Io non vado mai bene.

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Michele mi guarda, mi fissa con volto impassibile.

M: <<Stai meglio oggi?>> chiede freddo ed io annuisco, lui annuisce a sua volta.

M: <<Meglio così, vediamo di far un concerto come si deve allora, eh.>>

Io: <<Darò il massimo, come sempre.>>

M: <<Io non lo vedo da un po' questo "come sempre". Bada bene a quel che fai, non ho bisogno di persone che non si impegnano e che non sono capaci.>> è duro il suo tono, non lo riconosco quasi e potrei dire che anche Barbara non comprende il suo comportamento.

Io: <<Cosa stai insinuando?>> chiedo a bassa voce provando a rimanere calmo.

M: <<Niente che tu non sappia, voglio che ti impegni di più e canti come sapevi fare.>>

Io: <<Spero di non deluderti...>>

M: <<Ce lo auguriamo tutti, soprattutto io e Barbara.>>

P: <<Michele ancora questa storia...>>

M: <<Non sei chiamato in causa Gaetano.>>

P: <<È mio figlio, qualunque cosa gli accade io sono chiamato in causa.>> dice duro alzando i toni, ed io provo a farlo calmare poggiandogli una mano sul braccio che lui toglie in modo rude scostandola dal polso livido ed io gemo di dolore, Michele mi guarda.

M: <<Non voglio più discutere con te, Gaetà... Sono stato chiaro l'altro giorno.>>

P: <<Appunto: tu fai il manager io faccio il papà e non mi sembra si sia lamentato mai nessuno di Piero dal punto di vista vocale, non è una nota a far un artista.>> dice con uno sguardo stranamente inquietante.

M: <<Tuo figlio fa parte di un gruppo, e se lui sbaglia, se lui stona, se lui crolla il gruppo cala, scende di ascolti.>> io chiudo gli occhi, non ne posso più di sentirne queste cose, mi fanno sentire un fallimento ed inadeguato al gruppo.

Io: <<Sei stato chiaro, tranquillo.>> dico alzandomi e trascinando la sedia.

M: <<Dove vai?>>

Io: <<Devo chiedere il permesso per andare anche in bagno adesso?!>> dico sprezzante allontanandomi e sentendo dei passi dietro di me, ma non mi volto, so chi è o almeno lo spero. Mi poggio al lavandino e chiudo gli occhi, prendo dei respiri profondi per far tornare le lacrime indietro, non posso permettermi di crollare ancora, sento delle braccia avvolgermi il busto e stringermi piano, riconosco quelle braccia, quel profumo, quel tocco delicato, ma capace di farti sentire a casa.

I: <<Non è vero quello che dice Michele, non è vero.>> mi sussurra ad un orecchio, lascio che la mia testa si adagi sulla sua spalla portandola leggermente indietro.

Io: <<Ridimmelo...>> sussurro.

I: <<Non pensare a quello che ti ha detto... Non farlo.>> continua con dolcezza.

Io: <<Ho paura di non farcela per il concerto... >> ammetto, lui sospira e non dice niente.

Io: <<Ignà, e se mi rimandasse a casa strappandomi il contratto?>> chiedo impaurito.

Io: <<Come faccio? Senza te, senza la musica...>> sussurro quasi in lacrime.

I: <<Calmo, calmo, calmo. Non ti manderà mai a casa, non lo farebbe mai. Io poi ti seguirei ovunque, non andresti da nessuna parte senza di me.>> è serio quando lo dice, ed il suo tono è tremendamente dolce.

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