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[Emma]

Rido tenendomi stretta a Ste che per riuscire a portarmi in camera sbatte su quasi tutte le pareti. Sono ubriaca, lo ammetto però qualcosa riesco ancora a capire.
«Piano che svegliamo Nicco» continuo ridendo.
«Amore Nicco lo abbiamo lasciato dalla mamma di Francesca, dorme li» mi ricorda. Già, giusto.
Continua ad attraversare i corridoi di casa mia iniziando a darmi dei leggeri schiaffetti sul sedere che più di essere coperto è scoperto da questo vestitino che ormai è salito su.
Ho l'alcol in circolazione e mi sento leggera. Rido soltanto, ma rido davvero, non per finta.
«Dai amore scendimii» lo supplico da un bel po' ma tutto quello che fa è tirarmi più su, così tanto da ritrovarmi con la pancia sulla sua spalla e la testa all'ingiù di fronte al suo sedere.
Continuo a ridere senza sosta.
«Vedi che poi te lo faccio anche io» dico schiaffeggiando anche io il suo sedere e la mia delicatezza è pari a 0.
«Aaih amore! Ma io non ti faccio così male» mi ritira alla sua altezza e mi fa scendere. Barcollo un po'.
«Sei completamente fuori» ammette e rido.
«Ci sta» rispondo io mentre tento di slegarmi il vestito da dietro. Ho una voglia assurda di lui.
«Che dai resti lì impalato? Aiutami» mi volto e lascio che mi tiri giù il vestito. Una volta a terra lo lancio via da qualche parte di casa mia e mi volto verso di lui con solo il perizoma. Non sono abituata a mettere il reggiseno con i vestiti.
Mi guarda, mi guarda con il solito sguardo perso per il mio corpo e a me fa impazzire. Mi butto addosso a lui baciandolo immediatamente. Non lascio passare secondi, minuti, ore. Ho già perso troppo tempo nella mia vita e ora che sto pensando a me stessa, ora che finalmente sto vivendo, mi sento felice come non mai.
«Sei un po' troppo vestito ancora» dico tra un bacio e l'altro, mentre ansimo leggermente. Sbottono la sua camicia sfilandola e gettandola via e poi lo stesso faccio con i suoi pantaloni che mi aiuta a toglierli. Lo ribacia attaccando il mio corpo completamente al suo. Finalmente le sue mani si posano sui miei fianchi per poi scendere giù, sul mio bacino. È bello dire "è mio", è bello dire che è di nessun altro. È solo ed esclusivamente mio.
«Mi fai male stanotte?» supplico e sento che ride leggermente.
«Se mi prometti che sarai sempre e solo mia, che non scapperai mai, che mi parlerai sempre e mi confiderai qualsiasi problema che riscontri» risponde posando una mano sotto il mio mento e alzandomelo, consentendo così di guardarci negli occhi.
«Si amore, sempre e solo tua. Sempre..» sorride baciandomi «Solo tua e tu mio». Mi stringe sfilando il mio perizoma e lasciandolo scivolare a terra e lo stesso lo fa con i suoi boxer. Le sue dita finiscono sulla mia intimità e faccio quasi fatica a reggermi così in piedi per il piacere che sto provando. È bello essere solo di una persona, e non una persona qualsiasi, ma una persona a cui tieni, alla quale doneresti oltre al corpo anche l'anima. Toglie le dita e mi volta. Poso il mio corpo sulla scrivania di camera mia e mi lascio penetrare in una delle mie posizioni preferite. Se ripenso alla me di qualche settimana mi viene ribrezzo. Odiavo il sesso da quante volte lo facevo, odiavo parlare di sesso con i miei amici. Ora, con Ste, non riesco proprio a farne a meno. Mi piace da impazzire e mi piace lui. Che poi, con lui, non è semplicemente sesso. Sto facendo l'amore, o meglio, stiamo. Cerco invano di aggrapparmi a questa scrivania mentre i gemiti escono automatici dalla mia bocca. Ste si ferma un momento, uscendo da dentro di me e rialzando il mio busto. Mi appoggio a lui di schiena e mi stringe. Lo amo, io amo qualcuno dopo non so quanto tempo.
Mi volto verso di lui e lo ribacio mentre finiamo sul letto. È sotto di me e aiuta a posizionarmi. Mi lascio nuovamente penetrare. È il mio piccolo vizio lui e continuo così per tutta la notte, invertendo le nostre posizioni e facendo toccare i nostri cuori.

[...]

