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[Emma]

Più i giorni si fanno avanti e più Stefano è strano. È come se volesse dirmi qualcosa ma non mi dice mai niente. Vuole apparire tranquillo ma in realtà è pieno di pensieri. Io invece mi sento una stupida. Un momento prima lo chiamo per bisogno di dirglielo mentre un momento dopo non ci riesco. Il fatto è che ci tengo troppo, che la paura di perderlo mi uccide. Oggi sono venuta nel suo ufficio. Volevo stare con lui. Lo osservo mentre lavora, intento sui fogli e sul computer.
È bellissimo. Ad un tratto incurva le sopracciglia leggendo un foglio.
«Vieni qua» mi richiama e mi alzo dalla poltroncina per avvicinarmi a lui. Controlla qualcosa su dei documenti sul PC.
«Che c'è?» chiedo mentre lui mi fa sedere sopra le sue gambe.
«È stata rilasciata una denuncia anonima del locale EXIT "Donne usate, maltrattate e minacciate"» il mio cuore si fa piccolo quando vedo quello che mi ha spiegato. Chi è stato? Ho il pensiero fisso su Niccolò.
«Ma chi cazzo è stato?» domando leggermente agitata.
«Non so, ti ho detto che è anonima e comunque dovresti essere contenta» replica lui altrettanto nervoso. In questi giorni è sempre così, ormai sono abituata.
«Si può sapere perché mi rispondi di merda in questi giorni?» mi alzo dalle sue gambe guardandolo fisso negli occhi. Sono senza veli.
«Di merda come?» sbuffo tornando verso la poltrona e prendendo la mia borsa.
«Risponditi da solo» prendo anche il telefono.
«Adesso te ne vai anche? Senti Emma sono nervoso perché non mi parli continui a essere riservata e a me non va. Capisci che mi piaci? Ma come posso fidarmi di una persona che ha paura di parlare con me? Pensavo fossimo diventati qualcosa ma se continui a fare così vuol dire che l'interesse dalla tua parte non c'è» mi dice tutto questo con una calma apparente che mi fa quasi paura. Deglutisco sentendomi per l'ennesima volta troppo stupida.
«Non dire stronzate» mi limito a dirgli «Lo sai che non è vero quello che hai detto»
«In questo momento non so più niente Emma» mi muoiono le parole in gola. La mia voce si spezza come qualcos'altro. Lo guardo con gli occhi lucidi.
«Ste io non te lo dico perché non voglio perderti» ammetto con un filo di voce. Alza lo sguardo e incrocia il mio.
«Se non me lo dici è solo peggio» mi dice ancora più freddo. In due secondi tutti i muri che avevo intorno mi crollano. Non voglio che fa così, non voglio questo contatto cosi freddo con lui.
«Ste» sussurro buttando la borsa sul divano e mi avvicino nuovamente a lui. Non mi guarda neanche e mi fa troppo male.
«Ste.. guardami» tiene la mascella contratta e poso una mano sulla sua guancia per cercare di addolcirlo.
«Dai.. Ste» mi siedo sulle sue gambe ma evita qualsiasi tipo di cosa.
«Stefano non fare così.. ti prego» dico con la voce spezzata a un centimetro dalle sue labbra.
«Tu non immagini quanto io tengo a te.. quanto fa male la paura di poterti perdere» sospiro «Ho passato un'adolescenza di merda.. non immagini neanche e ora con te ho paura. Ho troppa paura di perderti. Non è perché non te lo posso dire, io posso non è quello il problema.. ma non voglio Ste. Non me la sento perché dirtelo vorrebbe dire farti allontanare e sono sicura che almeno per un attimo ti allontanerai» cerco i suoi occhi cercando di voltargli leggermente la testa e finalmente mi guarda. Sorrido leggermente.
«Ti devi fidare di me Ste, ci tengo tantissimo» mi guarda dentro agli occhi e poi le labbra. Mi avvicino lasciandogli un bacio a stampo che inizialmente non ricambia.
«Ti voglio bene, davvero tanto» gli intimo e finalmente mi tira a se baciandomi. In due secondi tutto quello che prima si era spezzato si riaggiusta. Stare vicino a lui e al suo cuore mi fa stare bene.
«Sono così cotto che potrebbe passarmi un treno sopra» adesso parla lui e io sorrido «Spero di darti tutta la fiducia per riuscire un giorno a farti parlare» mi stringe a se.
«Lo farò»

[...]

