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Séla poggió la testa contro le piante che crescevano sulla roccia vicino a lei. Nuovamente legata, quasi fosse un animale, si sentiva stremata e stanca, troppo pesante anche solo per poter provare ad alzarsi e camminare.
Nonostante ció con la mente rivedeva Kela nella sua gabbia più e più volte. Si chiedeva: come é possibile fare questo ad un essere vivente? Come si puó considerare nemico qualcuno che alla fine, non si conosce davvero? Puó l'odio ereditato essere giusto, o si tratta solo di una finzione alla quale la mente si attacca per compiacere gli altri?
Non capiva. Se loro potevano odiare a tal punto qualcuno che non conoscevano, perché lei allora non si sentiva autorizzata ad odiare?
Ne avrebbe avuto tutte le ragioni: suo padre, sua madre, il tradimento di sua sorella.

Non comprendeva tali sentimenti, tale ira. Certo l'aveva sperimentata sulla sua pelle, eppure la temeva. Esattamente come temeva le parole che aveva gridato cosí con foga ai Peftos. Sapeva che aveva ragione, era logica pura e semplice che l'odio attraesse altro odio, ma da qualche parte nel suo cuore, in profonditá, e perché no anche nella sua anima, sapeva che era comunque sbagliato. Un momento di ira non giustifica le azioni compiute o le parole dette.

Mentre pensava ció e si chiedeva cosa fare, cosa era giusto o meno provare, abbandonata a sé stessa in quel vortice di pensieri senza effettive risposte, sentí un grugnire sommesso in sottofondo. Inconfondibile.
Sorpresa e piena di speranza si giró su sé stessa tirando le catene che la incantenavano al suolo, cercando nell' oscuritá attorno a sé un qualcosa di familiare.
Le torce del villaggio erano lontane e non bastavano per vedere attorno a sé, se non ombre.

Proprio mentre cercava di vedere nell'oscuritá, due sagome si avvicinarono e vennero gettate a terra vicino a lei. Sentí il rumore inconfondibile delle catene che venivano poste al suolo, e solo dopo alcuni secondi i Peftos accesero le torce in loro possesso, rivelando loro stessi e i due prigionieri.

Séla osservó rincuorata Kover e Irden il quale emise il suo solito grugnito furioso mentre lo incatenavano.
Il suo sguardo si posó per qualche istante su quello di Kover, che la guardava seduto a circa due metri da lei senza emettere fiato.
Ridendo i Peftos avvicinarono le torce ai volti dei ragazzi, e per un secondo Séla temette il peggio sentendo il cuore batterle improvvisamente nel petto.
Ma i due Peftos si limitarono a provocare semplicemente una reazione, e sempre ridendo se ne andarono lasciandoli di nuovo soli e nell'oscuritá.

Séla provó ad avvicinarsi, tirando di più le catene. Ignorando il dolore alle ossa.

-"Irden, Kover state bene?"

Irden sospiró pesantemente nel silenzio attorno a lei, e solo il rumore delle catene l'avvisò che si era mosso.

-" sto bene ragazzina. Cosa ti hanno fatto?"

-"nulla. Non mi hanno fatto nulla"

-" cosa volevano da te?"

-" mi hanno fatto leggere le rune. Temono un nemico, ma non sono riuscita a capire di chi si tratta"

-"pazzi maniaci psicopatici con manie di persecuzione, ecco cosa sono"

Irden imprecó sotto voce e Séla ringrazió gli déi di non aver sentito le parole esatte.

-" ti senti bene?"

Le chiese infine Kover che fino ad allora aveva taciuto.
La sua voce profonda le vibró nelle ossa e ringrazió nuovamente, grata che lui stesse bene.

-" si, sto bene"

-" giramenti di testa, ti senti persa, svuotata?"

-" no.. mi hanno riportata a forza qui, ma sto meglio dell'ultima volta"

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