Lotta. Vattelo a riprendere.

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Ho da poco messo piede in casa e già mi sento più libero e spensierato e spero non sia solo la sensazione di un momento.
Franz non ha più ripreso il discorso iniziato a Bologna, forse si è rassegnato o semplicemente esiste anche altro nella vita oltre Ignazio.
È così normale stare seduti in cucina con mia madre e mia sorella sorseggiando una cioccolata calda, forse è anche troppo normale.

M: <<Quindi Piè, vi state preparando per il tour?>>
Annuisco non volendo entrare nei dettagli, ma lei indugia anche giustamente.
MG: <<Vorrei venire con te, sai? È tanto che non vedo i ragazzi, specialmente Ignazio!>> è elettrica, e io inizio a tossire quando pronuncia quel nome, mi va un po' di cioccolata di traverso. Mamma inizia a darmi dei colpetti sulla schiena, finché non mi riprendo.
M: <<Tutto bene, amore?>> io annuisco, ma non va tutto bene, mamma, per niente.
Io: <<Nelle date importanti o vicine ti porto con me.>> dico con un sorriso rivolto a mia sorella.
MG: <<Sì, così rivedo i ragazzi e soprattutto mi faccio qualche risata con Ignazio, no? >>
Non le rispondo, non posso dirle che Ignazio non è più quello che strappa solo a guardarlo una risata.
Sorseggio la mia cioccolata mentre mia madre mi sorride e so che se non la fermo farebbe domande.

Io: <<Pensavo che più tardi potrei andare a casa dei nonni, anche perché vorrei salutarli prima di uscire con Dario.>> dico convinto.
M: <<Come preferisci, tuo nonno non vede l'ora di riabbracciarti.>>
Io: <<Anche io.>>
Passo le dita sul bordo di quella tazza ormai vuota, una tazza con un orsetto blu che mi ricorda solo lui e cerco di scacciare quel pensiero.
MG: <<Ehy Piero, sei stanco? >> dice accarezzandomi un braccio.
Annuisco alzandomi da tavola proprio quando mio padre varca la porta.
Ci guardiamo, occhi negli occhi. I suoi tanto freddi quanto delusi, i miei così tristi, impauriti e stanchi.
Io: <<Ciao papà.>>
P: <<Piero.>> mi dice freddo, e da questo comportamento posso solo immaginare che Franz abbia già parlato con lui, e ne ho la conferma quando vedo mio fratello uscire dallo studio di mio padre ed evitare il mio sguardo.
Io: <<Io vado a sistemare le valigie e magari riposo un po'.>> dico cercando di esser tranquillo.
P: <<Sistemati, poi raggiungimi di là.>> dice freddo.
Annuisco piombando in camera e trovo Franz sul suo letto.
Io: <<Franz... >>
Lui si alza, si avvicina e senza che me lo aspettassi mi lascia un bacio sulla fronte.
F: <<Non sono tanto scemo da dire cosa ti prende in famiglia, te l'ho anche promesso, okay? >> dice per rassicurarmi.
Io: <<E allora cosa sa?>>
F: <<Sa solo che non è un momento facile per te e tutta la colpa è del lavoro, solo del lavoro.>> mi dice aiutandomi a sistemare le mie cose.
Io: <<Quanto mi posso sbilanciare? Quanto sa?>> non sono tranquillo, per niente.
F: <<Sa delle crisi e quello che succede in bagno. Me l'ha chiesto lui, l'ha capito da solo penso, non potevo mentirgli, non in quel caso. Perdonami.>> è pentito, e io non ho le forze di urlargli contro, così gli poggio una mano sulla schiena.
Io: <<Grazie Franz, e scusa, per prima... A Bologna.>>
Esco da quella camera, non voglio neanche sentire le ragioni di mio fratello... Potevo anche ammettere che gli dicesse delle crisi, ma tutto il resto non doveva neanche sospettarlo.

