Capitolo 100

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Dylan

Al mattino seguente tutto fila liscio, fino al pomeriggio. Le giornate iniziano a farsi sempre più belle e le cose da fare sono tante. Stiamo aspettando che arrivi la metà di luglio per poter passare una settimana a Seattle, proprio come desidera Tobía. Ne è affascinato ormai.
Ha fatto una sorta di promessa con la madre e evidentemente ogni hanno, per una settimana o poco più, dovremmo andarci.
Se ve lo state chiedendo, sì, mi sta bene.
L'unica cosa che desidero è accontentare la mia famiglia e poi il resto non conta.
<<Papà>> mi sento chiamare al piano inferiore. Corro immediatamente fuori dal bagno e mi affretto ad arrivare in salotto.
<<Che succede?>> chiedo.
<<Vieni qui?>> mi chiede Tobìa battendo una mano sul posto vuoto accanto al divano.
<<Dimmi>> lo incalzo.
Spegne la Tv e sbuffa.
<<Io mi annoio qui in casa>> ammette.
<<Che vuoi fare?>> domando.
<<Voglio uscire>> risponde senza incrociare il mio sguardo. Odio quando fa così.
<<Puoi guardarmi mentre ti parlo per piacere??>> chiedo gentilmente.
Non voglio rimproverarlo, ma esigo che abbia la giusta educazione. Quella che purtroppo non ho avuto io, ma che con il tempo ho imparato grazie a mia moglie, Chloe.
<<Scusami papà>> dice lui in tono dolce.
<<Dove vuoi andare?>>.
<<Non lo so, basta che non si vada al mare o in piscina perché non ne ho voglia>> mi avverte.
<<Hai qualche idea papà?>>.
Forse una ne ho.
<<Ti andrebbe di andare a vedere il posto dove mamma e papà si sono conosciuti per la primissima volta?>> chiedo a mio figlio.
<<Sii>> dice entusiasta lui.
<<Bene, allora vai a metterti le scarpe che io nel mentre avverto la mamma e le tue sorelle>> ammetto.
<<Si papà, va bene>>, scende dal divano e corre a mettersi le scarpe.
Mi chiamerà papà almeno 115 volte a giorno, ma vi giuro che lo adoro quando lo fa.
È una soddisfazione troppo grande per me.
<<Ragazze, posso?>> chiedo bussando alla porta di Hope e Marylin.
<<Sì>> sento dire da una delle due.
Entro e vedo Chloe in ginocchio, intenta ad infilare una scarpina a Marylin.
Hope invece sembra già pronta per uscire.
<<Oh Dylan, menomale che sei venuto. Le bambine vorrebbero uscire. Vi andrebbe di venire con noi a prendere un gelato oppure preferite rimanere a casa?>> mi chiede Chloe.
<<Oh be', in realtà anche Tobìa voleva uscire. Mi ha chiesto esplicitamente di non andare al mare o in piscina, così gli ho detto che l'avrei portato a vedere il posto dove i suoi genitori si sono conosciuti per la prima volta>> ammetto.
<<Al college?>> chiede lei alzandosi in piedi, una volta finito con la scarpa.
<<Sì>> affermo.
<<Oh.. È una cosa carina>> dice timidamente.
<<Ma credo che ormai sia troppo tardi per invitare anche voi o sbaglio?>>.
<<In realtà no, cioè per me non ci sono problemi. Solo che le bambine volevano un gelato>> ripete mia moglie.
<<E che problema c'è mamma? Andiamo in questo posto e al ritorno prendiamo il gelato>> dice in tono sapiente Hope.
<<Ottima affermazione piccola>> dico puntandole un dito contro.
Lei mi fa l'occhiolino ed io le sorrido.
<<Ti va allora?>> incalzo Chloe.
<<Si ma certo>> rivela.
<<Allora tra dieci minuti vi aspetto tutti in macchina. Tobìa si sta mettendo le scarpe>> confesso a mia moglie indicando la stanza accanto del piccolo.
<<Arriviamo>> replica mia moglie.
Scendo le scale saltellando e poi, afferrando le chiavi di casa, esco ed entro in macchina.
Accendo la radio mentre aspetto l'arrivo della mia famiglia e poi metto in moto la macchina.
<<Siete pronti?>> chiedo dopo qualche minuto. Mi giro verso i bambini e mi accerto che tutti quanti si siano legati.
<<Sì papà>> risponde Marylin.
<<Bene possiamo partire allora>>.
Con il cambio metto la retromarcia e poi sterzo a sinistra in modo da uscire dal cancello.
Come già sapere il tragitto non è affatto lungo, sarà più o meno un quarto d'ora di macchina.
<<Ragazzi, prima ancora che ci rimaniate male vi dico già subito che non potremmo entrare dentro purtroppo>> ammetto guardando i miei figli dallo specchietto dell'auto.
<<Perché?>> domanda Hope.
<<Perché non si può>> rispondo.
<<Ma nonno lavora lì!!>> esclama mio figlio.
<<Sì lo so, ma non possiamo ugualmente>>.
<<Io entro, non mi importa>> ribatte lui.
<<Tobìa>> lo richiama la madre.
<<No mamma, io voglio entrare e vedere il posto che ha fatto sbocciare il vostro amore>>.
<<Per avere 4 anni e mezzo sei fin troppo sveglio mio caro>> gli ricordo.
<<Per chi mi hai preso? Mica sono te>> ribatte lui. Faccio il finto offeso e poi continuo a guidare. Una volta arrivati, parcheggio in quello che un tempo era il mio solito posto e poi scendo di macchina.
<<Oddio, erano un sacco di anni che non ci venivo>> ammette Chloe guardandosi attorno.
<<A chi lo dici>> replico guardando la struttura ancora in perfetta forma.
<<Possiamo fare un giro all'interno del college?>> chiede Tobìa.
<<Se ti riferisci all'interno degli edifici no Tobìa, lì davvero non possiamo e tua madre può confermare>> dico io.
Lui guarda la mamma e lei conferma appieno.
<<Però vieni, ti mostrerò l'entrata>>, gli porgo una mano e lui me la stringe.
Chloe mi affianca tenendo in braccio Hope e per mano Marylin.
Una volta arrivati difronte all'entrata dell'edificio dico: <<Ecco. Questo era l'edificio dove io e Chloe facevamo le nostre lezioni>>.
<<Mentre quello laggiù..>>, ne indico uno alla mia destra e continuo a dire: <<era il dormitorio di vostra madre>>.
<<E tu dove dormivi papà?>> chiede Marylin.
<<Vivevo a casa mia, cioè in quella che ora è casa nostra>> rispondo.
<<Che figo>> commenta Hope.
Guardo la donna al mio fianco e il vento le sferza un capello sul volto. Rimango lì fermo a guardarla senza mai smettere di togliergli lo sguardo di dosso e solo ora, in questo preciso momento, capisco di essere l'uomo più fortunato del mondo.
Prima lo sapevo, ora ne sono più che convinto.
Non ho mai creduto nelle favole, ma lei me la sta facendo vivere una. Sicuramente non è una di quelle classiche fiabe romanticone, ma va bene così. La nostra storia è una cosa a parte.
Lei è la mia regina ed io il suo Re.
Ed è inutile ormai dirlo ma: la amerò finché non tirerò il mio ultimo respiro.
E questo è quello che conta, per noi e per tenere ben saldo il nostro grande amore.
<<Un giorno verrò a studiare qui>> dice esplicitamente Tobìa.
<<Sei ancora troppo piccolo per dirlo, ma te lo auguro>> replico.
<<Dico davvero papà>> insiste.
<<Va bene va bene>> mi arrendo.
<<Anche noi>> dicono le piccoline.
<<Scegliete sempre di testa vostra, non fatevi influenzare>> replico a mia volta.
<<Che vuol dire?>> chiede Marylin.
<<Influenzare significa condizionare in un certo senso le idee di un'altra persona, e non solo. Anche nel comportamento o nell'atteggiamento È come un super potere Marylin. Non so bene come spiegartelo ma in un certo senso è come un potere che hai su un'altra persona, e questa influenza avviene quando riesci a cambiare qualcosa nell'altra persona malgrado non lo voglia davvero>> spiego a parole mie.
<<Ho capito>>.
Facciamo qualche altro giro.
Gli mostriamo il bar dove quasi sempre Chloe si trovava con i suoi vecchi amici e la confraternita.
<<Posso avere il mio gelato adesso?>> chiede Hope mettendosi un dito in bocca e assumendo una faccia dolce.
<<Si amore adesso andiamo>> confessa Chloe e subito gli toglie la mano dalla bocca.
Mentre ci avviamo verso la macchina penso a quanto sia passato veloce il tempo e a quanto io e Chloe siamo cambiati una volta usciti da qui dentro. Nel profondo del cuore saremo sempre quei due piccoli ragazzetti alle prime armi che non sapevano affrontare i problemi della loro relazione, ma sono fiero di me stesso e di noi per essere cambiato così tanto.
