[Stefano]
Mi sento vuoto e ferito, anche perso se è per questo. Ho passato la notte in ufficio a cercare di risolvere questo caso ma non sono abbastanza concentrato. Non avevo voglia di tornare a casa dai miei, poi mi avrebbero fatto tremila domande sul perché non ero da Emma e sarebbe saltato fuori un casino assurdo. Sono stato male, tantissimo, avrei preferito uno schiaffo in faccia piuttosto che mi lasciasse così dopo tutto ciò che abbiamo passato insieme. Mi alzo dal divanetto del mio ufficio dirigendomi in bagno. Ho addosso solo i boxer perché stanotte faceva un caldo assurdo. Mi lavo la faccia, i denti e poi riesco per vestirmi. Sono le 8 e a momenti dovrebbe arrivare Emma, suppongo, è comunque il suo lavoro questo e avermi lasciato non vuol dire non dover venire. Esco dal mio ufficio per andare a prendere un caffè. Non ho chiuso occhio stanotte e sono davvero stanco. Avrò bisogno di 10 caffè stamattina.
«Buongiorno Ste» mi saluta Francesca non appena mi vede. «Gia qua?»
Annuisco afferrando il caffè una volta pronto.
«Ho fretta di risolvere un caso» spiego senza dilungarmi molto.
«Con Emma tutto ok?» mi chiede poi e io mi irrigidisco posando il mio sguardo sul suo.
«Ci siamo lasciati ieri sera» mormoro e lei sgrana gli occhi.
«Oddio ma come Ste? L'hai lasciata tu o lei? Cos'è successo?» sospiro con la testa che mi scoppia per la stanchezza e gli spiego velocemente ciò che è successo.
«Ma è stupida?» scrollo le spalle pronto per tornare in ufficio ma la figura di Emma mi paralizza completamente. Ha una cipolla in testa, gli occhiali scuri sugli occhi e una borsa. Indossa una camicetta bianca lievemente trasparente e un paio di jeans neri stretti a vita alta che evidenziano tutto. Deglutisco vedendo che si avvicina alla segreteria, dice due parole e poi si volta guardandomi. Percepisco un "ah okay" e poi viene verso di noi.
Arrivata si ferma davanti a me.
«Ciao Fra, ciao..» borbotta guardando ora anche me. «Dovrei parlarti» mi dice togliendosi finalmente gli occhiali e mettendoseli sopra i capelli. Annuisco.
«Andiamo in ufficio» annuisce mordendosi un labbro e va verso il mio ufficio e io la seguo. Sì sistema seduta sulla poltrona e io mi siedo dietro la mia scrivania dopo aver chiuso la porta.
«Vorrei licenziarmi» sbotta e sussulto «Ti ringrazio tantissimo per avermi offerto questa possibilità ma voglio prendermi una pausa da tutto e da tutti. Credo di andare dai miei in Puglia per un po', con Nicco ovviamente». Non riesco a controbattere, anzi non riesco proprio a parlare.
«Dimmi cosa devo fare per licenziarmi così non ci penso più» continua e stavolta reagisco anche io.
«Ma che cazzo ti prende?» chiedo nervoso «Marco ti ha fatto il lavaggio del cervello?»
«Ma che dici! No per niente! Sono io che non riesco a capire più niente della mia vita» risponde lei.
«Dimmi che cazzo ti ha detto quello» sbatto in pugno sul tavolo.
«Niente e non lo chiamare "quello" ha un nome. È stata una delle persone più importanti della mia vita e lo è ancora siccome è il padre di mio figlio sotto tutti gli effetti» mi muoiono le parole in gola. Ma si rende conto che cosa mi sta dicendo e come mi sta facendo sentire?
«Hai fatto una ripassatina stanotte con quello è? io sono stato solo d'aiuto per te, niente, mi hai solo sfruttato. Sei una puttana» stringo gli occhi dopo essermi accorto ciò che ho detto ma non faccio in tempo a rendermi conto di niente che sento Emma alzarsi e poi uno schiaffo in piena faccia.
«Sei un coglione! Davvero pensi che ci ho scopato? Davvero pensi che ti ho solo sfruttato?» blocco le sue mani che hanno iniziato a tirarmi botte qua e là e mi alzo.
«Lasciami Stefano lasciami» cerca di ritirare le sue mani via dalle mia e io le lascio per paura di stringerle troppo e farle del male.
«Mi hai anche chiamata puttana..» piange a me si stringe il cuore «Ma chi hai conosciuto in questi mesi? Chi?» prende la sua borsa per poi tornare a guardarmi.
«Vaffanculo» dice per poi sbattere la porta e uscire. Non appena sento il rumore secco della porta stringo gli occhi buttandomi seduto sul divanetto e sbuffando amaramente.
Non ci sto capendo più niente, sto a pezzi. Penso ma giusto un attimo perché poi esco fuori dalla porta rincorrendo Emma, la seguo giù fino a che non esce fuori dall'edificio e non appena la raggiungo, dopo averla chiamata qualche volta, la volto verso di me.
«Fermati, ascoltami» le dico pregandola quasi «Scusami.. solo che mi sembra tutto assurdo».
Ha gli occhi lucidi.
«Sono io a doverti chiedere scusa per l'inferno che ti sto facendo passare, dobbiamo stare lontani Stefano ti sto solo dando problemi» ammette ma io sospiro guardandola accennando un problema.
«Ma a me non interessa perché ti amo» affermo. Mi guarda prendendo fiato.
«A Marco non gli interesso, si è riavvicinato a me, oltre per conoscere Niccolò anche per essere salvo dalla prigione» spiega «Un po' come cavia perché si sa che se hai un bambino è difficile che ti mettono dietro le sbarre»
«Senti facciamo una cosa, intanto tu non fare cazzate. Non ti licenziare, chiarisciti prima le idee. Poi, sali nel mio ufficio che è meglio parlarne li di certe cose» finalmente annuisce e si decide a tornare su.[Emma]
Sono nella scrivania davanti a Stefano e gli sto spiegando ciò che mi ha detto Marco ieri sera.
«É colpa di Riccardo» ribadisco «Lui se ne è approfittato di tutto e ora Marco è nella merda fino al collo perché il giro di droga è tutto intorno a sé e la gente ce l'ha con lui per i debiti» spiego «Diciamo che si, sta usando suo figlio per salvarsi dalla galera però un minimo ci tiene Ste, sono sicura anche perché mi ha detto che si interessava a noi ma voleva starci lontano per non interpellarci nel casino ma ora siamo l'unica via d'uscita per lui, capisci?»
Mi guarda mordendosi nervosamente un labbro.
«É una situazione un po' critica» replica Ste. «Ed è difficile» sospira passandosi una mano tra i capelli. «Lui ha sbagliato Emma» cerca di spiegarmi «E non credo di avere il potere o il diritto di farlo stare fuori dalla galera». Mi mordo un'unghia nervosa. Non voglio che mio figlio cresca con la paura di avere il padre in carcere. Non voglio che venga deriso, non voglio che venga preso in giro. Già mi sento in colpa di tutto, di chi sono, di come mi sto comportando con la gente intorno a me. Deglutisco cercando di trattenere le lacrime ma non ce la fanno, escono.
«Tu lo ami ancora?» mi chiede Stefano apparentemente calmo ma io nego subito, sicura.
«Ho paura per Niccolò» ammetto davvero spaventata «In questi anni ho cercato di proteggerlo da tutto e da tutti ma invece è successo il peggio. Sono una mamma schifosa» Ste mi guarda restando un po' in silenzio.
«Emma non è vero, hai fatto di tutto per lui e era inevitabile tutto questo. Sapevi anche tu che prima o poi sarebbe successo e venuto fuori» mi spiega mantenendo apparentemente la calma «È stato per principio questo tipo di lavoro che ha scombussolato tutto. Forse si, ti conviene un po' scendere dai tuoi e staccare la presa» sospira abbassando lo sguardo e sento il petto svuotarsi. Ha praticamente confermato che ci stiamo lasciando, che io devo lasciare questo posto per alleviare il caso e per rilassarmi un po'. Sto con la testa china immaginando parole sue come 'resta' che in realtà non ci sono. Sto immaginando che accada qualcosa che potrebbe farmi stare bene, ma non accade niente. Sono stanca, stufa, di tutta la situazione che mi circonda da anni. Sono stanca di non trovare una via d'uscita. Alzo lo sguardo, lo guardo un'ultima volta e poi mi alzo andandomene. Mi chiudo la porta alle spalle come se stessi chiudendo un capitolo della mia vita anche se spero che non sia così. Torno a casa e la prima cosa che faccio è chiamare Marco, spiegargli la situazione e che parto domani mattina. Che stasera potrà vedere Niccolò per salutarlo. Fortunatamente non ha avuto niente da ridire, ha detto va bene, che se ho bisogno di allontanarmi per staccare la presa ho tutto il diritto di farlo.Ecco concluso il 27º capitolo. Che dire ragazzi, quanto temo è passato? Siete spariti tutti o ci siete ancora? Vi chiedo scusa per tutta questa assenza. Spero possiate perdonarmi. Vi voglio bene
-Miley
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Senza Averti Mai
FanficQuando tutto sta crollando, quando le aspettative sono poche e quando non ti resta veramente niente arriva il momento in cui con le tue uniche forze cerchi di rialzarti. Ma no, non lo fai per te, lo fai per chi hai messo al mondo: lo fai per tuo fig...