai facendo incazzare lo stesso” Ellie commenta. “Questo perché è troppo facile farlo incazzare, basta respirare.” “Basta essere venuti al mondo” commento io. “Lo vedi?” Si lamenta con nostra sorella. “Dovevi dire subito la parola esatta, almeno lo avresti fatto incazzare solo una volta.” Shane sbuffa. “Sembravate così innamorati.” Gli lancio una manciata di pop corn in faccia. “Ehi! Non si gioca con il cibo!” Ellie rivendica il suo predominio sui viveri. “Lui non dovrebbe usare certe parole.” “Lui ha detto solo la verità.” Alzo gli occhi al cielo. “Come vi pare.” “Quindi è così? È successo qualcosa tra di voi?” “No, Shane, non è successo nulla.” “Ma tu hai paura che succeda.” Scrollo le spalle. “Ci sono delle cose che si fanno che non puoi cancellare.” Shane annuisce lentamente. “E a cui non puoi neanche rimediare.” “Tu? L’uomo delle soluzioni?” Lo guardo male. “Andiamo, hai creato tu questo” solleva le braccia. “Era solo una stupida cosa da ragazzi.” “Forse, eppure eccoci, siamo qui, a quasi quarant’anni.” “Ehi” Ellie si agita. “Parlate per voi.” “E siamo ancora insieme, Reid.” “E cosa dovremmo fare? Tu e io viviamo a centro metri di distanza!” “Sai cosa voglio dire. Sei tu che ci hai tenuti insieme.” “Io non ho fatto niente. Siete voi che non vi scollate di dosso.” “E sei tu che continui a farlo.” Sbuffo e mi appoggio contro il divano accanto a Ellie. “Non ci hai mai mollati” Shane continua, anche lui si stende accanto a Ellie, dalla parte opposta, com’è sempre stato. “E noi, adesso, non molleremo te. Qualsiasi cosa tu abbia fatto, sono sicuro che insieme troveremo una soluzione.”

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