Stasera il locale non sarà pieno, da come ho capito, anche se è sabato. Sono le 22, è presto ma Riccardo mi ha detto di essere qui prima. Entro mostrando il mio tesserino e mi fanno passare. Ancora non è pronto niente, molti scatoloni sono a terra. Qualcuno sta sistemando le luci, altri gli addobbi.
«Riccardo ti aspetta nel suo ufficio» mi dice un tecnico e io faccio un sospiro enorme. Poso il borsone da un lato e mi avvio nel suo ufficio. Busso e subito la sua voce arriva forte al di la della porta con un "avanti". Apro e lui mi vede subito ma fa finta di niente.
«Mi hanno detto che mi volevi» spiego.
«Spogliati» dice duro e io spalanco gli occhi «Ho detto spogliati, troia» deglutisco «Veloce».
Indietreggio un po' pensando a Stefano e lui si alza sbattendo le mani sulla scrivania.
«Cazzo non me lo far ripetere, spogliati zoccola, spogliati» urla e io mi sento quasi svenire. Faccio come dice prima che mi faccia del male. Mi spoglio prima della maglia, poi dei jeans, rimanendo in intimo.
«Devi toglierti tutto» stringo gli occhi togliendomi reggiseno e poi perizoma. Il mio petto si muove incessantemente. Non riapro gli occhi ma sento afferrarmi con forza il polso e sbattermi al muro.
«Che cazzo è questa?» mi mostra un foglio, anzi, il foglio. È il foglio della denuncia. Mi sento mancare l'aria «Sei stata te puttana vero?». Sento un forte dolore al fianco e solo adesso mi accorgo che ha la sua cintura in mano.
«Rispondimi» un altro colpo di cintura arriva sul mio sedere e i miei occhi si fanno lucidi. Nego con la testa cercando di rimanere normale.
«Di la verità» mi incita nuovamente.
«Non sono stata io Riccardo» sussurro in modo abbastanza deciso. Molla la presa rimanendoci un po' male, o forse proprio non se l'aspettava.
«Sul divano» mi indica il sofà del suo ufficio e prego tutti i santi che non mi faccia niente «Sul divano a 90 gradi, muoviti».
«Ti prego Riccardo.. io non vog..» ci provo ma lui urla sopra la mia voce tanto da farmi riscuotere.
«Veloce!» mi dirigo verso il divano con il cuore che si fa piccolo. Mi metto come ha detto e sento varie frustate sul mio sedere. Mi mordo un labbro cercando di trattenermi ma è inutile. Piano, piango in silenzio sperando che questa tortura finisca presto. Penso a Stefano, al fatto di quanto io possa fare schifo in questo momento. Non si merita una persona come me, non se la merita.
«Bast..» non riesco a parlare perché è dolore troppo forte «Riccardo ti prego». Non mi sente, o almeno fa finta di non sentirmi. Monta sul divano e entra dentro di me. No, no ti prego, non è vero. Non è vero quello che sta succedendo. Piango come una bambina, come forse non avevo più fatto. Scusami Stefano, scusami.
Quando finisce tutto questo sono accasciata sul divano. Lui se ne va sbattendo la porta. Non ho forze, mi gira la testa e vedo tutto nero. Credo di avere un calo di zuccheri. Mi fanno male le gambe, mi fa male tutto. Cerco di alzarmi ma non ci riesco. Afferro una bustina di zucchero sorpasso la scrivania e la butto giù. Perché sono qua? Cosa ho fatto per meritarmi tutto questo? Mi alzo, con calma e vado verso il bagno. Rigurgito l'anima sperando dopo di stare meglio e solo adesso mi accorgo che sanguino un po' tra le gambe. Era da un botto che non mi usciva più il sangue quando facevo sesso. Spero non sia un'emorragia interna, o almeno spero non sia grave. Mi do una sciacquata veloce e poi prendo un tampax dentro la mia borsa e me lo metto. Mi rivesto e me ne vado. Afferro il mio borsone senza farmi vedere da nessuno e scappo. Io non ci metterò più piede qua dentro, non farò più niente. Non muoverò un dito per nessuno, voglio annullarmi. Voglio sparire. Sono inutile, sono idiota, faccio del male alla gente. Perché sono qua?
Entro in una discoteca lasciando il borsone nel guardaroba e mi annullo veramente. Bevo fino a scordarmi di tutto.

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