Ho la testa scombussolata. È arrivato il giorno  che volevo non arrivasse mai. Sono passati due giorni e oggi abbiamo l'incontro con gli assistenti sociali a Roma centro.
«Ma quindi prendiamo il trenooooo? Andiamo anche a vedere il Colosseo?» Nicco ci riempie di domande alle quali fortunatamente risponde Ste. Sono troppo in ansia per rispondere con calma a mio figlio. Risponderei solo nervosa e non mi va, non a lui. Ho chiesto più volte di lasciare Nicco qua ma Ste ha insistito dicendo di portarlo, dicendomi che per questo incontro è importante anche la presenza del bambino. Sono giorni di fila che facciamo l'amore e ancora non ne ho mai abbastanza. Ho diversi pensieri, sparsi. Non hanno un ordine preciso. Tipo adesso penso al fatto che sono quattro anni che non torno a Roma centro. Sono quattro anni che ho lasciato casa mia, anche solo tornare in centrale mi fa impazzire. Ho paura. Ho ansia di rivedere tante di quelle persone, tanti di quei miei amici. Ho il terrore di rivedere lui. Ho veramente tanta paura e ringrazio di avere Stefano accanto.
«Eccolo, guarda Nicco sta arrivando» Ste premurosamente tiene Nicco in braccio, ho l'ansia dei binari e dei treni.
Non appena il treno si ferma Ste lo fa scendere e saliamo cercando dei posti liberi. Non riesco a parlare, non riesco a fare niente. Non mi accorgo neanche che adesso siamo già a sedere, partiti.
«Mamma ma quindi adesso che succede?» guardo mio figlio spaesata.
«Vedi Nicco, niente di che.. andiamo a risolvere questa cosa del lavoro di mamma, che ti avevo un po' spiegato e poi basta.. promesso. Facciamo tutti i giri che vuoi» gli sorrido e lui batte le manine.
«Ste è brava mamma vero? Lo sai che gli voglio tanto bene perché anche se non ho un papà c'è lei che pensa a tutto» sussulto. Non aveva mai detto niente di ciò. Non mi aveva mai chiesto niente su suo padre, solo una volta qualche mese fa.
«Si è bravissima mamma Emma» dice Ste di fronte a noi. Abbiamo occupato i posti a quattro fronte retro.
«Gia.. io non ho un papà. Dice mamma che sono un bambino speciale per questo! Ma non so quanto possa essere speciale non avere un papà..» deglutisco guardando Ste.
«Secondo me sei speciale già così con solo tua mamma» afferma Ste «Siete forti e grandi abbastanza, non vi serve necessariamente il papà»
«Ma ci sei tu Ste con noi!» urla Nicco felice e mezze persone si girano. Dio che figuraccia. Ste ridacchia, io invece sono imbarazzatissima. Con questo discorso ho paura di pressare Stefano e Niccolò non se ne rende conto, è piccolo. Stefano non sta con me per tappare il buco di quel coglione che ci ha lasciati da soli e neanche per sostituirlo. Stefano è un'altra cosa, molto più bella e speciale e non ho intenzione di perderlo per questo discorso.
«Ma quanto pensa tua mamma Nicco?» chiede Ste ridendo. Non mi fa pensare niente quando io gli faccio pesare tutto, anche la mia situazione.
«Su Em, basta.. so a cosa pensi e sai anche tu che non ti devi preoccupare» mi guarda tranquillo. Gli sorrido leggermente ma oggi i pensieri e l'ansia non mi lasciano un attimo. Il treno si ferma per l'ennesima volta ma stavolta annuncia di essere arrivato. Sento "Roma Termini" e spalanco gli occhi. È qui dove sono nata, qui dove sono cresciuta, a pochi metri dal Colosseo. Fuori dal vetro vedo Roma, il suo caos, casa. Mi è mancata un po', però tiene ancora tanto dolore questa eterna città. Deglutisco guardando fuori dal finestrino. Mi manca quasi l'aria.
«Amore» mi richiama Ste già in piedi con Nicco. Si tengono per mano.
«Andiamo» continua e io annuisco cacciando via i ricordi. Mi alzo e li seguo fino all'uscita del treno. Non ci credo davvero, sono tornata.
«Allora facciamo che adesso andiamo, tanto l'appuntamento è tra un'oretta ma calcolando la metro e tutto ci torna benissimo» spiega Ste.
«Sisi, va bene Ste» i miei piedi vanno da soli. La stazione di Roma è sempre troppo confusionaria, questo non è mai cambiato. Come non è mai cambiata la struttura di essa. È sempre tutto, troppo, uguale.
«Mamma che cos'è la metro?» chiede Nicco afferrandomi una mano. È tra me e Ste, io e lui che lo teniamo per mano. Sembriamo quasi una famiglia. Peccato. Peccato perché Stefano in realtà non c'entra niente con mio figlio, però è bello vederci così e immaginare che davvero Stefano facesse parte del nostro noi già da molto tempo prima.
«Amore la metro è tipo un treno che va sottoterra!» rispondo a Nicco che entusiasta sgrana gli occhi sussurrando uno "Wow".
Persa tra i pensieri e il casino di Roma, persa tra gli occhi della gente in metro finalmente mi ritrovo davanti alla struttura degli assistenti sociali. Ho un dolore forte al petto che ormai continua da giorni. È ansia, paura e nervoso. Questo edificio mi ricorda troppe cose.

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