Busso alla sua porta fingendo un sorriso e tanta calma. Mi sto ripromettendo di essere calmo con mio padre e di non dimostrare come sto davvero.
P: <<Dai, entra.>> dice tranquillo, e quel tono quasi mi tranquillizza.
Mi chiudo la porta alle spalle.
Io: <<Cavolo, quanto casino hai qui, peggio di come ricordassi.>> dico tra le mille carte di cui molte riguardano il tour, i progetti con Torpedine e tutto il resto.
P: <<Allora, come vanno le cose?>>
Eh, come vanno...
Devo dirgli una mezza verità o meglio, una verità simile a quella che lui sa.
Io: <<Bene, tanto stress, ma bene.>> inizio con l'essere vago e mi siedo. Guardo le carte, le varie date, è la lista aggiornata. Vedo le nostre foto dell'ultimo photoshooting, e ce n'è una mia e di Ignazio che prendo e giro sottosopra.
P: <<Tuo fratello ha detto che sei stato poco bene a Bologna...>>
Io: <<Sì, ho avuto un po' di nausea.>> dico vago.
Guardo quella foto, lì non fingevo di ridere, entrambi lo facevamo davvero. Ignazio è davvero tenebroso e affascinante in questa foto ed io al suo fianco sono raggiante.
P: <<Piero... Cosa hai avuto? >> dice più serio e io non lo guardo.
Io: <<Ma niente papà, un po' di ansia in più, ma c'erano Franz e i ragazzi. Non c'è da preoccuparsi.>>
E prendo quella foto e la strappo, non so neanche perché lo sto facendo, forse perché quel passato so che non è il presente.
P: <<Piero.>> mi richiama duro, e non so se è per la foto che ho strappato o per il fatto che gli sto mentendo. Non gli rispondo, ma stringo tra le dita quei piccoli pezzi di carta e chiudo gli occhi per non far vedere i miei occhi lucidi.
P: <<Piero, voglio la verità.>>
Io: <<Non farmi l'interrogatorio però... Ho avuto solo una crisi di panico, ero molto nervoso e niente, solo questo.>> ci vado cauto, e lo dico come se fosse normale.
P: <<E' da tanto che non succedeva, no? >>
Io: <<Sì è vero, ma ti ho detto che è un periodo stressante, abbiamo canzoni nuove da fare e lo stress è alle stelle.>>
Tra i brandelli di quella foto vedo il sorriso di Ignazio e getto tutti quei pezzetti di carta a terra pulendomi le mani sulla felpa, come se davvero ci fosse qualcosa da togliere.
P: <<Ma che minchia fai? >> chiede con una punta di rimprovero.
Io: <<Era brutta quella foto.>> dico ridendo, sembrando sicuramente convincente.
Lui annuisce, poi mi fa una delle domande che avrei voluto sentire, a cui non sono pronto.
P: <<E nausee? Di solito te le portava...>> domanda come se fosse la cosa più normale del mondo. Io non gli rispondo, non so cosa dirgli, mi guardo la punta delle mie Nike diventate improvvisamente molto interessanti.
Io: <<Un po'.>> dico molto indifferente anche io.
P: <<C'è altro che devo sapere a riguardo?>> so cosa vuole sentirsi dire, ma non glielo dirò.
Io: <<Il resto non è importante, pà davvero va tutto bene, è solo stress e anche stanchezza.>> sto andando bene, sono convincente e fermo, ma mio padre sa troppo per lasciarmi andar così.
P: <<Piero non dirmi minchiate, non voglio arrivare a strapparti le parole dalla bocca! C'è altro che devi dirmi? >> chiede con forza.
Io: <<No, ti ho detto.>> non posso dirglielo, sarebbe la mia fine, la fine della mia carriera e la fine della mia libertà.
Lui sbatte una mano sul tavolo e io sobbalzo, il rumore rimbomba per tutta la stanza e molti fogli volano via.
P: <<Piero, te lo giuro, o mi dici la verità o chiamo Torpedine. Mi sto innervosendo, tanto, e non so quanto ti convenga farmi innervosire ancora di più.>>
Io sbianco, sento il colore del mio viso scemare via da esso.
Io: <<Ho detto che non ho niente da dirti! Ho avuto una crisi di panico e un po' di nausea, diglielo pure a Michele non ho niente da nascondere...>> nonostante tutto sto reagendo abbastanza bene.
P: <<Mi stai provocando? >> alza la voce.
Mi alzo scoppiando a ridere, o sono impazzito o sto solo continuando questa farsa.
Io: <<E minchia pà, davvero ti stai scaldando troppo.>>
Lui si avvicina minaccioso a me.
P: <<Cosa è successo a casa di Ignazio, in bagno? E poi da Franz? Dimmelo.>> mi grida contro.
E cerco di capire come rimescolare la carte, se posso ancora mescolarle.
Io: <<Ho avuto una maledettissima crisi di panico da Ignazio e ho avuto la nausea. Ho vomitato tutta la cena a causa della crisi di panico. Non è successo niente, maledizione. Sai che mi capitava di stare male durante una crisi.>> gli urlo contro, e in quel momento non ci vedo più.
Io: <<Ho ventidue anni, è la mia vita, decido io cos...>> mi interrompo bruscamente perché non ho più fiato a causa del sonoro schiaffo che mi tira mio padre. Mi porto una mano alla guancia lesa che è calda e pulsa.
P: <<E io ho più del doppio dei tuoi anni, chiaro? Sei mio figlio, e non fai tutto quello che vuoi, soprattutto in questa casa. Se da Ignazio posso anche crederci, a casa di Franz non regge quello che dici... Dimmi che diavolo succede perché, se non lo hai capito lo so già.>>
Rido nervosamente .
Io: <<Poi lo stressato sarei io, eh?! Sai quello che succede... Che paura! -sono freddo e sarcastico- Sentiamo, che cosa succede? >> dico molto convinto, so quanto odia questo atteggiamento.
P: <<Qui le domande le faccio io, chiaro?>>
Io: <<Non è un tribunale,>> gli urlo contro io ora.
P: <<Non urlare con me. Non te l'ho mai permesso e non te lo permetto ora.>> urla più di me, nonostante sappia quanto io odi quando mi urlano contro, mi sento attaccato, messo spalle al muro, senza possibilità alcuna di difendermi, ed è quello che provo adesso.

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