È incredibile pensare che la nostra storia sia iniziata e finita proprio qui: alla University of Southern California.
Ad oggi ripartiremo proprio da qui, ma sotto un'altra forma. Adesso siamo una famiglia, non siamo più soli ormai.
Adesso siamo Chloe, Dylan, Tobìa, Marylin e Hope. Nel mio passato questa università mi ha portato un nuovo inizio, mi ha regalato il mio dono più grande: mia moglie. E spero che ad oggi me ne dia tantissimi altri, portandomi fortuna anche con i miei figli.
<<Prima che tu possa chiedercelo papà, sì, abbiamo tutti inserito la cintura>> ammette Tobìa una volta rientrati in macchina.
<<Bravi>>, dico infilandomela pure io.
Controllo per sicurezza che sia vero, poi parto e come destinazione digito una gelateria di Los Angeles, la migliore sottolineerei.
Mia moglie si gira verso il finestrino per guardare fuori ed io le poso una mano sulla coscia. Lei posa la sua mano sopra la mia e continua a guardare fuori.
La musica in sottofondo tiene allegri i bambini e dallo specchietto vedo Tobìa canticchiare la canzone che stanno passando alla radio.
È ufficiale ormai la cosa.
Ho bisogno solo di lei e dei miei figli, niente di più. Se adesso sono qui, seduto su questa macchina è solo grazie a lei.
A lei che mi ha accettato così come sono, imperfetto e pieno di difetti.
Mi ha accolto a braccia aperte nella sua vita, e nonostante gli abbia fatto ripetutamente del male, lei mi ha sempre perdonato.
<<Tutto ritorna>>, era questa la frase che mi ripetevo più e più volte ogni volta che litigavo con lei. Speravo che tutto tornasse come prima, che lei tornasse soprattutto.
Non solo in casa nostra, ma da me.
È incredibile di come sia passato così in fretta tutto questo tempo. Ormai sono anni che la conosco e non avrei mai immaginato di arrivare fino a questo punto.
Insomma, guardateci... Da sconosciuti siamo passati a fidanzati, da fidanzati a conviventi e adesso siamo finalmente marito e moglie.
Con tre bambini che amiamo alla follia, essendo in più il frutto del nostro amore.
È riuscita a cambiarmi, a farmi ragionare. È riuscita a donare luce nella mia vita e ha lasciato un segno indelebile in me.
Non la ringrazierò mai abbastanza.
Adesso ciò che ci aspetta è molto più grande e complesso di quello che ci aspettavamo.
Adesso, come ho già ripetuto in precedenza, non ci sono più un Dylan Walker e una Chloe Johnson, adesso siamo una famiglia, composta da cinque persone. Sono pronto ad un nuovo inizio con questa splendida donna, e con i miei tre guastafesti preferiti che mi rubano sempre il cibo. Ne abbiamo passate davvero tante in questi anni. Litigi, pianti, risate, arrabbiature, sfuriate... Insomma, di tutto e di più. Le nostre strade per un periodo si sono divise, ma alla fine ci siamo sempre ritrovati. Le nostre strade opposte erano fatte per rincontrarsi un giorno, perché evidentemente anche il destino ha capito che abbiamo bisogno l'uno dell'altra.
Abbiamo avuto parecchi periodi no, ma ci sono serviti per capire le necessità e il bisogno che abbiamo di averci a vicenda.
Tutti quei momenti pessimi ci sono serviti a capire ciò che volevamo veramente ed è stato impossibile affogare un sentimento così forte, ormai esistente dalla prima volta che ci siamo guardati negli occhi.
Ci abbiamo provato, stando anche separati per due anni e mezzo, ma il nostro amore e la nostra chimica era troppo forte.
Ad oggi posso dire che amo mia moglie e che sono felice della mia vita e di quello che sono. Ho una donna che mi ama, il lavoro dei miei sogni, la casa che desideravo fin da quando ero bambino, dei figli che amo da impazzire e una famiglia che, pur avendo detto migliaia di volte di non volerla, desideravo tanto.
Le ho giurato amore eterno e così sarà.
Sin dalla prima volta che l'ho vista, mi sono esposto come una persona orribile e non avrei mai pensato, nemmeno lontanamente, di poter diventare l'uomo che sono oggi. Sono fiero di lei, della sua carriera e del cammino che abbiamo percorso finora insieme.
Non smetterò mai di amare questa donna, è l'amore della mia vita ed è la mia áncora di salvezza. Finalmente posso dire di essere degno del suo amore, un'amore incondizionato.

Nothing more 5 || amore incondizionato Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora