꧁☬ 5 ☬꧂- L'aquila e il serpente

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Lo sguardo che le avevano riservato dopo la sua rivelazione le era rimasto impresso nella mente come l'immagine nitida di un dipinto: seri ed increduli. Aveva letto il dubbio e l'ironia, non tanto negli occhi dei suoi compagni di viaggio, i quali oramai avevano imparato a comprendere che in un modo o nell'altro le sue visioni si avveravano sempre. Erano stati gli occhi dei soldati e di suo fratello stesso ad osservarla e giudicarla. Li aveva compresi quegli sguardi: la accusavano apertamente, Pazza, gridavano. Kover aveva provato assieme a Irden a spiegare che dovevano fermarsi e cercare di capire cosa significasse la sua visione, ma Rupe non gli aveva dato ascolto. Perchè mai la luce dovrebbe cadere? cosa significava? forse era una visione errata o forse era inesatta ed incompleta. Questo aveva detto, prima di rimettersi in marcia. Kela aveva provato a consolarla, ma si era sentita talmente tradita che aveva deciso di allontanarsi dal gruppo e galoppare a distanza. Se nemmeno lui credeva alle sue visioni, come poteva sperare di convincere altri popoli ad unirsi a loro? alla loro guerra?. La rabbia e la confusione le vorticavano nel petto come un macigno pesante che non riusciva a spostare.
Non era una sciocca, lei sapeva: se gli altri popoli dello Yutag avessero visto che il fratello, il futuro re, dubitava di lei, perchè mai avrebbero dovuto crederle?. Era un viaggio inutile in partenza. Nella sua testa però i pensieri non smettevano di vorticare. Sapeva quello che aveva visto, e stava cercando di interpretarlo come meglio poteva. La luce che cade. I raggi del sole? ma i raggi del sole portavano la fine dell'inverno, la rinascita della natura e della vita, non la morte e il terrore che aveva visto. Inoltre, lì alla base dei Tre Picchi, era ancora pieno inverno. Faceva talmente freddo che nemmeno le pellicce che le avevano dato per coprirsi e i nuovi vestiti sembravano riuscire ad allontanare il pungente gelo che le infastidiva la pelle. Forse si trattava di qualcosa di distante, lontano nel futuro? tutto dipendeva dalla sua interpretazione. Ricordava bene però anche la neve alta. No, era qualcosa di recente.
Ancora persa nei suoi pensieri, una mano che le toccò la spalla la riportò al presente.
-Tirahn- sospirò, calmando il cuore in piena.
-Scusa non volevo spaventarti. Torna vicino al gruppo, stare lontano è pericoloso-
-Non mi sento in vena di tornare da Rupe.-
Séla guardò in lontananza; il fastidio provato ben visibile sui suoi lineamenti, di solito meno rigidi e più rilassati.
Tirahn sospirò, guardando a sua volta di fronte a loro.
-Come funzionano? le tue visioni intendo. Sono sicure?-
-Anche troppo. Vengono e vanno a piacimento quando tocco le rune. Credo, per quanto assurdo possa sembrare, che siano loro a decidere cosa mostrarmi e quando, non il contrario. Per mia madre era diverso. Quello che papà le chiedeva, lei trovava. Per me, è come se fosse tutto al di fuori del mio controllo-
-Forse è un bene-
-Come può esserlo? a quest'ora avrei potuto chiedere altre informazioni agli Déi, avrei potuto carpire segreti, informazioni, pianificare qualcosa! essere d'aiuto-
-Ti saresti solo stancata, esattamente quello di cui non hai bisogno adesso.-
Tirahn le si avvicinò ulteriormente, sorpassandola e bloccando l'avanzata del suo cavallo con il proprio.
-Pensi che non ti veda? sei dimagrita, stanca. Hai occhiaie pesanti sotto gli occhi nonostante i giorni di riposo. Sembri sempre sul chi vive, pronta a scattare. Alle volte mi chiedo se tu avessi un'arma cosa ci faresti e se saresti in grado di usarla con la testa-
-Avevo un'arma.-
-Bene che tu non l'abbia più-
-Non direi. Aveva una bellissima pietra incastonata nell'elsa, esattamente come quelle nella tua spada-
-Vuoi dire che- ma sei impazzita? sai quanto sono pericolosi gli Amonicus? è un bene che un oggetto del genere non sia in mani tue-
-Perchè no?! perchè dovrei evitarlo! tu ce l'hai. Altri soldati pure. Solo io sono senza!-
-Non ti serve Séla!-
Tirahn la guardava sorpresa ad occhi sgranati; mai si sarebbe aspettata di vederla così agitata e di sentirla urlare a quel modo.
-Sono l'unica che non sa combattere, che non sa difendersi nemmeno. Ho un potere che a differenza del tuo e di quello di Rupe crea più chaos che soluzioni! Dimmi Tirahn, usa la tua mente da generale e soldato, per una volta. Vieni dalla tribù Wanor no? bene, ragiona come uno di loro. Se fossi un soldato qualunque, e non tua sorella, cosa sarei?!-
Il silenzio tra loro si fece pesante, teso. Vide le spalle della sorella irrigidirsi, prima di rispondere, le labbra tirate in una linea dritta senza espressione.
-Saresti l'elemento debole. Un peso-
-Bene. Adesso sai cosa sono. Se non riesco nemmeno ad usare appieno i miei poteri, allora sono niente. I miei amici hanno già rischiato troppe volte la vita per me. Non sarò più un peso per loro nè per nessun altro-
Con rabbia nella postura e la sofferenza negli occhi, sorpassò Tirahn cavalcando lontano, lasciando la sorella nel suo silenzio.


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Tic, tac. Tic, tac. Il tempo scorreva. Davanti a lei le fiamme riflesse nell'acqua. Le grida dei Peftos che le cantavano la canzone della sua venuta e della sua vittoria. Le aquile in cielo che proiettavano le loro ombre sui morti.
A nulla erano servite le loro primitive armi, e nessuno era riuscito a prevedere la loro sorpresa. Era venuta, ed aveva fatto quello che doveva. Sospirò, totalmente indifferente di fronte a tutto ciò che aveva davanti a sè.
-Mia sovrana-
Un soldato le si avvicinò, portando con sè una donna anziana. Ferita a morte.
Urath scese dal suo cavallo, avvicinandosi ai due.
-Rispondi alle sue domande, vecchia-
Il soldato la gettò a terra.
Arrancando sulle sue ossa stanche e le dita ossute, riuscì in un modo goffo e pesante a mettersi sulle ginocchia, guardando con occhi insaguinati la Regina davanti a sè. Ma invece di parlare, sputò a terra.
Urath le sorrise, e poi con calma, silenziosa, le pestò le dita della mano, rompendogliele. La Peftos pianse in silenzio, gemendo.
-Dimmi, vecchia. Potrei risparmiarti la vita, se mi darai informazioni utili-
-Hai ucciso il mio popolo... anche le donne, i bambini..-la sua voce si incrinò- non parlerò. MAI-
Annoiata, Urath sguainò la spada e gliela spinse sul collo.
-Risposta sbagliata.-
La Peftos alzò lo sguardo, sfidandola, e a denti stretti disse:
-La parola del dio LUC...hai scelto la strada sbagliata, Urath. Io, ora, so chi scegliere- disse, pronunciando male le parole della lingua straniera che conosceva a malapena.
-Cosa vorrebbe dire? è una sorta di trabocchetto? voi Peftos non credete negli Déi di Théra.-
-Le strade del dio LUC sono solo due... solo due...- continuava a ripetere - l'acquila afferra il serpente. Aveva ragione...-
-Chi aveva ragione vecchia! Adesso basta!-
Ma la donna le sorrise sputando sangue, e si scaglio con la gola sulla lama, morendo sul colpo.
Il soldato la allontanò di scatto, gettando il cadavere giù per la pianura. Urath, senza batter ciglio, si pulì la spada sulle sue vesti.
-Stupidi selvaggi. Cercate indizi di Rupe nella zona.- Ordinò.
-Si, mia Regina-

In lontananza, tenendosi per mano e con gli occhi colmi di lacrime, due bambini guardavano le fiamme e i cadaveri dei loro fratelli e sorelle. I soldati che li trascinavano e il nulla che restava del loro popolo. Il sangue riempì l'acqua fino alla riva opposta. Il fato aveva parlato. La visione si era avverata. L'aquila aveva afferrato il serpente, proprio come la donna di Vhér aveva predetto. Erano stati puniti per le loro scelte di vita sregolata, senza nessuno pronto a difenderli ed aiutarli. Si strinsero l'uno all'altro, prima di, silenziosi, gettarsi nell' acqua e fuggire.




Buonasera a tutti /tutte.
Purtroppo. stasera un capitolo per me tristissimo: la visione di Séla si è avverata. Aveva avvertito i Peftos, ma non le avevano dato ascolto. Urath ha mosso i primi passi verso di loro. Riusciranno a raggiungere le foreste prima che li raggiunga?

A presto con un nuovo aggiornamento.
baci, Belle

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