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Il sole cominciò a calare lentamente sul deserto del Soteb, diventando un semplice semicerchio rosso che scompariva dietro le dune. Séla non aveva idea di dove stessero andando né riusciva a capire perché la portassero con loro. I guerrieri, i suoi rapitori, fermarono i cammelli per scendere e piazzare delle tende. La gettarono a terra senza molte premure, e lei si ritrovò faccia a terra nella sabbia. La rete che l'aveva tenuta prigioniera fino a quel momento le venne levata di dosso con uno scossone che le gettò i capelli scompigliati sul viso. Il guerriero controllò rapidamente la rete assicurandosi che non fosse rovinata, la guardò stringendo gli occhi, duri, scuri, nemmeno un'emozione ad attraversarli. I cammelli vennero fatti avvicinare alle tende che venivano montate molto rapidamente. L'aria attorno a sé divenne rapidamente fredda, pungendole la pelle. Presto, il freddo gelido della notte sarebbe calato, avvolgendoli nella loro coperta. Non aveva senso dormire così all'aperto, era rischioso. Séla si guardò attorno per studiare il paesaggio: il nulla assoluto per chilometri. Anche se fosse riuscita a scappare, se non l'avessero uccisa gli animali velenosi quali serpenti e scorpioni lo avrebbe fatto il deserto stesso.

-"non ci pensare nemmeno ragazzina" - le disse uno di loro avvicinandosi per chinarsi successivamente sulle ginocchia davanti a lei -"provaci, e ti taglio la lingua"

Poi si alzò e se ne andò. Molti dei guerrieri iniziarono a coricarsi nelle tende lasciandola lì sola. Si guardò nuovamente attorno. La volevano lasciare lì assieme ai cammelli? Sarebbe morta di sicuro per il freddo del deserto, o almeno avrebbe rischiato di sicuro. Agitata si osservò attorno mentre tutti sembravano sparire dentro le tende. Quello che avevano chiamato Capo si avvicinò a lei gettandole addosso una coperta.

-"fattela bastare, e se domani sarai ancora viva, vedrai cosa ti aspetta"

Lo guardò agitata allontanarsi. Prese la coperta tenendola stretta a sé prima che cambiasse idea. Lo vide entrare nella tenda per uscirne poco dopo con un coltello e una fune. Si avvicinò a lei e Séla spaventata cominciò ad arretrare sulla sabbia, finendo addosso ad uno dei cammelli che si alzò quasi calpestandola per spostarsi da un'altra parte. Gli uomini risero di lei. Il Capo si chinò su di lei prendendole le mani a forza e con la fune gliele legò così strette da farle quasi sanguinare i polsi. Alla fine le legò anche le caviglie.

-"nel caso ti venisse voglia di farti un giro"

E così come era arrivato sparì. Senza aggiungere altro. Séla riprese la coperta tra le mani cercando seppur con difficoltà di tirarsela addosso. Aveva bisogno di più calore, la coperta non sarebbe bastata. Osservò in silenzio due uomini slegare una sacca pesante dai loro cammelli, dalla quale tirarono fuori dei bastoni. Li unirono al centro posando prima i più piccoli per poi adagiarne alcuni sopra quasi a formare anch'essi una tenda. Sempre uno di loro tirò fuori due pietre da una sacca che aveva addosso e accese un fuoco. Séla ringraziò dentro di sé il Dio Mak. Se fosse riuscita ad avvicinarsi anche solo un po', non avrebbe patito il grande freddo che l'attendeva quella notte. Provò a muoversi strisciando col fianco sulla sabbia ed aiutandosi con le mani per sostenere il suo corpo, ma gli uomini si voltarono. Corsero da lei prendendola di forza per le braccia e gettandola lontano. Le tirarono la coperta addosso e si allontanarono.

Séla trattenne le lacrime che sentiva pungerle gli occhi minacciosamente e si strinse in sé stessa; quel fuoco non era ovviamente per lei. Silenziosamente, si avvicinò ad uno dei cammelli che si era appisolato sulla sabbia e si raggomitolò vicino a lui, gettando a malo modo con le mani la coperta su di sé. Rannicchiò le gambe al petto, restando seduta con la schiena all'animale. E provò ad addormentarsi.

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Stava correndo per i corridoi del palazzo, senza una meta precisa. Fuggiva da qualcosa, da qualcuno. Correva quasi a fatica, come se le gambe non volessero andare veloci quanto la sua mente le chiedeva invece di fare. Come se fosse ferma sul posto. Sentiva l'adrenalina nelle vene, il sangue pompare a mille, il rimbombo nelle orecchie. Sapeva che si stava avvicinando, qualunque cosa o persona fosse, doveva scappare. La voleva uccidere. Il velo che portava addosso le scivolò dalle spalle cadendo a terra, rivelando la sua pelle chiara. Lentamente sulle sue braccia fila di fini fili blu cominciarono a brillare, nascondendo il loro argenteo tragitto. No, doveva coprirsi, nessuno doveva vederla così. Ma non poteva voltarsi e raccogliere quel velo, doveva continuare a correre. Davanti a sé vide un portone di bronzo antico completamente spalancato. Un'ombra vi comparve davanti. La vide, e lei sospirò di sollievo. Gli corse incontro. Qualcuno di alto, muscoloso. Si gettò tra le sua braccia, sentendosi avvolgere in un caldo confortante abbraccio. Alzò lo sguardo, ma non riuscì a vedere il volto del suo salvatore.

I FIGLI DEL SOLE Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora